Oggi c’è stato un affollato dibattito sul futuro dell’Ilva

Il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha incontrato 62 delegazioni diverse a parlare dell'acciaieria di Taranto: il sindaco della città ha detto che è una "sceneggiata" e si è rifiutato di partecipare

(AP Photo/Paola Barisani)
(AP Photo/Paola Barisani)

Oggi, al ministero dello Sviluppo economico, si è svolta quella che probabilmente è stata la riunione più affollata da quando il ministero fu istituito nel 2006. L’incontro riguarda il futuro dell’acciaieria Ilva, acquistata oltre un anno fa dalla multinazionale indiana ArcelorMittal. Inizialmente avrebbe dovuto essere un incontro come altri, in cui la società presenta ai sindacati e ai rappresentanti degli enti locali i suoi progetti per la riqualificazione degli impianti e per i suoi dipendenti. Sabato sera, però, dopo le 21, il ministro Di Maio ha improvvisamente diffuso una nuova lista di invitati. Il documento è lungo sette pagine e convoca al tavolo 62 delegazioni diverse.

È una novità rilevante rispetto al passato, quando gli incontri di questo tipo si tenevano tra una decina di persone che rappresentavano le principali parti in causa. Il cambiamento non è piaciuto ai sindaci della provincia di Taranto, che hanno deciso di non partecipare all’incontro. Il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, eletto l’anno scorso con il PD, ha definito l’incontro una “sceneggiata” e ha detto che «non si presterà a questo dilettantismo spaccone che il ministro Di Maio ci spaccerà sicuramente per trasparenza e democrazia, ma che in realtà è solo una sceneggiatura ben congegnata per coprire il vuoto di proposte e di coraggio». Anche i sindacati, dalla Fiom alla Fim-Cisl, le sigle che rappresentano l’85 per cento dei lavoratori dell’azienda, hanno detto di essere molto scettici sull’iniziativa del ministro.

Di Maio ha risposto definendo gli incontri, che si tenevano in precedenza tra sindacati e rappresentanti degli enti locali eletti dai cittadini dei “club privati”, e ha spiegato la sua scelta dicendo che il suo metodo prevede di «ascoltare tutti» e ha in parte addossato la responsabilità all’azienda, dicendo che «ArcelorMittal ha chiesto di voler spiegare il piano a tutti gli stakeholder». La società, però, ha fatto sapere che pur essendo disposta a parlare con tutti, non ha fatto richiesta per allargare la platea dell’incontro di oggi e di non essere stata avvertita in precedenza.

L’elenco degli invitati da Di Maio comprendeva: i sindaci di tutti i comuni e i governatori delle tre regioni, Puglia, Liguria e Piemonte, sul cui territorio si trovano gli stabilimenti Ilva, le associazioni degli imprenditori, il presidente dell’autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, la prefettura di Taranto, tutte le sigle sindacali, il sindacato dei manager Federmanager, l’associazione per la tutela dei consumatori CODACONS, l’associazione dei commercianti di prodotti ferrosi Assofermet, la società che si occupa della riqualificazione degli ex-stabilimenti Ilva in Liguria e infine associazioni ambientaliste, comitati civici e di quartiere e altre micro associazioni locali che negli anni si sono occupate della vicenda.

L’incontro si è risolto in una comunicazione da parte dell’azienda del suo piano, le cui slide sono state caricate sul sito del ministero. I rappresentanti di sindacati ed enti locali immaginavano che l’azienda avrebbe presentato il suo piano ambientale e occupazionale e che poi avrebbero avuto il tempo di fare domande e chiedere chiarimenti. Ma con circa un centinaio di persone presenti non è stato possibile organizzare un vero dibattito. In molti sospettano che il vero obiettivo di Di Maio fosse quello di evitare una discussione. «Convocare 62 associazioni senza nessun criterio di rappresentatività non è sinonimo di coinvolgimento e di apertura», ha detto ad esempio Marco Bentivogli, segretario del sindacato dei lavoratori metalmeccanici della CISL: «Mettere insieme cariche elettive istituzionali e persone elette dai cittadini e dall’85% dei lavoratori insieme ad altri serve solo a fare in modo che nelle due ore che ci concede parlerà solo lui e l’azienda».

L’Ilva è la più grande acciaieria di Europa e si estende per il doppio della superficie dell’intera città di Taranto. Nel 2012 è stata sequestrata dalla magistratura a causa delle gravi violazioni ambientali commesse. Ne è seguito un lungo procedimento che ha coinvolto svariati ministeri e tribunali, oltre a dividere la popolazione di Taranto tra chi voleva la chiusura della fabbrica per ragioni ambientali e da chi invece vuole tenerla aperta per mantenere in città i posti di lavoro.

Dal 2015 la famiglia Riva ha perso il controllo della società che è finita in mani pubbliche. A sua volta, il governo ha messo la società all’asta e il bando è stato vinto da ArcelorMittal, che come parte del pacchetto di acquisto ha presentato un piano di bonifica ambientale e un piano industriale, che prevede alcune migliaia di esuberi. Di Maio ha fatto sapere che non ha apprezzato il piano, approvato dal precedente governo, e ha chiesto alla società nuovi impegni, quelli che dovrebbero essere presentati alla riunione di oggi. Di Maio ha anche detto che la gara potrebbe non essere stata organizzata regolarmente a causa di errori commessi dai suoi predecessori e che quindi potrebbe essere annullata (il che, se fosse vero, permetterebbe alla società di rivalersi sul governo italiano per le perdite subite nell’operazione).

Il Movimento 5 Stelle è in particolare difficoltà nel gestire la questione Ilva poiché in passato il suo fondatore e “garante” Beppe Grillo si è schierato apertamente per la chiusura totale dell’impianto, ritenuto da lui superato e inquinante. Una parte significativa degli attivisti del Movimento 5 Stelle è inoltre costituita da ambientalisti che hanno posizioni non troppo differenti. Chiudere l’Ilva, però, è politicamente molto costoso. La società ha al momento circa 14 mila dipendenti e i suoi prodotti sono molto importanti per numerose aziende che usano l’acciaio per produrre macchinari e altri prodotti destinati all’esportazione.