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  • Giovedì 9 novembre 2017

Theresa May ha perso un altro ministro

La ministra dello Sviluppo internazionale, Priti Patel, si è dovuta dimettere per avere organizzato incontri segreti con funzionari e affaristi israeliani senza avvisare il suo governo

Priti Patel lascia Downing Street dopo avere rassegnato le dimissioni da ministra dello Sviluppo internazionale - Londra, Regno Unito (ADRIAN DENNIS/AFP/Getty Images)
Priti Patel lascia Downing Street dopo avere rassegnato le dimissioni da ministra dello Sviluppo internazionale - Londra, Regno Unito (ADRIAN DENNIS/AFP/Getty Images)

Priti Patel, la ministra per lo Sviluppo internazionale del governo del Regno Unito, ha dato le dimissioni per avere mentito al primo ministro Theresa May su 14 incontri avuti privatamente con rappresentanti del governo israeliano, lobbisti e uomini di affari. È il secondo allontanamento in pochi giorni di un ministro dal governo May, dopo quello della settimana scorsa che ha interessato Michael Fallon, ministro della Difesa, che si è dovuto dimettere per comportamenti molesti nei confronti di una giornalista e di una parlamentare. La storia di Patel è stata seguita con grande attenzione nel Regno Unito perché è un altro momento di crisi per il governo di minoranza di Theresa May, impegnato su più fronti compreso quello delicato e molto controverso dell’uscita del paese dall’Unione Europea, la cosiddetta Brexit. Patel è stata sostituita oggi da Penny Mordaunt, già ministra del Welfare.

Ieri Priti Patel ha dovuto interrompere un viaggio in Uganda ed Etiopia per incontrare Theresa May a Downing Street, la residenza del primo ministro a Londra. L’incontro è avvenuto in serata ed è durato poco meno di sei minuti, al termine dei quali è stata confermata la notizia delle sue dimissioni. In una lettera formale a May, Patel ha ammesso di non avere raggiunto “gli alti standard che ci si aspetta da un ministro”. In una lettera di risposta, May ha definito corretta la decisione di Patel, ricordando che Regno Unito e Israele hanno buoni rapporti ma che questi devono essere mantenuti attraverso i canali ufficiali e formali. May ha anche ricordato che lunedì scorso aveva già ricevuto Patel, che le aveva fornito qualche spiegazione sui suoi incontri: “Ora che però sono emersi nuovi dettagli, è giusto che lei abbia deciso di dimettersi per aderire agli alti standard di trasparenza e apertura che ha sempre sostenuto”.

Nei giorni scorsi i media britannici avevano diffuso informazioni sugli incontri informali organizzati da Patel, in molti casi senza avere le autorizzazioni del governo o in assenza di resoconti formali al loro termine. Era per esempio emerso che ad agosto l’ex ministra avesse incontrato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, senza avvisare May e in assenza di altri funzionari del governo. Ad altri incontri aveva invece partecipato Lord Polak, un lobbista del Partito Conservatore piuttosto conosciuto.

Patel aveva dato informazioni discordanti sui suoi incontri organizzati nell’estate in Israele. Al Guardian, per esempio, aveva spiegato di avere avvisato personalmente il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, e di avere ricevuto alcune indicazioni da altri funzionari del suo ministero. Lunedì scorso Patel aveva però cambiato versione, dicendo che il ministero degli Esteri e Johnson non erano stati messi al corrente. Nello stesso giorno aveva ammesso che gli incontri erano stati una decina e che avevano coinvolto funzionari e affaristi israeliani.

Nell’incontro di lunedì, Patel aveva rassicurato May, dicendole di averle infine rivelato tutto. Il giorno dopo, però, sono emersi altri dettagli sui giornali britannici: Patel aveva chiesto ad alcuni funzionari del suo ministero di valutare la possibilità di finanziare iniziative umanitarie dell’esercito israeliano nei territori occupati delle alture del Golan, un’area contesa tra israeliani e siriani non riconosciuta dal governo britannico. Patel aveva avuto almeno due incontri privati e non autorizzati dal suo governo con rappresentanti governativi israeliani a settembre. Gli incontri erano però noti ai ministeri degli Esteri e dello Sviluppo internazionale, ma non è chiaro perché non avessero a loro volta avvisato l’ufficio di May.

Le nuove dimissioni hanno reso necessario un rimpasto di governo e potrebbero avere conseguenze su Brexit: Patel era una delle più convinte sostenitrici dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ora potrebbe avere un ruolo più attivo nel promuovere Brexit dai banchi del Parlamento, dando voce alla parte del Partito Conservatore che la sostiene. Patel, la cui famiglia proviene dall’Uganda e ha origini asiatiche, era anche l’unica rappresentante di una minoranza etnica nel governo. May ha nominato come nuovo ministro Penny Mordaunt, indicata negli ultimi giorni come probabile subentrante. May aveva promesso di mantenere l’equilibrio di genere tra i suoi ministri, e gli orientamenti a favore di Brexit (Mordaunt ne è convinta sostenitrice).

Le dimissioni di Patel hanno inoltre riaperto il confronto all’interno del governo sull’opportunità di mantenere ministero degli Esteri e dello Sviluppo internazionale separati. Boris Johnson ha definito più volte un errore la separazione e sembra che in diversi casi avesse osteggiato il lavoro di Patel, ritenendo che fosse opportuno avere tutte le iniziative che riguardano gli esteri sotto un unico ministero.