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  • Giovedì 26 luglio 2018

Steve Bannon si è buttato sull’Europa

Dopo essere stato cacciato da Trump e dal suo giornale, ora dice che fonderà un "movimento" europeo (tra molte perplessità)

(Sean Gallup/Getty Images)
(Sean Gallup/Getty Images)

L’imprenditore e stratega politico Steve Bannon è visto da molti come una delle persone più importanti nel rendere possibile la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, nonché uno dei migliori interpreti ideologici di quella saldatura tra estrema destra, nazionalismo e movimenti anti-establishment che ha guadagnato moltissima forza in Occidente negli ultimi anni. Per questa ragione, ha fatto molto scalpore un’intervista che ha dato la settimana scorsa al Daily Beast in cui annuncia la fondazione un movimento con cui intende unire i partiti nazionalisti e populisti in vista delle elezioni europee del maggio 2019. «Tutti sono d’accordo sul fatto che a maggio succederà qualcosa di importante: sarà il primo vero confronto fra i populisti e il partito di Davos. Sarà un momento di importanza enorme per l’Europa».

Bannon ha 65 anni, ha un passato da investitore e analista finanziario, e dal 2016 a oggi si è fatto notare per aver guidato il comitato di Donald Trump negli ultimi tre mesi di campagna elettorale e per aver lavorato come stratega della Casa Bianca nei primi sei mesi dell’amministrazione. In precedenza era stato il capo di Breitbart News, il più importante sito di news di estrema destra negli Stati Uniti. Dopo essere stato cacciato dalla Casa Bianca, dove era stato stratega di Trump, e anche da Breitbart News, Bannon si è interessato all’Europa. A marzo ha parlato all’assemblea del Rassemblement National, il principale partito di estrema destra francese prima conosciuto come Front National. Da tempo viene descritto come vicino a Nigel Farage, l’ex capo dell’UKIP, il partito che promosse Brexit con più forza. Poco dopo le elezioni politiche italiane ha incontrato per tre ore Matteo Salvini, capo della Lega e oggi ministro dell’Interno. La scorsa settimana, a Londra, Bannon ha anche parlato con vari esponenti di partiti nazionalisti belgi e svedesi.

Stando alle prime informazioni, Bannon intende fondare un “movimento” che dia una mano ai partiti di profilo nazionalista, sovranista e populista. Avrà la sede a Bruxelles, ci lavoreranno una decina di persone e, secondo la sintesi di Vice News, «fornirà sondaggi, slogan, ricerche e analisi sui dati». Il suo obiettivo a medio termine, racconta il Daily Beast, è di formare un “supergruppo” dei partiti politici populisti al Parlamento Europeo, che metta insieme circa un terzo degli eurodeputati e riesca a condizionare le politiche europee per tutta la legislatura.

Nonostante l’ampio spazio dato dai giornali europei all’iniziativa di Bannon – e detto che i partiti di estrema destra sono in gran crescita ovunque in Europa, da prima che arrivasse lui – ci sono vari motivi per credere che difficilmente la sua iniziativa possa avere un impatto così decisivo sulle prossime elezioni europee. La prima controindicazione è che unire in una causa comune un gruppo di partiti nazionalisti è una specie di paradosso: i temi che li dividono sono molti di più di quelli che li uniscono, che si fermano a una generica opposizione all’immigrazione e alle istituzioni tradizionali. Al momento, per esempio, in Parlamento Europeo ci sono tre gruppi parlamentari euroscettici: Conservatori e Riformisti Europei (ECR), che comprendono soprattutto i conservatori britannici e vari partiti di destra dell’est Europa; Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD), il gruppo formato dall’UKIP e dal Movimento 5 Stell; Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF), di cui fanno parte soprattutto il Rassemblement National e la Lega. In passato ci sono stati vari tentativi di unire le forze, nessuno andato in porto.

Il movimento di Bannon, poi, non sembra avere basi solidissime: Gerolf Annemans, presidente dell’ENF, ha spiegato che al momento il progetto sembra «poco organizzato» e sembra più un modo per dare lavoro ad alcuni amici europei di Bannon come Laure Ferrari, una collaboratrice francese di Nigel Farage (in effetti, Ferrari compare fra i fondatori del movimento europeo di Bannon). Cas Mudde, un rispettato analista che studia l’estrema destra europea, fa notare che probabilmente il movimento fa parte del tentativo di Bannon di riciclarsi dopo una serie di disavventure lavorative: «Bannon è stato cacciato da Trump, ha perso l’enorme appoggio finanziario della famiglia Mercer, e non controlla più Breitbart», ha spiegato a Vice News, aggiungendo che oggi considera Bannon «una figura di secondo piano negli Stati Uniti e sostanzialmente irrilevante in Europa».

Gli stessi partiti a cui è interessato Bannon, fra l’altro, stanno già provando a trovare una direzione comune, forse meno ambiziosa di quella di Bannon, e non sono interessati a interferenze. A maggio il capo del Rassemblement National Marine Le Pen ha organizzato a Nizza un’assemblea di politici di estrema destra a cui ha partecipato anche Geert Wilders, il più noto politico “populista” nei Paesi Bassi. Un eurodeputato della Lega che ha voluto rimanere anonimo ha confidato a Politico che il suo partito sta provando a costruire «un suo progetto politico, con le sue alleanze» insieme al Rassemblement National e altri partiti di destra radicale, come i tedeschi di Alternative für Deutschland, gli austriaci dell’FPÖ e i Democratici Svedesi: «Se Bannon vuole darci una mano va benissimo, abbiamo bisogno di tutto il supporto possibile. Ma non avrà un ruolo nella nuova struttura».