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  • Martedì 29 novembre 2016

Il nuovo “sarcofago” di Chernobyl è pronto

L'installazione dell'enorme struttura che dovrebbe isolare il reattore danneggiato per i prossimi 100 anni è stata terminata oggi, ma i rischi restano


(SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)
(SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images)

Oggi a Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale a circa 100 chilometri a nord di Kiev, è stata completata l’installazione dell’enorme nuovo “sarcofago”: la struttura che isolerà l’impianto nucleare danneggiato per il prossimo secolo, consentendo al tempo stesso i lavori di smantellamento del reattore dove si verificò il disastroso incidente del 1986. La struttura, chiamata “New Safe Confinement” (NSC), è una sorta di gigantesco hangar pesante 36mila tonnellate, costruita in prossimità dell’impianto nucleare e successivamente fatta scorrere sopra il vecchio involucro di cemento del reattore. NSC è costato circa 2 miliardi di euro, donati da 40 paesi e organizzazioni, e ha richiesto quasi 16 anni di lavoro per essere progettato e costruito, con alcuni ritardi causati dalla complicata situazione politica in Ucraina.

Al termine del completamento della copertura, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha tenuto un breve discorso dicendo: “Lasciamo che tutti possano ammirare ciò che l’Ucraina e il mondo possono fare quando sono uniti, come siamo in grado di proteggere il mondo dalle contaminazioni e dalle minacce nucleari”. L’area intorno al reattore è ampia quasi 2.600 chilometri quadrati e da trent’anni è disabitata, a causa delle radiazioni: continuerà a esserlo anche nei prossimi decenni, perché il livello di contaminazione è ancora alto. La vicina città di Prypyat è deserta dal 1986 e, come è stato documentato in diversi servizi fotografici, la natura ha lentamente trasformato la zona, con rampicanti e alberi che sono tornati a crescere tra le crepe del cemento e dell’asfalto. La Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, che ha amministrato i fondi per la costruzione del nuovo sarcofago, ha confermato che i lavori proseguiranno regolarmente anche nei prossimi mesi, in vista della prossima fase di bonifica dell’area.

Nell’aprile del 1986 l’esplosione di uno dei quattro reattori della centrale di Chernobyl fu tale da scoperchiare il tetto in cemento dell’edificio e proiettare materiale radioattivo nel raggio di chilometri. Decine di persone morirono nell’incidente e altre centinaia furono contaminate dalle radiazioni: ancora oggi non esiste una stima precisa dei morti causati dell’incidente. Nelle settimane successive all’esplosione decine di migliaia di operai, spesso impegnati in turni che duravano pochi minuti per limitare l’esposizione alle radiazioni, costruirono una struttura di cemento per contenere il reattore esploso, il famoso “Sarcofago”. Dopo quasi trent’anni dall’incidente, questa struttura era oramai gravemente danneggiata e c’era il timore che potesse crollare, esponendo di nuovo il reattore e le tonnellate di materiale radioattivo che ancora contiene.

NSC è un doppio mezzo cilindro d’acciaio, alto quanto un palazzo di 30 piani e lungo come un campo da calcio. Le radiazioni attorno al “Sarcofago” originario sono ancora troppo forti per permettere agli operi di lavorare nelle immediate vicinanze: per questo motivo la nuova struttura è stata costruita a distanza di sicurezza e successivamente traslata sopra la vecchia copertura del reattore. Il nuovo sarcofago è stato progettato per durare cento anni, un tempo non troppo lungo per una struttura in acciaio, che a causa delle radiazioni non potrà ricevere molta manutenzione.

Per i prossimi anni è previsto un secondo intervento, molto complesso, per la rimozione delle circa 200 tonnellate di combustibile radioattivo rimaste all’interno del reattore numero 4: il livello di radioattività all’interno del reattore è tale da uccidere un essere umano entro pochi minuti e anche i robot devono essere schermati. A queste difficoltà si aggiunge il fatto che l’area è stata trasformata dall’esplosione del 1986 in una specie di labirinto di cemento, cavi e strutture d’acciaio fusi insieme al combustibile radioattivo. Molti esperti credono che la tecnologia necessaria a rimuoverlo non sia ancora stata messa a punto, ma se NSC farà il proprio dovere permetterà di rinviare il problema, dando più tempo ai ricercatori e favorendo al tempo stesso il decadimento radioattivo nel sito.