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  • Giovedì 29 marzo 2018

In Etiopia qualcosa sta cambiando

Ci sarà presto un nuovo primo ministro diverso da tutti quelli che l'hanno preceduto: si chiama Abiy Ahmed, ha 42 anni e fa parte della minoranza più marginalizzata del paese

Abiy Ahmed (SAMUEL GEBRU/AFP/Getty Images)
Abiy Ahmed (SAMUEL GEBRU/AFP/Getty Images)

L’Etiopia ha un nuovo leader della coalizione di governo, che a breve diventerà anche primo ministro. Si chiama Abiy Ahmed, ha 42 anni e appartiene agli oromo, il gruppo etnico maggioritario del paese ma anche il più marginalizzato. Abiy fa parte della più giovane generazione di politici etiopi, più riformista di quella che l’ha preceduta, ed è rispettato anche dall’opposizione. Soprattutto è considerato la più grande speranza per il futuro democratico dell’Etiopia, un paese che negli ultimi anni ha fatto registrare indici di crescita economica unici nel mondo, ma che allo stesso tempo ha attraversato una grave crisi politica provocata da scontri etnici e da politiche sempre più restrittive delle libertà individuali. In altre parole: quella di Abiy e dell’Etiopia è una storia che potrebbe finire meglio di come era iniziata.

Abiy Ahmed è un personaggio piuttosto conosciuto in Etiopia. Da anni è il leader dell’Organizzazione democratica del popolo oromo (OPDO), uno dei quattro partiti politici su base etnica che formano la coalizione al governo, il Fronte democratico rivoluzionario del popolo etiope (EPRDF). È nato nella città di Agaro, nella regione centro-meridionale dell’Oromia, da una famiglia mezza cristiana e mezza musulmana. Ha fatto il soldato, raggiungendo il rango di tenente colonnello; ha fondato e diretto l’agenzia governativa etiope responsabile della sicurezza informatica, la stessa che applica le limitazioni sull’accesso a Internet decise dal governo; e ha fatto il ministro della Scienza e della tecnologia nell’ultimo governo, quello guidato da Hailemariam Desalegn, il primo ministro che si è dimesso inaspettatamente lo scorso febbraio.

Abiy è visto come una speranza soprattutto dalla comunità degli oromo, che sono più del 40 per cento della popolazione ma che da anni denunciano di essere esclusi dalla vita politica che conta e dai benefici legati alla crescita economica del paese. Gli oromo cominciarono a protestare rumorosamente nel novembre 2015, quando si seppe di un piano che prevedeva l’estensione della capitale Addis Abeba all’interno dell’Oromia: la proposta del governo spaventava soprattutto i contadini, che avevano paura che venissero espropriate le loro terre. Da allora il governo federale ha arrestato diversi leader oromo e ha adottato una serie di misure per limitare la forza delle opposizioni e delle minoranze etniche marginalizzate: negli scontri che seguirono le prime proteste, inoltre, furono uccise centinaia di persone.

In qualità di leader della coalizione di governo, Abiy diventerà automaticamente primo ministro e sarà il primo oromo capo del governo della storia dell’Etiopia. Non si sa ancora quali saranno le sue prime decisioni una volta insediato. In molti si aspettano che Abiy revochi lo stato di emergenza annunciato un mese fa subito dopo le dimissioni di Desalegn, misura che aveva ridotto ancora di più la libertà di stampa nel paese. Abiy, ha scritto BBC, è oggi molto popolare tra i giovani oromo, ma non solo: è apprezzato anche da diversi leader dell’opposizione, che credono che con la sua nomina a primo ministro l’Etiopia possa avviare un importante processo di transizione verso la democrazia. Sarebbe un traguardo notevole, per un paese che solo trent’anni fa veniva accostato a carestie e povertà.

Il lavoro di Abiy, comunque, non sarà semplice. Diversi analisti sostengono che se anche Abiy si dovesse confermare promotore di una transizione democratica, l’esercito e i servizi di intelligence etiopi – molto potenti – potrebbero mettersi di traverso e impedire un vero cambiamento. Inoltre, nonostante gli impressionanti indici di crescita economica registrati negli ultimi anni, l’Etiopia ha ancora enormi problemi da risolvere, tra cui una disoccupazione giovanile che si aggira attorno al 17 per cento e grandi tensioni etniche. L’Etiopia, comunque, sembra poter contare sull’appoggio di diversi stati occidentali, visto che il suo esercito è parte importante di parecchie missioni di peacekeeping dell’ONU in Africa e della guerra contro l’organizzazione terroristica somala al Shabaab. L’Etiopia inoltre, ha scritto il Wall Street Journal, ha un ruolo rilevante nella nuova strategia europea di controllo dei flussi migratori diretti verso le coste nordafricane.

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