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  • Mercoledì 22 febbraio 2017

Altre persone sono ricercate per l’omicidio di Kim Jong-nam

E qualcuno ha provato a entrare nell'obitorio che ospita il cadavere del fratellastro di Kim Jong-un, mentre la Corea del Nord ha chiesto che le donne arrestate siano rilasciate

L'ambasciata nordcoreana a Kuala Lumpur, in Malesia, il 15 febbraio 2017 (MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)
L'ambasciata nordcoreana a Kuala Lumpur, in Malesia, il 15 febbraio 2017 (MANAN VATSYAYANA/AFP/Getty Images)

La polizia malese, impegnata a investigare sull’omicidio di Kim Jong-nam, ha detto che qualcuno ha provato a entrare nell’obitorio in cui viene tenuto il corpo del fratellastro del dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un, e ha aggiunto tre nordcoreani alla lista delle persone da interrogare in merito alle indagini. A differenza dei quattro ricercati nordcoreani che secondo la polizia hanno lasciato la Malesia subito dopo la morte di Kim per tornare a Pyongyang, queste tre persone si trovano ancora nel paese: una è un importante funzionario dell’ambasciata nordcoreana a Kuala Lumpur di nome Hyon Kwang Song, un’altra è un dipendente della compagnia aerea nazionale nordcoreana Air Koryo.

La Malesia ha chiesto la collaborazione della Corea del Nord per interrogare Hyon, ma le indagini sull’omicidio di Kim hanno inasprito le relazioni diplomatiche tra i due paesi che in precedenza erano molto buone. I contrasti sono iniziati quando la Corea del Nord ha chiesto che non venisse fatta nessuna autopsia sul corpo di Kim e che il cadavere fosse consegnato il prima possibile alle autorità nordcoreane: la Malesia ha rifiutato entrambe le richieste in modo da far proseguire le indagini e ha richiamato il suo ambasciatore a Pyongyang. Per poter parlare con Hyon, il capo della polizia malese Khalid Abu Bakar si è rivolto all’ambasciatore nordcoreano Kang Chol, che però il 19 febbraio aveva accusato la polizia malese di nascondere qualcosa e aveva detto che la Corea del Nord non si fida dei risultati delle indagini. Abu Bakar ha detto che se l’ambasciatore non collaborerà «li obbligheremo a venire da noi». Oggi intanto l’ambasciata nordcoreana ha diffuso un comunicato in cui chiede che le due donne arrestate dalla polizia malese – una vietnamita e l’altra indonesiana – siano rilasciate perché innocenti.

Khalid Abu Bakar ha ufficialmente confermato la ricostruzione dell’omicidio di Kim Jong-nam che era stata illustrata dai media. Il 13 febbraio Kim è stato aggredito all’aeroporto di Kuala Lumpur da due donne che gli hanno messo sulla faccia una sostanza tossica che avevano direttamente sulle loro mani: Kim è morto mentre veniva trasportato in ospedale dopo aver chiesto aiuto mentre le due donne si sono allontanate. L’aggressione è stata ripresa dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto e si può vedere in un video inizialmente diffuso dalla televisione giapponese Fuji TV.

Finora sono state arrestate quattro persone in relazione all’omicidio, tra cui le due donne. Siti Aisyah, la donna indonesiana, ha detto alla polizia che pensava che l’aggressione a Kim facesse parte di una candid camera per cui era stata pagata ma secondo gli investigatori ha mentito: Abu Bakar ha detto che alle donne era stato detto di lavarsi le mani dopo l’aggressione e che sapevano che la sostanza messa sul viso di Kim era tossica. Inoltre l’aggressione era stata provata più di una volta in alcuni centri commerciali di Kuala Lumpur. L’ambasciata nordcoreana dice che le donne sono innocenti perché sarebbero morte se avessero davvero avuto del veleno sulle mani.

La polizia aspetta i risultati degli esami fatti sul corpo di Kim (non si sa ancora che tipo di veleno sia stato usato per ucciderlo) e un campione di DNA dei parenti di Kim per accertare formalmente la sua identità. Alcuni giornali hanno scritto che il figlio maggiore di Kim, Kim Han-sol, si sarebbe recato in Malesia da Macao per reclamare il corpo, ma finora non sono arrivate richieste di questo tipo alle autorità malesi.