Storia della 808

Lo sapete cos'è, anche se non lo sapete: la drum machine più usata e famosa di sempre, senza la quale la musica che ascoltiamo oggi sarebbe molto diversa

di Stefano Vizio

(Brandon Daniel via Flickr)
(Brandon Daniel via Flickr)

La musica cambia e si evolve per merito di persone che vedono prima delle altre possibilità e direzioni per sperimentare modi nuovi di mischiare le note, di produrre suoni di un certo tipo, di suonare gli strumenti in un certo modo. Più spesso succede che qualcuno metta insieme intuizioni e novità accumulate da altri musicisti, che fanno generi e provengono da posti del mondo diversi tra loro, ma alcune delle rivoluzioni più grandi della musica degli ultimi settant’anni sono arrivate quando qualcuno ha progettato aggeggi che suonavano come non aveva suonato nient’altro prima: la prima chitarra elettrica, il primo sintetizzatore, i primi giradischi montati in modo da passare da un vinile all’altro mischiandoli tra loro senza interruzioni.

Anche per questo, in molti credono che a muovere e spostare avanti la musica sia la tecnologia, più che le persone che usano la tecnologia. È una questione irrisolvibile, e probabilmente la verità sta nel mezzo, ma ci sono state di sicuro alcune invenzioni che più delle altre ha definito la musica degli ultimi quarant’anni, e senza le quali davvero, senza esagerazioni, molte delle canzoni che ascoltiamo tutti i giorni suonerebbero diversamente. Una di queste è una piccola scatola messa sul mercato per pochi anni all’inizio degli anni Ottanta, la Roland TR-808, la più famosa drum machine della storia, su cui è uscito recentemente un documentario disponibile su Apple Music.

Sabato 1 aprile è morto a 87 anni Ikutaro Kakehashi, un ingegnere giapponese il cui nome è sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone che ascoltano musica che forse senza Kakehashi non ci sarebbe mai stata, perché non ci sarebbe stata la TR-808. Kakehashi nacque a Tokyo nel 1930, frequentò un istituto tecnico e si diplomò in meccanica, ma aveva come hobby la musica e l’elettronica. Voleva lavorare per una delle grandi aziende giapponesi di strumenti musicali, come la Yamaha o la Kawai, ma non ci riuscì. Decise allora di sfruttare le sue competenze nell’elettronica, e negli anni Cinquanta lavorò come riparatore di organi elettrici. Nel 1960 fondò Ace Tone, una società di strumenti musicali con la quale sette anni dopo mise sul mercato la FR-1 Rhythm Ace, un’ingombrante scatola che conteneva 16 ritmi già pronti, con la possibilità di isolare gli strumenti – i vari piatti e i vari tamburi – e combinarli tra loro in decine di possibilità diverse. In quegli anni, Ace Tone non era l’unica società che stava lavorando a un progetto simile: anche Gulbransen, Seeburg e Keio-Giken (che sarebbe diventata la Korg) stavano mettendo sul mercato strumenti che offrissero la possibilità di suonare dei ritmi di batteria predefiniti, sempre uguali e all’infinito. La prima destinazione per questo tipo di aggeggi furono gli organi elettrici, che cominciarono a essere venduti con le drum machine (che ancora non erano vere e proprie drum machine) incorporate.

Questi apparecchi producevano suoni che ricordavano appena i timbri di una batteria acustica, prodotti analogicamente da circuiti progettati appositamente. Ma chi li usava non poteva creare il ritmo che voleva: doveva accontentarsi di quelli predefiniti, che cercavano di coprire diversi generi ma che erano difficilmente utilizzabili dai professionisti nei loro dischi (ci fu però chi lo fece, come gli Sly and the Family Stone o i Pink Floyd, già alla fine degli anni Sessanta). La prima drum machine programmabile fu progettata e messa sul mercato da Eko nel 1972, seguita pochi anni dopo da quella della Ace Tone, la Rhythm Producer FR-15. Nel frattempo nel 1972 Kakehashi aveva fondato Roland, l’azienda di strumenti musicali che sarebbe diventata uno dei colossi del settore, e che nel 1978 aveva messo sul mercato la CR-78, una drum machine programmabile che sarebbe stata la base per la TR-808. Roland era un’azienda piccola, e Kakehashi faceva di tutto, dall’ingegnere all’amministratore delegato al responsabile delle vendite.

Il settore delle drum machine fu rivoluzionato nel 1980, quando l’azienda americana Linn Electronics Inc. mise sul mercato la Linn LM-1, che era programmabile e soprattutto era la prima a usare campioni digitali per i suoi suoni: non erano prodotti con diodi e transistor, ma erano registrazioni di una batteria vera, che potevano poi essere utilizzati e mischiati a piacimento. La Linn LM-1 fu uno strumento innovativo e negli anni Ottanta fu utilizzato dai più grandi nomi del pop, da Michael Jackson a Prince. Nello stesso anno, Roland fece uscire la sua TR-808: l’aveva sviluppata Kakehashi insieme a Don Lewis, un ingegnere americano che si era fatto notare dalla Roland per come era riuscito a modificare le drum machine di Ace Tone. La TR-808 voleva essere una drum machine professionale, che potesse competere con la LM-1, ma le memorie su cui ospitare i sample digitali erano molto costose. Kakehashi decise quindi di puntare sul contenimento dei costi, e di fare una nuova drum machine programmabile i cui suoni fossero prodotti dai circuiti.

L’intuizione fu usare dei transistor difettosi, che normalmente venivano scartati dalle aziende che li producevano, e che però se inseriti nel circuito, scoprì Kakehashi, producevano un suono molto particolare ed efficace. Lewis ha raccontato che il suono del crash, uno dei piatti della batteria, fu creato dopo che l’ingegnere Tadao Kikumoto rovesciò del tè su un circuito di prova: provarono a collegarlo, venne fuori un “psss” che piacque moltissimo, e lavorarono per settimane finché non riuscirono a riprodurlo.

La TR-808 conteneva in tutto 16 suoni diversi di percussioni, dal charleston al tom al kick al battito di mani, ciascuno dei quali poteva essere modificato con diversi tipi di effetti. Tramite una semplice pulsantiera, si potevano inserire uno o più suoni nel momento della battuta che si preferiva, e creare ritmi semplici o dispari, per esempio in 5/4 o in 7/8. In tutto si potevano registrare 32 ritmi diversi, ciascuno per un massimo di 768 battute. Quando uscì, la TR-808 non ebbe molto successo. Non era la prima drum machine programmabile, e il suo suono era molto lontano dalla qualità di quello della LM-1. Era un suono terribile, a essere sinceri: non suonava come una batteria, suonava come una TR-808. Ciononostante riuscì a vendere, principalmente per il prezzo: costava poco più di mille dollari, contro i cinquemila della LM-1. Presto qualcuno si accorse che il suono della TR-808 funzionava proprio perché non assomigliava a niente che si fosse sentito fino ad allora. La LM-1 poteva essere quasi scambiata per una batteria acustica, se mixata in un certo modo; la TR-808 invece, con i suoi suoni artificiali e sfrigolanti, trasformava una canzone in una cosa nuova e strana: nel suono del futuro.

Tra i primissimi musicisti a utilizzare la TR-808 ci furono gli Yellow Magic Orchestra, una band giapponese considerata tra i padri fondatori della musica elettronica e del synth pop. Misero la TR-808 nel loro disco del 1982 BMG, un disco che cominciò a girare moltissimo nei quartieri neri di New York, e in particolare nel Bronx, dove da una decina d’anni alcuni dj visionari come Kool Herc e Grandmaster Flash avevano inventato un nuovo modo di fare musica: l’hip hop.

Uno di questi dj si faceva chiamare Afrika Bambaataa, ed era il capo di una gang del Bronx che stava provando a placare le divisioni tra i gruppi criminali facendo musica e predicando una sorta di utopia africana, la Zulu Nation. Bambaataa si fece un nome e cominciò a frequentare anche produttori e musicisti bianchi di Manhattan, ed entrò in contatto con molta musica diversa, tra cui quella degli Yellow Magic Orchestra e quella della storica band tedesca dei Kraftwerk. In uno studio di registrazione nel nord di Manhattan, dalla collaborazione tra Bambaataa, il produttore Arthur Baker, il tastierista John Robie e il gruppo di cantanti hip hop che accompagnava a volte Bambaataa, i Soul Sonic Force, cioè tra gente di provenienze e sensibilità molto diverse tra loro, venne fuori “Planet Rock”, la canzone che probabilmente più di ogni altra dimostrò le potenzialità della TR-808.

A fare la fortuna del suono della TR-808 fu soprattutto quello che era stato creato per riprodurre la cassa, il tamburo con il suono più basso e pieno della batteria: se modificato in un certo modo, poteva essere utilizzato come una vera linea di basso, molto profonda e tonante, che era efficacissima per far ballare la gente. Tra i primi a studiare queste potenzialità ci fu il dj Strafe, che fece uscire nel 1984 “Set It Off”, la canzone considerata il simbolo di questo nuovo modo di sfruttare le drum machine. Addirittura intorno alla cassa della TR-808 nacque un genere, il Miami bass, che raccolse l’eredità della disco e dell’electro funk e la unì alle nuove tendenze della musica afroamericana dei primi anni Ottanta, prendendo una direzione diversa da quella dell’hip hop più tradizionale. A Detroit, grazie alle registrazioni del dj Juan Atkins coi Cybotron, la TR-808 fu alla base del suono della Detroit techno. E presto le potenzialità della TR-808 vennero apprezzate anche fuori dagli Stati Uniti: per esempio da Charanjit Singh, musicista indiano che nel 1982 registrò Synthesizing: Ten Ragas to a Disco Beat, considerato fondamentale per la nascita della acid house.

Ma la TR-808 fin da subito fu usata anche in contesti meno d’avanguardia: nello stesso anno in cui uscì “Planet Rock” il cantante soul Marvin Gaye, una delle più grandi star della musica soul e R&B di quel periodo, decise di staccarsi totalmente dalle sonorità che avevano fatto la sua fortuna e registrare una canzone senza band, utilizzando una TR-808 e dei sintetizzatori. “Sexual Healing”, la canzone che ne uscì, fu uno dei più grandi successi della sua carriera. Gaye dimostrò che anche l’apparente freddezza del suono delle drum machine poteva essere molto efficace in una musica calda e ammiccante come la sua, aprendo la strada a quello che sarebbe stato uno dei tratti distintivi del pop degli anni seguenti.

Quando uscirono le prime canzoni con la TR-808, tutti quelli del giro dell’industria musicale rimasero sconvolti dalla potenza e dal carattere futuristico del suono di quella particolare drum machine. Fu chiaro abbastanza in fretta che da quella scatoletta sarebbe passata molta della musica pop e hip hop degli anni a venire. La TR-808 diventò la base del sound di alcuni dei gruppi che contribuirono a portare l’hip hop da musica suonata nei parchi pubblici e nelle feste abusive dei quartieri neri di New York a fenomeno mainstream, come i Beastie Boys, i Public Enemy e i Run DMC, spesso grazie alle produzioni di Rick Rubin, una delle figure più importanti per lo sviluppo dell’hip hop alla fine degli anni Ottanta.

Ma fu un fenomeno che andò molto oltre l’hip hop: da tempo Phil Collins, storico batterista dei Genesis, stava cercando un modo di avere una base di batteria sempre uguale, che durasse diversi minuti. Ma i batteristi si stufano in fretta, e mettono tra una battuta e l’altra i cosiddetti “fill”, quelle frasi spesso improvvisate che arricchiscono la base ritmica. Collins voleva una cosa diversa, che trovò utilizzando la TR-808.

Nella seconda metà degli anni Ottanta, la TR-808 era dappertutto: dalle hit radiofoniche come “I Wanna Dance with Somebody” di Whitney Houston a Madonna alle canzoni di gruppi underground come i New Order. Il suo suono immediatamente riconoscibile era diventato irrinunciabile per moltissimi artisti, ed era diventato quasi indispensabile per fare ballare la gente. Roland però aveva già smesso di produrla: nel giro di pochi anni non riuscì più a trovare abbastanza transistor difettosi, che ne rendevano il suono così riconoscibile, e dovette sostituirla con la TR-909, che ebbe poi a sua volta un grande successo. In tutto furono prodotti circa 12mila esemplari della TR-808.

L’utilizzo della TR-808 ebbe fortune alterne, dagli anni Novanta in poi, ma non arrivò mai neanche lontanamente a scomparire: e soprattutto non scomparve l’influenza di quei dischi che erano stati resi possibili da quella specifica drum machine, che furono alla base di moltissimi generi diversi, dalla techno al rap. Negli anni sono state inventate drum machine molto più efficienti e con suoni molto migliori, che ormai sono preferite dagli artisti. Ma c’è ancora chi usa la TR-808 per mettere nella sua musica quello specifico e riconoscibile suono, per richiamare immediatamente un’atmosfera e rifarsi agli anni Ottanta. Il caso più famoso è quello di Kanye West, che sull’uso della TR-808 ci ha costruito un disco intero: 808s & Heartbreak, del 2008, che fin dal titolo è una specie di dichiarazione d’amore per la drum machine più famosa di sempre.