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  • Sabato 13 ottobre 2018

Chi verrà al posto di Juncker

Il nuovo presidente della Commissione Europea si deciderà con un meccanismo complesso e discusso, che si è già messo in moto: una guida per capirci qualcosa

Alle elezioni europee che si terranno a maggio non si rinnoveranno solo i seggi del Parlamento Europeo, ma anche gli incarichi più importanti della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione. È un meccanismo di selezione lungo, tanto che quasi tutti i partiti l’hanno già avviato: in ballo, fra gli altri, ci sono un ex primo ministro finlandese, un commissario europeo che in Italia è noto soprattutto per la squadra di calcio di cui è tifoso, e (forse) un’altra commissaria che appare spesso sui giornali.

Come funziona
Da qualche anno le elezioni europee e la nomina della Commissione sono legate da un meccanismo informale chiamato Spitzenkandidat, che in tedesco significa “capolista”. In sintesi, prima delle elezioni ciascun partito politico europeo che siede nel Parlamento Europeo comunica il suo candidato alla carica di presidente della Commissione (l’incarico che attualmente ricopre Jean-Claude Juncker). Il partito europeo che alle elezioni riceve più voti ottiene il diritto di proporre il suo candidato all’intero Parlamento, a cui spetta la decisione se confermarlo o meno.

Questo meccanismo però è soltanto informale. Secondo i trattati europei il candidato alla presidenza della Commissione dev’essere formalmente proposto dal Consiglio Europeo, cioè l’organo che raduna tutti i capi di stato e di governo dell’Unione: e il Consiglio di recente ha fatto notare che potrebbe non esserci un automatismo fra il candidato indicato dai gruppi parlamentari e quello proposto dal Consiglio. Anche perché, alla fine, serve comunque un voto di conferma del Parlamento europeo: e non è affatto detto che il candidato scelto dal partito di maggioranza relativa sia in grado di ottenere i voti della maggioranza assoluta degli europarlamentari.

Com’è messo il centrodestra
Al momento il Partito Popolare Europeo, di centrodestra, è il partito politico europeo che ha le maggiori possibilità di scegliere il nuovo presidente della Commissione: le proiezioni basate sugli ultimi sondaggi lo stimano a oggi come il gruppo politico che avrà più seggi nel nuovo Parlamento europeo, come nella legislatura in corso. Nelle scorse settimane si sono fatti avanti due nomi di discreto peso: Manfred Weber, tedesco e attuale capogruppo del PPE in Parlamento, e Alexander Stubb, ex primo ministro finlandese e attuale vicepresidente della Banca Europea per gli investimenti.

Weber viene dalla Unione Cristiano Sociale (CSU), lo storico alleato conservatore della CDU della cancelliera tedesca Angela Merkel. Ha 46 anni ed è considerato da tempo fra i politici europei più promettenti e precoci: nel 2003, quando aveva 29 anni, divenne il più giovane parlamentare mai eletto al parlamento della Baviera. È un moderato ma è vicino a tutti i principali leader del centrodestra europeo, fra cui anche il controverso primo ministro ungherese Viktor Orbán (il suo partito, Fidesz, siede nel PPE). A giugno, parlando delle elezioni europee, Weber aveva fatto capire che il PPE avrebbe dovuto puntare sulla lotta all’immigrazione illegale; più o meno quello che ha fatto l’ÖVP, il principale partito di centrodestra austriaco, che a ottobre 2017 aveva vinto le elezioni politiche spostando a destra il partito sull’immigrazione. La campagna dell’attuale primo ministro austriaco Sebastian Kurz «dovrebbe essere di esempio per la nostra», aveva detto Weber.

Secondo Politico e Bloomberg, la candidatura di Weber ha ottenuto un sostegno preliminare della cancelliera tedesca Angela Merkel. Commentando la notizia, un autorevole dirigente del PPE ha spiegato al Post che il sostegno «non è stato debole come hanno scritto i giornali», e aggiunto che Weber ne è rimasto soddisfatto.

Alexander Stubb invece ha 50 anni e un percorso molto diverso: ha studiato Economia al Collegio d’Europa di Bruges e alla London School of Economics – le due scuole “giuste” per entrare nelle istituzioni europee – ed è stato europarlamentare, primo ministro e ministro delle Finanze della Finlandia. Nel 2015 si era ritirato dalla politica dopo una sconfitta elettorale e aveva trovato un importante incarico alla Banca Europea per gli Investimenti, da cui si è sospeso qualche settimana fa in modo da fare campagna elettorale più liberamente.

Stubb si può definire un liberale di centrodestra: nella conferenza stampa di presentazione della sua candidatura, il 2 ottobre durante la plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo, ha parlato della necessità di conservare i valori europei di tolleranza, libertà e rispetto dei diritti umani. Criticando i paesi governati dai populisti – fra cui ha incluso anche l’Italia – ha suggerito di poterli combattere col “pragmatismo”. Stubb si fa notare anche per l’uso piuttosto personale con cui gestisce i suoi account social, dove pubblica spesso foto di pranzi, corse in bici e cose di questo genere.

https://www.instagram.com/p/BocAKkSBI4K/?taken-by=alexstubb

Stubb avrà probabilmente il sostegno dei paesi del Nord Europa, ma non è chiaro quante possibilità possa avere: Weber ha moltissimi legami dentro e fuori dal Parlamento ed è in maggiore sintonia con lo spostamento verso destra del partito, in corso ormai da qualche anno. Se Weber riuscirà ad ottenere un altro appoggio “pesante” come quello dei conservatori francesi, scrive Euractiv, sarà quasi certo di ottenere la candidatura. I delegati del PPE dovranno fare la loro scelta durante il congresso del partito previsto fra il 7 e l’8 novembre a Helsinki, in Finlandia, cioè a “casa” di Stubb.

E il centrosinistra?
Secondo i sondaggi, i Socialisti e Democratici perderanno diversi seggi rispetto alla legislatura in corso – non solo perché dovranno fare a meno dei Laburisti britannici – e non hanno praticamente nessuna possibilità di nominare il prossimo presidente della Commissione. Anche per questo, molti leader del centrosinistra europeo si sono tenuti alla larga dalla corsa e si fa prima a partire da quelli che hanno già detto che non si candideranno: l’Alta rappresentante degli affari esteri Federica Mogherini, l’ex primo ministro austriaco Christian Kern e il commissario europeo per gli affari economici Pierre Moscovici.

Al momento si sono fatti avanti due soli candidati: Maroš Šefčovič, un diplomatico slovacco che siede nella Commissione europea dal 2009, e soprattutto Frans Timmermans, ex ministro degli Esteri olandese e attuale primo vicepresidente della Commissione europea. Entrambi non hanno molto da perdere, visto che sono vicini alla fine della loro carriera di alto livello. Fra i due quello che ha più possibilità è Timmermans, per spessore e riconoscibilità.

Timmermans ha 57 anni, parla sette lingue e ha una lunga carriera politica e diplomatica alle spalle, iniziata nell’esercito olandese e proseguita per molti anni nel parlamento olandese. È una persona stimata e fino a tre anni fa veniva descritto come un «astro nascente» del centrosinistra europeo, ma negli ultimi anni qualcosa è andato storto: Juncker gli ha spesso assegnato compiti difficili e poco popolari, come negoziare il controverso accordo sui migranti con la Turchia, e lui non è mai riuscito a usarli per costruirsi una propria notorietà e dei propri successi (com’è accaduto invece alla commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager, per esempio).

In Italia lo conosciamo soprattutto perché ha raccontato più volte di essere un grande tifoso della Roma: lo è diventato fra il 1972 e il 1976, quando visse a Roma per via del lavoro di suo padre, che faceva l’archivista per l’ambasciata olandese in Italia. Nel 2014, durante un congresso del Partito Socialista Europeo a Roma, si definì «romano e romanista» e ricevette in regalo dalla Roma una maglietta del calciatore Kevin Strootman. Lo scorso aprile, dopo una storica rimonta della Roma sul Barcellona in Champions League, si lasciò andare a un tweet in romanesco.

L’S&D deciderà il proprio candidato ufficiale nel corso di un congresso convocato a Lisbona nei primi giorni di dicembre.

Gli altri: l’ALDE
Il partito che raduna diversi partiti di ispirazione liberale sta criticando con forza il meccanismo dello Spitzenkandidat: Guy Verhofstadt, ex primo ministro belga e capogruppo dell’ALDE al Parlamento, lo ha definito «un sistema in cui è Angela Merkel a decidere chi sarà il prossimo presidente della Commissione europea». In realtà Verhofstadt fino a poco tempo fa sosteneva esplicitamente il meccanismo – tanto che nel 2014 fu lui lo Spitzenkandidat dell’ALDE – e secondo i suoi critici di recente ha cambiato posizione per allinearsi a Emmanuel Macron, che ne ha sempre parlato male, nel tentativo di sedurlo politicamente.

Il partito del presidente francese, En Marche, condivide molte delle battaglie dell’ALDE ma non ha mai aderito formalmente al partito europeo, e anzi Macron sta lavorando attivamente per formare un nuovo partito liberale al Parlamento europeo. Anche Verhofstadt sta lavorando a un nuovo partito – che dovrebbe chiamarsi Generazione Europa – ma secondo una recente indiscrezione di Politico i due dovrebbero fare campagna insieme e dopo le elezioni formare un unico gruppo politico al Parlamento Europeo.

Negli scorsi mesi si è parlato anche di un coinvolgimento di Margrethe Vestager, la politica danese che dal 2014 è la commissaria europea alla Concorrenza. Vestager è una delle politiche europee più rispettate e conosciute, soprattutto per le sue campagne e dichiarazioni contro le grandi aziende americane di tecnologia come Amazon e Google; crede nel libero mercato e nella libera concorrenza ma anche nella necessità di avere una rete sociale che protegga i più poveri. Sono argomenti molto simili a quelli di Macron, che infatti secondo Politico la vuole da tempo a capo della prossima Commissione Europea, ignorando il meccanismo dello Spitzenkandidat.

Ci sono vari motivi per cui probabilmente Vestager non lo diventerà. Su tutti, il fatto che i liberali hanno zero possibilità di diventare il partito europeo più votato, e al momento non sembrano in grado di poter proporre un candidato di compromesso in caso di stallo. Inoltre il governo danese, che è di centrodestra, non sembra intenzionato a sostenere la sua candidatura (ciascun commissario deve ricevere l’approvazione del proprio Stato).

Populisti, verdi e sinistra
Matteo Salvini e Marine Le Pen hanno detto pochi giorni fa che stanno lavorando a «candidati comuni» in vista delle elezioni europee. Qualcuno ci ha visto un principio di accordo per presentare un candidato unico come Spitzenkandidat della cosiddetta destra populista. In realtà sarà difficile anche solo convincere gli altri partiti ad appoggiare un eventuale candidato. I partiti populisti ed euroscettici sono piuttosto litigiosi e sono d’accordo su ben pochi temi, a parte una generica ostilità all’immigrazione e alle istituzioni europee: è il motivo per cui non sono mai riusciti a unirsi in un solo gruppo al Parlamento Europeo.

I Verdi decideranno il loro Spitzenkandidat – con zero possibilità di diventare il presidente della Commissione – durante un congresso che si terrà fra il 23 e il 25 novembre. I candidati sono tre: l’europarlamentare olandese Bas Eickhout, la ginecoloca e senatrice belga Petra de Sutter e l’europarlamentare tedesca Ska Keller, che era già stata candidata dal partito nel 2014.

Sembra che al momento la sinistra radicale, che in Parlamento è rappresentata dal partito Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica, non abbia un piano per trovare un candidato comune. Nel 2014 candidarono come Spitzenkandidat il leader greco Alexis Tsipras, che però non si è mai insediato al Parlamento Europeo. Alle elezioni europee parteciperà anche DIEM25, il partito fondato dall’ex ministro all’Economia greco Yanis Varoufakis, anche se non è ancora chiaro in quale forma.