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  • Giovedì 23 agosto 2018

Il rugby con le magliette rosa dello Stade Français

Quando una squadra di Parigi stravolse l'immagine del rugby portando fulmini, fiori e passerelle in un mondo "di campanili e trattorie"

di Pietro Cabrio

I giocatori dello Stade Francais festeggiano lungo gli Champs Elysees la vittoria del campionato francese del 2007 (JEAN AYISSI/AFP/Getty Images)
I giocatori dello Stade Francais festeggiano lungo gli Champs Elysees la vittoria del campionato francese del 2007 (JEAN AYISSI/AFP/Getty Images)

Il rugby, con il suo regolamento ampio e complesso, spesso soggetto a modifiche, può essere considerato uno degli sport professionistici più innovativi. Alcune pratiche non ancora “digerite” da sport più popolari, come ad esempio la prova televisiva, nel rugby sono invece abitudini già da tempo. Fino a qualche anno fa, però, non si poteva dire lo stesso della cultura rugbistica e dei suoi ambienti, fortemente influenzati dalle caratteristiche che lo rendono uno sport rude e di contatto.

In questo contesto, negli anni Novanta un imprenditore francese di origini italiane, appassionato di rugby ma non così tanto da averlo frequentato troppo, stravolse completamente il mondo dello sport francese in una città, Parigi, storicamente legata a storie di questo tipo.

(Getty Images)

Nonostante il rugby sia più popolare nel sud della Francia, lo Stade Français è uno dei club più antichi del paese. Fu fondato nel 1883 da studenti universitari nel quartiere latino di Parigi come associazione sportiva. Nei suoi primi vent’anni di attività lo Stade Français vinse otto campionati ed ebbe come principale contendente un’altra squadra parigina, il Racing Club. Nei primi del Novecento, tuttavia, l’affermazione dei club meridionali e la diffusione del calcio in Europa portò in secondo piano il rugby della capitale. Lo Stade Français accusò i cambiamenti e dopo il titolo vinto nel 1908 non fu più in grado di ripetersi. Nel 1927 ritornò a giocare una finale per il titolo, ma la perse: un lento declino relegò il club nelle serie minori per più di cinquant’anni.

Max Guazzini entrò nel mondo del rugby francese a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta. Era il fondatore e l’amministratore delegato di Nouvelle Radio Jeune, stazione radiofonica che a partire dagli anni Ottanta aveva anticipato i tempi trasmettendo tanti diversi generi musicali accompagnati da programmi di approfondimento e varietà. In quegli anni Guazzini fu una delle persone che contribuirono di più alla liberalizzazione delle radio francesi e alla conseguente legalizzazione del mercato pubblicitario radiofonico.

Nel corso degli anni NRJ divenne una delle emittenti private più ascoltate in Francia e il successo della radio portò alla ribalta la figura di Guazzini. Nato da una famiglia di origini toscane e cresciuto nel sud della Francia, aveva studiato in istituti cattolici e si era laureato in legge. La passione per il mondo dell’intrattenimento lo aveva convinto a tentare una carriera da cantante, sostenuto dal manager Bruno Gigliotti, fratello della cantante italo francese Dalida, ma non ebbe successo; sfruttò quindi la sua laurea in legge e divenne il suo addetto stampa. Fra le altre cose che fece, fu consulente legale di un sindaco di Parigi, il socialista Bertrand Delanoe, che lo introdusse nel mondo dell’imprenditoria.

Guazzini si appassionò al rugby seguendo principalmente il Cinque Nazioni – il vecchio Sei Nazioni – e poi come spettatore alle partite dei club parigini. Nei primi anni Novanta si avvicinò allo Stade Français, che si trovava in piena decadenza e aveva addirittura trasferito la propria sede in periferia. Guazzini entrò in contatto con la dirigenza, che nel 1992 gli propose un ruolo come direttore della comunicazione. Nel giro di un solo anno divenne però proprietario di maggioranza e presidente. Mosso da grandi ambizioni, fece partire subito la rifondazione della squadra, ricostruendone prima di tutto l’immagine.

(Franck Faugere/DPPI)

Riportò innanzitutto la sede della squadra a Parigi. Ci riuscì con il sostegno di Claude Chirac, figlia dell’allora presidente francese Jacques, che lo mise in contatto con un’altra squadra della capitale, il CASG. La fusione avvenne nel periodo in cui il rugby europeo passò al professionismo, aprendosi agli investimenti dei privati. Guazzini fu uno dei primi in Europa ad approfittarne, creando in pochi mesi una squadra che non si era mai vista.

Stade Français e CASG si unirono stabilendo la sede al Jean Bouin, impianto a due passi dal Parco dei Principi, lo stadio del Paris Saint-Germain. La squadra nel frattempo si diede una sistemata e dalla terza divisione passò in seconda. Nel 1995 venne assunto come allenatore un giovane ex rugbista, Bernard Laporte, ritiratosi due anni dopo aver vinto il campionato con il Bordeaux. L’ingaggio di Laporte fu un successo oltre ogni immaginazione. In due stagioni portò la squadra in prima divisione rivelandosi un manager pieno di idee e intuizioni vincenti. Non a caso divenne in seguito una delle figure principali del rugby francese, di cui ora è presidente federale dopo essere stato allenatore della nazionale e ministro dello Sport.

Per il ritorno in prima divisione, Laporte e Guazzini crearono una squadra che passò alla storia come quella “dei mercenari”, un soprannome che rappresentò i cambiamenti portati nel rugby dal professionismo. Nell’estate del 1997 la rosa venne completamente rivoluzionata con alcuni dei più promettenti giocatori in circolazione, attratti dall’ampio budget messo a disposizione. Fra i giocatori acquistati in quei mesi ci furono Christophe Dominici, Marc Lievremont e Christophe Juillet, considerati fra i migliori giocatori nella storia del rugby francese. Arrivò anche Diego Dominguez, leggenda del rugby italiano, ingaggiato dall’altro Milan di Silvio Berlusconi, con cui aveva dominato in Italia negli anni precedenti. Con la “squadra di mercenari” lo Stade Français sorprese tutti: vinse il primo titolo nazionale dopo novant’anni e arrivò in semifinale di Heineken Cup, la Champions League del rugby.

(Getty Images)

Il passaggio al professionismo azzerò di fatto il divario fra le squadre più forti e permise a Guazzini di portare lo Stade Français fra le migliori d’Europa in poco tempo. Dopo il titolo vinto nel 1998 la squadra si affermò ad alti livelli, riuscendo a vincere anche una coppa nel 1999, anno in cui Laporte venne chiamato ad allenare la nazionale. A lui si susseguirono quattro diversi allenatori – tra cui Georges Coste, l’uomo che portò l’Italia nel Sei Nazioni – che continuarono le vittorie in campionato. Nel 2004, con lo Stade Français ormai divenuto un club famoso e rispettato, Guazzini iniziò a fare ciò per cui aveva comprato il club. Dopo esserne diventato proprietario, infatti, si era dichiarato principalmente motivato dalle potenzialità del brand. Lasciò quindi tutti i suoi incarichi per dedicarsi al nuovo progetto.

(Jean Marie Hervio/DPPI)

Nei suoi primi anni da proprietario Guazzini aveva già avvicinato la squadra alle sue idee di marketing, riesumando per esempio un vecchio simbolo della società: i tre fulmini simmetrici, che ripropose sulle maglie blu e rosse, i colori di Parigi. Nel 2000 lanciò il calendario Dieux du Stade, con i giocatori ritratti nudi o seminudi in pose erotiche. Fece il calendario per festeggiare la vittoria del titolo nazionale, ma il prodotto fu di tale successo che arrivò anche in Italia: «Fu criticatissimo ovunque. Ma rivoluzionava l’immagine tradizionale del giocatore di rugby. Per me le critiche valsero come conferme: avevo fatto centro. Andammo subito in ristampa e il calendario divenne annuale. Nel 2007 venne tirato in 200mila copie». Ai calendari seguirono gli eventi organizzati prima delle partite, tra cui sfilate di ballerine, concerti e paracadutisti che planavano in campo per dare inizio alle partite.

Nel 2005 mise mano nuovamente all’immagine del club, questa volta però stravolgendo tutto. Il rosso venne sostituito dal rosa, nuovo colore principale. Le maglie della stagione 2005/06, prodotte da Adidas con un design originale e appariscente, ebbero un successo commerciale senza precedenti: ne vennero vendute 20mila in tutta la Francia, quando fino ad allora la vendita delle maglie da rugby avveniva principalmente su scala locale. Lo stravolgimento dell’immagine della società si rivelò un grande successo. Da lì in poi la società ripropose di anno in anno dei nuovi design originali: allo stilista giapponese Kenzo Takada vennero commissionate delle illustrazioni floreali, a cui poi seguirono illustrazioni 3D e il frequente uso dei gigli, simboli di Parigi ma anche di Firenze, città da cui proveniva la famiglia di Guazzini.

(Getty Images)

Guazzini commentò i suoi progetti dicendo: «Una volta il rugby era campanili e trattorie, adesso anche calendari e passerelle. Quello che volevo dimostrare era il potenziale, l’altissimo potenziale del rugby. Tant’è che il rugby dei campanili e delle trattorie esiste ancora. Con le nostre operazioni, dai calendari alle maglie, ci siamo voluti rivolgere solo ai giovani e alle donne. L’altro, comunque, c’è e rimane».

I successi e le maglie — probabilmente le più riconoscibili nel rugby insieme a quelle nere degli All Blacks — e al fatto che si trattava pur sempre di un club parigino, portarono sponsorizzazioni che nessun’altra squadra francese aveva mai visto prima: Orange, Volvo, Universal, Nestlé, Moet & Chandon, Suez e Disney. Il fermento attorno al club fece aumentare anche le presenze dei tifosi per le partite al Jean Bouin, le cui dimensioni ridotte spinsero più volte la società a chiedere i permessi per giocare al Parco dei Principi o addirittura allo Stade de France.

(Jean Marie Hervio/DPPI)

La storia dello Stade Français ha ispirato altri significativi investimenti nel rugby francese, a partire dai “galacticos” del Tolone, la squadra dell’eccentrico imprenditore Mourad Boudjellal. Anche grazie a questi investimenti, il campionato francese è una delle mete preferite dei giocatori dell’emisfero sud, fra i più pagati la mondo. Guazzini tuttavia non è più alla guida dello Stade Français. Nel 2011 una delle sue società entrò in grosse difficoltà economiche e questo lo spinse a vendere la maggioranza del club a un altro imprenditore francese, Thomas Savare.

Negli ultimi anni la squadra ha faticato a mantenere un andamento regolare, pur vincendo alcune coppe, peraltro sempre capitanata dall’italiano Sergio Parisse. Dopo il fallimento della fusione con il Racing Club, ora la squadra ha un nuovo proprietario, il magnate tedesco Hans-Peter Wild, che ha dato inizio a un nuovo ambizioso progetto — sulle orme di quello pensato anni prima da Guazzini — a cui ha dato il nome di “Ambition 2023”.

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