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  • Lunedì 19 dicembre 2016

La prima condanna di un “foreign fighter” in Italia

Un tribunale di Milano ha condannato per terrorismo Maria Giulia Sergio, che circa due anni fa si era unita all'ISIS in Siria

Slide della Polizia di Stato
Slide della Polizia di Stato

La Corte d’Assise di Milano ha condannato a 9 anni di carcere Maria Giulia Sergio, conosciuta anche con il nome di Fatima, per terrorismo internazionale e organizzazione di viaggi a fine di terrorismo. È la prima volta che un tribunale italiano condanna per terrorismo una persona andata a combattere all’estero con gruppi terroristi. Sergio è stata ritenuta colpevole di essersi unita allo Stato Islamico (o ISIS) in Siria per combattere il jihad. Non si sa con precisione dove si trovi ora: di lei non si hanno più notizie dallo scorso anno, quando la giornalista del Corriere della Sera Marta Serafini l’aveva contattata via Skype per un’intervista.

La condanna della Corte d’Assise di Milano ha confermato le richieste dei pubblici ministeri Maurizio Romanelli e Paola Pirotta, che avevano chiesto per Sergio il massimo della pena. Il tribunale ha condannato anche altri due familiari di Sergio: il marito albanese Aldo Kobuzi, condannato a 10 anni di carcere (più di quanto era stato chiesto dai pm), e il padre Sergio Sergio, che dovrà scontare 4 anni di carcere. La madre di Sergio, arrestata insieme al marito l’1 luglio 2015 con le stesse accuse, era morta a 60 anni a ottobre 2015 mentre era agli arresti domiciliari. La sorella di Maria Giulia Sergio, Marianna Sergio, era invece già stata condannata a 5 anni e 4 mesi nel febbraio di quest’anno, con rito abbreviato. Insieme ai membri della famiglia Sergio, la Corte d’Assise di Milano ha condannato anche la reclutatrice canadese Bushra Haik, che ora potrebbe trovarsi in Arabia Saudita.

Maria Giulia Sergio è nata a Torre del Greco, in provincia di Napoli, ma diversi anni fa si è trasferita insieme alla famiglia a Inzago. Sergio, cattolica come anche la sorella e i genitori, si è convertita all’Islam dopo avere incontrato il suo primo marito, un cittadino marocchino da cui poi ha divorziato. Nel settembre 2014 si è risposata con l’albanese Aldo Kobuzi in una moschea di Treviglio, in provincia di Bergamo. La famiglia di Kobuzi vive ancora in provincia di Grosseto, una zona dalla quale tra il 2012 e il 2013 sono passati alcuni esponenti importanti del jihadismo in Europa: tra gli altri Bilal Bosnic, predicatore radicale di fama internazionale, e Ismar Mesinovic, musulmano bosniaco residente in provincia di Belluno e morto dopo che era andato a combattere in Siria. Non è chiaro che tipo di legami abbia avuto la famiglia di Kobuzi con questi esponenti dell’estremismo islamico.

Non è chiaro nemmeno quando Sergio si sia radicalizzata fino a diventare estremista: nel 2009 aveva partecipato alla trasmissione “Pomeriggio 5” e aveva parlato della necessità per le donne di coprirsi il corpo. Negli anni successivi aveva cominciato a pubblicare messaggi sempre più radicali sulla sua pagina Facebook e a indossare il niqab, il velo integrale. Secondo gli investigatori la svolta era avvenuta nel 2014, in coincidenza al matrimonio con Kobuzi. Poco dopo il matrimonio, Sergio da Inzago era andata prima in Toscana e poi a Roma. Da lì aveva preso un aereo ed era andata a Istanbul, e poi un altro volo interno che l’aveva portata a Gaziantep, città nel sud della Turchia da cui era entrata in Siria e si era unita all’ISIS. Sergio aveva continuato a mantenere conversazioni regolari con i familiari, intercettate dai carabinieri. Grazie a queste intercettazioni, nel luglio del 2016 erano state emesse dieci ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’operazione antiterrorismo compiuta dalla Digos di Milano, dirette tra gli altri anche a Sergio e ai suoi familiari.