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  • Venerdì 22 luglio 2016

La protesta della NBA contro la legge “anti-gay” della North Carolina

La più importante lega di basket al mondo non organizzerà l'All Star Game 2017 a Charlotte, aggiungendosi a una lunga lista di critici

Il commissioner della NBA, Adam Silver (Thearon W. Henderson/Getty Images)
Il commissioner della NBA, Adam Silver (Thearon W. Henderson/Getty Images)

Giovedì la NBA – la National Basketball Association, la principale lega professionistica di basket in Nordamerica – ha annunciato che non organizzerà più l’All Star Game del 2017 a Charlotte, una città del North Carolina, a causa della legge statale cosiddetta “anti-gay” approvata il 23 marzo scorso. La legge ha introdotto a livello statale un nuovo codice antidiscriminatorio – che però non cita esplicitamente le persone gay o transgender, e che non può essere sostituito da codici approvati dalle singole città – e soprattutto l’obbligo per le persone transgender di utilizzare bagni o spogliatoi pubblici che corrispondano al loro sesso di nascita. Negli ultimi mesi la legge è stata molto criticata da aziende e artisti, e la NBA aveva già annunciato possibili provvedimenti sull’organizzazione dell’All Star Game, le esibizioni che si tengono ogni anno in una città diversa e a cui partecipano i giocatori migliori della lega.

In un comunicato, la NBA ha detto: «La NBA ha deciso di spostare l’All Star Game del 2017 da Charlotte, con la speranza di poterlo organizzare lì nel 2019. Sappiamo che la NBA non può scegliere le leggi in ogni città, stato e paese in cui ha degli interessi, ma non crediamo di poter organizzare con successo le nostre esibizioni All-Star a Charlotte nel clima che si è creato con l’approvazione della HB2», la sigla con cui è conosciuta la legge negli Stati Uniti. Non è ancora stato comunicato in qualche città si terrà l’All Star Game, al posto di Charlotte. La decisione della NBA è stata accolta positivamente dagli attivisti dei diritti delle persone gay e transgender, e con delusione (ma non polemica) dagli Charlotte Hornets, la squadra locale il cui presidente è Michael Jordan.

Jason Collins, ex giocatore NBA e primo atleta professionista americano a dichiararsi pubblicamente gay, ha twittato un messaggio di sostegno alla NBA, che tra le altre cose dice: «Come membro della famiglia NBA e come uomo gay, sono estremamente orgoglioso di vedere che la NBA ha preso l’iniziativa e ha spostato l’All Star Game dal North Carolina».

Negli ultimi mesi erano stati cancellati altri eventi in North Carolina. Ad aprile Bruce Springsteen aveva cancellato un concerto a Greensboro, il capoluogo della contea di Guilford; poi era stata la volta dei Pearl Jam, di Ringo Starr e del Cirque du Soleil. Le proteste avevano coinvolto anche diverse aziende, tra cui PayPal e American Airlines. Il governatore del North Carolina, il Repubblicano Pat McCrory, ha risposto all’annuncio della NBA con un comunicato che dice che le leghe sportive e «le élite dello spettacolo» hanno «interpretato male le nostre leggi e diffamato la popolazione del North Carolina».

La nuova legge era stata introdotta per reazione a un nuovo codice antidiscriminatorio – e comprensivo dei diritti di gay e transgender — approvato a febbraio da Charlotte, la città più grande del North Carolina. Il North Carolina è uno stato storicamente Repubblicano, anche se meno di altri (per esempio alle elezioni presidenziali del 2008 vinse Obama): la legge era stata sostenuta e approvata da tutti i parlamentali locali Repubblicani, oltre che firmata dal governatore McCrory, che alle elezioni statali di novembre cercherà di essere rieletto. I Repubblicani avevano difeso la legge spiegando che anche alcuni codici antidiscriminatori validi in altri stati non citano esplicitamente gay e transgender.