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  • Sabato 13 ottobre 2018

Il Giappone sta cambiando idea sull’immigrazione?

In uno dei paesi sviluppati storicamente più ostili verso i migranti, il governo ha proposto una legge per permettere ad alcuni lavoratori stranieri di fermarsi a vita

Lavoratori agricoli trasportano ceste di piante di wasabi ad Azumino, in Giappone (Carl Court/Getty Images)
Lavoratori agricoli trasportano ceste di piante di wasabi ad Azumino, in Giappone (Carl Court/Getty Images)

Venerdì il governo giapponese ha presentato un nuovo piano riguardante i lavoratori stranieri che potrebbe cambiare in parte la politica adottata finora dal Giappone sull’immigrazione. Il piano era stato anticipato da un annuncio fatto a inizio anno dal primo ministro giapponese Shinzo Abe, di cui però si sapeva pochissimo.

La proposta di legge prevede un sistema a due strade: uno per i lavoratori stranieri meno qualificati, che potranno fermarsi in Giappone per cinque anni, e l’altra per quelli che dimostrano di avere abilità tecniche in certe professioni: i membri della seconda categoria potranno trasferirsi nel paese a tempo indefinito, insieme a tutta la famiglia. La presentazione del piano ha attirato diverse attenzioni, soprattutto perché per molto tempo il Giappone è stato uno dei paesi del mondo industrializzato più inospitali per i migranti e i lavoratori stranieri: soltanto il due per cento delle persone che vivono in Giappone è nato in un altro paese.

Nei piani del governo, la legge dovrebbe essere approvata in Parlamento nel corso del 2018 ed entrare in vigore l’1 aprile del 2019. L’obiettivo della legge è quello di rispondere alla scarsità di forza lavoro in alcuni particolari settori industriali, come l’edilizia e l’agricoltura, dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione giapponese. In tutto dovrebbero essere coinvolti circa 500mila lavoratori stranieri nei prossimi sette anni.

La resistenza del Giappone ai migranti, ha scritto il Wall Street Journal, deriva in parte dall’idea che accogliere lavoratori stranieri possa indebolire l’identità culturale della nazione, dove la maggior parte delle persone appartiene allo stesso gruppo etnico. La progressiva mancanza di forza lavoro e la difficoltà di molte imprese a trovare nuovi lavoratori con abilità particolari, però, hanno spinto il governo a rivedere le sue politiche, almeno in parte.

L’immigrazione rimane un tema molto sentito in Giappone, come dimostra il tentativo del governo di Shinzo Abe di ridimensionare la proposta di legge. Yoshihide Suga, capo segretario di gabinetto di Abe, ha detto che «non è cambiato assolutamente niente» e ha aggiunto che i lavoratori con abilità particolari dovranno essere considerati come i cosiddetti “colletti bianchi” a cui è già permesso stare in Giappone a tempo indefinito, quando sono richieste le loro competenze.