Dyson fa sul serio con le auto elettriche

Il famoso progettista di aspirapolvere ha acquistato parte di un campo d'aviazione in Inghilterra per costruire un tracciato, dove sperimenterà i nuovi veicoli

James Dyson, proprietario e CEO di Dyson (Jason Kempin/Getty Images for Dyson)
James Dyson, proprietario e CEO di Dyson (Jason Kempin/Getty Images for Dyson)

A Hullavington, una piccola città nel Wiltshire nel centro-sud dell’Inghilterra, c’è un grande campo d’aviazione: ai tempi della Seconda guerra mondiale fu utilizzato come area di addestramento per piloti e come base per circa mille aerei della Royal Air Force. Parte delle sue strutture, compresi due enormi hangar, è stata acquistata di recente da Dyson non per costruire nuovi avveniristici aspirapolvere e asciugacapelli, ma un’avveniristica automobile elettrica.

Sir James Dyson, fondatore e proprietario dell’azienda, ha infatti deciso che il prossimo prodotto che metterà in vendita sarà un’auto elettrica diversa da tutte le altre finora in circolazione. Il piano – che prevede investimenti per oltre 2,5 miliardi di sterline (2,78 miliardi di euro) in diversi ambiti di ricerca – potrebbe portare la sua società verso un nuovo successo mondiale, o affossarla per sempre a causa delle grandi spese e della complessità di un mercato come quello dell’automobile. A 71 anni, Dyson non sembra essere preoccupato più di tanto da questa eventualità, convinto che in pochi anni con i suoi ingegneri possa realizzare da zero l’auto elettrica che tutti vorrebbero comprare, come fu in passato per i suoi aspirapolvere.

Il campo d’aviazione di Hullavington, Wiltshire, Inghilterra, Regno Unito (Google Maps)

Questa settimana Dyson ha annunciato un progetto per la costruzione di un circuito di prova, sempre nelle strutture dell’ex campo d’aviazione nel Wiltshire, e che dovrebbe avere una lunghezza complessiva intorno ai 15 chilometri. Il tracciato sarà collegato ai due grandi hangar che l’azienda ha già ristrutturato, per dare nuovi spazi agli ingegneri e ai ricercatori al lavoro sulla nuova automobile elettrica. Nel complesso, Dyson confida di investire circa 200 milioni di sterline (222 milioni di euro) nella riqualificazione di parte del campo d’aviazione. Nelle strutture già sistemate lavorano circa 400 persone, alle quali se ne aggiungeranno diverse altre centinaia, che avranno a disposizione 15mila metri quadrati in cui costruire e sperimentare i vari prototipi.

Dyson aveva annunciato l’intenzione di costruire un’automobile elettrica a fine settembre del 2017, ma senza fornire altri dettagli. A distanza di un anno, le cose non sono cambiate molto: caratteristiche e prezzo del nuovo veicolo continuano a essere un mistero. In un’intervista all’edizione britannica della rivista GQ, James Dyson ha detto che: “Ciò che stiamo facendo è piuttosto radicale”. Ha poi confermato che il primo modello di automobile elettrica sarà pronto per essere messo in vendita entro il 2021. La scadenza annunciata da Dyson fa ipotizzare che i lavori di sviluppo siano già in una fase avanzata, anche se al momento non è stato presentato alcun prototipo e sembra che la stessa azienda non ne abbia ancora realizzato nemmeno uno per uso interno e completamente funzionante.

Le modalità di sviluppo del nuovo veicolo non sono comunque sorprendenti: ricalcano molto quelle utilizzate in passato per gli elettrodomestici dell’azienda. Come Apple, anche Dyson porta avanti i suoi progetti senza fornire anticipazioni, sperimentando in parallelo più modelli prima di arrivare a una versione definitiva. La società lavora a circa 200 progetti, alcuni dei quali connessi tra loro, in un edificio dedicato alla ricerca e sviluppo dove si entra solo utilizzando uno scanner per le impronte digitali. Il lavoro è svolto quasi esclusivamente da ingegneri vincolati da obblighi di riservatezza nei loro contratti. Dyson spende in media 8 milioni di sterline (quasi 9 milioni di euro) ogni settimana per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti. La maggior parte degli ingeneri lavora nel Regno Unito e l’azienda impiega a livello globale 11.750 dipendenti.

James Dyson (Getty Images)

Molti descrivono James Dyson come un maniaco del controllo ossessionato dalla precisione. Convinto che si potesse costruire un aspirapolvere migliore di quelli in commercio – che perdevano potenza di aspirazione man mano che si riempiva di polvere il loro sacchetto – Dyson realizzò nel garage di casa sua 5.127 diversi prototipi prima di arrivare a un risultato che ritenesse ottimale. Erano i primi anni Ottanta e nessuno sembrava essere interessato alla sua invenzione: il suo aspirapolvere non era commercialmente interessante, perché avrebbe privato i produttori dei ricavi derivanti dalla vendita dei sacchetti. Dyson non si arrese e infine decise di produrre in proprio il suo aspirapolvere, fondando l’azienda che porta il suo nome nel 1991.

In 27 anni di attività, Dyson è cresciuta enormemente diventando una delle aziende più ricche e innovative del Regno Unito, con un valore stimato intorno ai 9,5 miliardi di sterline (10,6 miliardi di euro). La società non è quotata in borsa e la sua proprietà è in mano a James Dyson, che non sembra essere molto preoccupato dall’entità degli investimenti che richiederà lo sviluppo e la messa in produzione di un’automobile elettrica: “Poiché non ho venduto nessuna azione, il mio patrimonio è legato alla società e in un certo senso mi piace vivere sul filo del rasoio. Fa sì che ci sia sempre adrenalina in circolazione. È una cosa un po’ strana da fare, credo. Non è certo da tutti, ma l’adrenalina che comporta prendersi un grande rischio, vivere sul filo del rasoio, aiuta a stare sempre in campana”.

L’interesse per le automobili elettriche da parte di James Dyson risale a molti anni fa, quando ancora si parlava poco e con meno concretezze della possibilità di utilizzare motori elettrici al posto di quelli a benzina e diesel. Negli anni subito dopo la costruzione del suo primo aspirapolvere, Dyson iniziò a chiedersi quali alternative si potessero trovare ai diesel, i cui gas di scarico producono grandi quantità di polveri. Per gli standard dell’epoca il diesel era però considerato “pulito” e Dyson lasciò perdere, concentrandosi sullo sviluppo di nuovi prodotti per la casa: aspirapolvere senza fili, ventilatori senza pale, asciugamani ad aria più efficienti e purificatori per ambienti in grado di eliminare il 99,97 per cento degli allergeni e delle polveri inquinanti.

Il ventilatore Dyson senza pale esterne

Tutti prodotti che nel loro settore sono stati un successo, anche se molto più costosi di quelli della concorrenza. James Dyson vorrebbe ripetersi anche nelle automobili, producendo veicoli elettrici molto curati e tecnologicamente avanzati, che probabilmente si potranno permettere in pochi. L’auto elettrica di Dyson sarà costosa e di fascia alta, non paragonabile con i modelli economici che alcune case automobilistiche hanno iniziato a produrre, come per esempio Nissan. Un’auto Dyson potrebbe avere un prezzo vicino alle Tesla di maggior pregio, che arrivano a costare più di 100mila dollari. Per ora James Dyson non sembra essere interessato al mercato di massa, forse anche alla luce delle gigantesche difficoltà che sta incontrando la sua potenziale principale concorrente.

Da mesi infatti vengono pubblicati articoli e analisi molto pessimistici su Tesla, impegnata nella produzione della Model 3, la sua prima automobile pensata per il mercato di massa. Il CEO dell’azienda, Elon Musk, ha confidato di essere sotto fortissime pressioni tra ritardi di produzione, scadenze disattese, speculazioni in borsa e un crescente pessimismo da parte degli investitori sulle capacità di Tesla di produrre profitti e arginare le perdite dell’ultimo anno. Produrre su larga scala un’automobile richiede molte risorse, grandi investimenti e reti di fornitori e distributori ben organizzate: non è un caso se le aziende automobilistiche per il mercato di massa sono così poche in tutto il mondo.

Elon Musk alla presentazione della Model 3, nel luglio del 2017. (Andrej Sokolow/picture-alliance/dpa/AP Images)

Non è chiaro come Dyson possa organizzare in così poco tempo (un paio di anni) un sistema in grado di sostenersi per produrre automobili, seppure su una scala molto più piccola di quella di Tesla. La società britannica potrebbe però avere un vantaggio tecnologico rispetto alla concorrenza: batterie più affidabili.

Nel 2015 James Dyson ha acquisito Sakti3, un’azienda del Michigan (Stati Uniti) specializzata nello sviluppo di batterie allo stato solido, tecnologia più sicura e affidabile delle batterie agli ioni di litio comunemente utilizzate negli smartphone e in decine di altri prodotti. Dyson non ha fornito molte informazioni sull’andamento delle sue ricerche nel settore dopo l’acquisizione di Sakti3, ma molti ipotizzano che abbia usato i brevetti dell’azienda per sviluppare proprie soluzioni, con una migliore resa.

A GQ, Dyson ha ammesso di avere una soluzione alternativa per le batterie, che comporterebbe un importante vantaggio sulla concorrenza, ma mantiene comunque molte cautele: “Non si sa mai con questo genere di cose. Qualche problema può sempre saltar fuori improvvisamente. È una cosa complessa da sviluppare e ancora di più da costruire”. Dyson vorrebbe inoltre che tutti i componenti della sua automobile elettrica fossero costruiti internamente, in modo da ridurre al minimo la dipendenza dai fornitori esterni, che aggiungono molte variabili e possono condizionare l’andamento e la qualità della produzione, come dimostrato dal caso di Tesla. Anche se ne ha meno rispetto a un’auto tradizionale, un veicolo elettrico è comunque costituto da una miriade di parti e non è chiaro come Dyson potrebbe provvedere autonomamente alla costruzione di ogni singolo componente.

Ma i piani di Dyson non si fermano al suolo: batterie più affidabili e veloci da caricare potrebbero rivelarsi la soluzione per costruire aeroplani con motori elettrici, riducendo la dipendenza del settore dei trasporti aerei dai combustibili fossili, la sua principale voce di spesa. Prima di arrivare tra le nuvole, Dyson dovrà però dimostrare di essere in grado di costruire la sua automobile elettrica, restando coi piedi a terra.