• Giovedì 2 luglio 2015

Chi è Maria Giulia Sergio e cosa c’entra con l’ISIS

Una ragazza italiana convertita all'Islam radicale è da mesi in Siria insieme al marito albanese: ora è accusata di avere reclutato i suoi parenti, che sono stati arrestati

Maria Giulia Sergio (Slide della Polizia di Stato)
Maria Giulia Sergio (Slide della Polizia di Stato)

Mercoledì 1 luglio sono state emesse dieci ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’operazione antiterrorismo compiuta dalla Digos di Milano. Tra le persone arrestate – quattro italiane, cinque albanesi e una canadese – ci sono i componenti di due famiglie convertite all’Islam, una italiana e l’altra albanese, che secondo gli investigatori sono reclutatori o reclutati per lo Stato Islamico (o ISIS) in Siria. L’operazione è stata chiamata “Martese”, in albanese “matrimonio”, perché il legame tra le due famiglie è nato dal matrimonio tra l’italiana Maria Giulia Sergio e l’albanese Aldo Kobuzi. Oggi tutti i giornali italiani scrivono di Maria Giulia Sergio (o di Fatima Zahra, per usare il suo nome da convertita). Dal settembre del 2014 Sergio è in Siria insieme al marito: è andata a combattere il jihad con l’ISIS e ha convinto i suoi familiari a seguirla, prima che intervenisse la polizia.

Maria Giulia Sergio, 28 anni, è nata a Torre del Greco, in provincia di Napoli. Diversi anni fa si è trasferita insieme alla famiglia a Inzago, in provincia di Milano. Sergio, cattolica come anche la sorella e i genitori, si è convertita all’Islam dopo avere incontrato il suo primo marito, un cittadino marocchino da cui poi ha divorziato. Nel settembre del 2014 si è risposata con l’albanese Aldo Kobuzi in una moschea di Treviglio, in provincia di Bergamo. La famiglia di Kobuzi vive in provincia di Grosseto, una zona dalla quale tra il 2012 e il 2013 sono passati alcuni esponenti importanti del jihadismo in Europa: tra gli altri Bilal Bosnic, predicatore radicale di fama internazionale, e Ismar Mesinovic, musulmano bosniaco residente in provincia di Belluno e morto dopo che era andato a combattere in Siria. Non è chiaro che tipo di legami abbia avuto la famiglia di Kobuzi con questi esponenti dell’estremismo islamico.

Non è chiaro nemmeno quando Sergio si sia radicalizzata fino a diventare estremista: nel 2009 aveva partecipato alla trasmissione Pomeriggio 5 e aveva parlato della necessità per le donne di coprirsi il corpo. Negli anni successivi aveva cominciato a pubblicare messaggi sempre più radicali sulla sua pagina Facebook e a indossare il niqab, il velo integrale. Secondo gli investigatori, la svolta è avvenuta nel 2014: nel settembre di quell’anno Sergio ha sposato Kobuzi. Poco dopo il matrimonio, da Inzago è andata prima in Toscana e poi a Roma. Da lì ha preso un aereo ed è andata a Istanbul, e poi un altro volo interno che l’ha portata a Gaziantep, città nel sud della Turchia da cui è entrata in Siria e si è unita all’ISIS. Stando alle ricostruzioni della polizia, nel febbraio del 2015 Sergio è stata addestrata in Siria per diventare una combattente e nel frattempo ha continuato a mantenere conversazioni regolari con i familiari. Cinque mesi fa La Gabbia, talk show che va in onda su La7, ha intervistato il padre di Maria Giulia Sergio al centro islamico di Inzago: nel video si intuisce come Sergio Sergio – che non vuole farsi identificare come il padre di Maria Giulia – abbia assunto posizioni molto radicali.

La polizia ha compiuto alcuni arresti nelle province di Milano e Bergamo e in una città dell’Albania: le accuse sono di associazione con finalità di terrorismo e organizzazione del viaggio con finalità di terrorismo. Come si legge sul sito del ministero dell’Interno, la Digos di Milano è arrivata a emettere le ordinanze di custodia in carcere intercettando alcune conversazioni telefoniche e Skype tra le persone coinvolte nelle indagini. La sorella Marianna e i genitori Sergio e Assunta, ha detto la polizia, stavano per raggiungere Maria Giulia in Siria: avevano già messo in vendita i mobili di casa e avevano ritirato un passaporto che doveva essere rinnovato. Tra le persone arrestate non ci sono Sergio e il marito Kobuzi. C’è invece la 30enne canadese Haik Bushra, che ha indottrinato e reclutato le due sorelle Maria Giulia e Marianna inserendole in un gruppo chiamato “Aqidah e Tafsir” che incitava al jihad (tra le altre cose, scrive Repubblica, il gruppo “Aqidah e Tafsir” usava il documento filo-ISIS in lingua italiana di cui si è parlato molto diverse settimane fa e attribuito al cittadino italiano di origine marocchina El Mahdi Halili).

Alcuni giornali italiani hanno riportato parti delle conversazioni intercettate tra Maria Giulia Sergio e i suoi famigliari. In una conversazione Maria Giulia dice per esempio che a chi nega il jihad va tagliata la testa, perché è responsabile di avere «portato l’Islam al livello che è adesso, ad esempio in Italia». Dice anche che è necessario vivere sotto la sharìa, la legge islamica, e non la democrazia. Maria Giulia accusa i suoi famigliari di lavorare per i miscredenti (in particolare sembra rivolgersi al padre), che definisce “animali”, e dice che la hijra, il pellegrinaggio, è obbligatoria. Maria Giulia dice anche che bisogna odiare tutti i miscredenti: dice ai suoi famigliari che se dovessero diventare miscredenti «io non potrò mai, mai più volervi bene»; rivolgendosi al padre, gli dice che è lui l’uomo di casa e che deve decidere tutto lui («tu hai deciso per la hijra, allora prendi mamma per i capelli e vieni qui a fare la hijra»).

In un’altra intercettazione Maria Giulia organizza il viaggio insieme alla madre: la conversazione sembra piuttosto bizzarra, date le circostanze, e si concentra su alcune questioni pratiche come per esempio il peso e la tipologia di valigie da portare. Madre e figlia parlano anche della casa in cui si sistemerà la famiglia Sergio e dell’opportunità o meno di portare un gatto.

Maria Giulia Sergio non è il primo caso di persona italiana convertita all’Islam radicale e andata a combattere in Siria per l’ISIS: un’altra storia di cui si è parlato molto alcuni mesi fa è quella di Giuliano Delnevo, cittadino italiano ucciso mentre combatteva la guerra siriana per l’ISIS. Del problema degli italiani convertiti all’Islam radicale ne ha parlato anche la Relazione annuale presentata dall’intelligence al Parlamento nel 2009 – e poi quelle successive – individuandolo come una delle minacce oggi più serie legate al jihadismo in Italia. La Digos e i Ros dei Carabinieri da tempo monitorano con particolare attenzione anche la propaganda jihadista online, che si è diffusa negli ultimi anni ed è usata come strumento principale per il reclutamento in tutta Europa.