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  • Sabato 7 maggio 2016

Il ciclismo for dummies

Le cose da sapere per capirci qualcosa di tattiche, termini e concetti del ciclismo su strada, ora che è iniziato il Giro d'Italia

(AFP/Getty Images)
(AFP/Getty Images)

Il 6 maggio è iniziato il Giro d’Italia, uno dei più importanti eventi al mondo del ciclismo su strada. Durerà tre settimane, verranno percorsi in totale 3.463 chilometri e vi parteciperanno 198 ciclisti, anche se non tutti arriveranno alla fine. Il Giro è diviso in 21 tappe e gli appassionati potranno seguirlo su Rai 3, come succede per altri grandi appuntamenti di questo tipo, come il Tour de France. Certo, in molti si potrebbero chiedere cosa ci sia di interessante nel vedere decine di ciclisti che pedalano per centinaia di chilometri sulla stessa strada, in attesa di un traguardo a ore di distanza. Tralasciando com’è fatta una bicicletta – comunque una cosa molto meno immediata di quanto si pensi – ci sono un po’ di dritte che possono aiutare a capire cosa si sta guardando e cosa sta succedendo durante una corsa: per dire, il ciclismo può essere molto più interessante di quanto si pensi.

Da quando a quando

Il ciclismo su strada – e quindi non in pista e non in mountain bike – ha una stagione che inizia a gennaio e finisce d’autunno. Quasi tutte le gare sono a squadre – ogni squadra è finanziata da uno o più sponsor che le danno il nome – ma ce ne sono alcune che si corrono in base alla nazione di appartenenza: sono i Mondiali, l’ultima importante gara della stagione. I Mondiali si corrono in un posto diverso ogni anno: quest’anno si terranno a Doha, in Qatar, a ottobre.

L’UCI World Tour

La stagione ciclistica è molto lunga e i ciclisti pianificano ogni anno a quali corse partecipare: vincere il Giro d’Italia o il Tour de France è un risultato che vale una stagione e ci sono molti ciclisti che si preparano per provare a vincere una delle due o entrambe nello stesso anno (l’ultimo a riuscirci fu Marco Pantani). Nel ciclismo su strada c’è però una sorta di campionato: si chiama UCI World Tour (l’UCI è in pratica la FIFA del ciclismo) e vi partecipano un certo numero di squadre – più alcune invitate di volta in volta. Dell’UCI World Tour fanno parte 27 gare: la prima è in Australia e si corre a gennaio, l’ultima è il Giro di Lombardia, a ottobre. A seconda dei piazzamenti si accumulano dei punti: chi a fine anno ha più punti è il miglior ciclista dell’anno. È un riconoscimento importante – lo vince da due anni lo spagnolo Alejandro Valverde – ma non è il più importante. In genere un ciclista preferisce vincere un Tour de France o una Parigi-Roubaix (che fanno a loro volta parte dell’UCI World Tour).

Le classiche monumento

La Parigi-Roubaix è una corsa di un giorno ed è lunga due-trecento chilometri che si percorrono in 6-7 ore. La Parigi-Roubaix è una delle “classiche monumento” (tra le altre ci sono per esempio il Giro di Lombardia e la Milano-Sanremo). Le classiche monumento sono le gare le più vecchie e difficili, e quelle che tutti i migliori provano a vincere. Il concetto alla base di una classica è facile: vince chi arriva primo.

I grandi giri

Anche nelle corse a tappe vince chi arriva primo: le tre più importanti sono note come “i grandi giri” e sono Giro, Tour e Vuelta di Spagna. Qui però ci sono tanti primi diversi e soprattutto molte più questioni in ballo. Capire cosa succede in una tappa di un grande giro e nella sua classifica generale permette di capire la strategia delle squadre, i ruoli dei corridori e anche la bellezza di questo sport.

In linea e a cronometro

Nei grandi giri ci sono due tipi di tappe: in linea e a cronometro. Le tappe a cronometro possono essere individuali o a squadre (nel Giro di quest’anno però non ci saranno tappe a cronometro a squadre). Ci sono poi le crono-scalate, delle corse a cronometro tutte in salita (quella di questo Giro sarà il 22 maggio). Le tappe non a cronometro si definiscono in base al tipo di percorso: basta aver fatto un cavalcavia in bici per capire che quelle più difficili sono quelle con le salite. Le tappe di montagna e a cronometro sono quelle in cui tra i corridori ci sono i maggiori distacchi, è quindi dove di fatto si decide il vincitore della classifica generale. Il riconoscimento per chi è in testa alla classifica generale è il più importante in ogni corsa: è la maglia rosa al Giro, quella gialla al Tour. Quelli che puntano a ottenerla sono tanti, quelli che hanno come ragionevole obiettivo il riuscire a mantenerla fino all’arrivo dell’ultima tappa sono una decina in ogni giro.

Capitani e gregari

La divisione principale all’interno di ogni squadra, che al Giro è composta da 9 corridori, è quella tra capitani e gregari: per ciascuna squadra ci sono almeno un capitano (a volte anche due o tre) e quattro-cinque gregari. I capitani sono quelli che devono provare a vincere, i gregari quelli che devono aiutarli: il loro compito è fare in modo che il loro capitano consumi meno energie possibili durante ogni tappa, così che nei momenti decisivi possa essere al massimo della forma. I gregari portano le borracce, proteggono il capitano dal vento e se serve si mettono in testa al gruppo a “tirare”, ovvero vanno nelle prime posizioni e stabiliscono un’andatura alta, facendo anche più fatica degli altri per esempio a causa del vento che si prendono in faccia. “Tirare” serve per evitare che qualcuno provi ad andare in fuga, o in altri casi per cercare di andare più veloci di qualcuno che in fuga è già e ha quindi secondi o minuti di vantaggio sul gruppo principale.

Scalatori, velocisti e passisti

La divisione tra capitani e gregari non è così rigida: un gregario forte può trasformarsi in capitano durante un grande giro; o anche solo per una tappa, se quel percorso è particolarmente adatto alle sue caratteristiche. I ciclisti, oltre alla divisione capitano-gregario, vengono classificati anche sulla base delle cose che sanno fare meglio. Gli scalatori vanno forte in salita, i velocisti sono quelli che cercano di vincere in volata – cioè nelle ultime centinaia di metri di una tappa pianeggiante – e i passisti stanno un po’ a metà: sono quelli che vanno bene in pianura o quando ci sono salite facili e che riescono a tenere un ritmo alto per molti chilometri. Per essere scalatori serve essere magri, agili, con muscoli piccoli ma efficaci. Per essere velocisti bisogna avere molti muscoli, per sviluppare molta potenza in poco tempo. Il bello del ciclismo su strada è che i velocisti – gente come Mario Cipollini, per capirci – devono fare lo stesso percorso degli scalatori, gente che pesa 20 o 30 chili meno, con un tipo di fisico e muscoli completamente diversi. Come chiedere a Usain Bolt di fare i cento metri dopo una maratona.

Gli arrivi in salita

In una tappa con arrivo in salita i velocisti possono fare poco: devono limitarsi ad arrivare entro il tempo massimo deciso prima della partenza, e quindi cercare di non prendere troppi minuti di distacco dal primo. Quando inizia una salita particolarmente ripida o lunga, i velocisti – e quelli che quel giorno proprio non ce la fanno, perché stanchi o messi male per altri motivi – si staccano subito e pedalano al loro ritmo facendo quello che si chiama gruppetto, un gruppo di ciclisti che vuole solo arrivare in cima entro il tempo massimo.

Le volate

In una tappa di pianura in cui si prevede un arrivo in volata i capitani – alcuni sono ottimi scalatori, altri ottimi cronoman, i migliori sono ottimi in tutt’e due le cose – hanno un solo obiettivo: arrivare alla fine senza cadere e nello stesso gruppo dei loro principali avversari. Non importa chi vince. L’arrivo in volata è questione per velocisti, che hanno come obiettivo la vittoria della tappa o, alla meglio, della maglia che va a chi vince la classifica a punti (al Giro è rossa). La classifica a punti si basa sui piazzamenti, non sui distacchi.

Le fughe

Che una tappa sia con arrivo in salita, in discesa o in pianura, c’è sempre un gran gruppo di corridori che, per vari motivi, prova ad andare in fuga. Vuol dire che a un certo punto uno o più corridori fanno uno scatto, vanno avanti rispetto al gruppo principale e cercano di restarci fino alla fine. È difficile perché dietro è quasi sempre pieno di capitani che, per vari motivi, chiedono ai loro gregari di mettersi a tirare in testa al gruppo, per riprendere i fuggitivi.

La tattica

A volte, soprattutto nelle tappe di montagna, sono invece i capitani a decidere di mandare in fuga i gregari. Lo fanno per trovarseli là nel momento del bisogno, in una fase successiva della corsa. Il gregario in questo caso va e resta in fuga fino a quando da dietro il suo capitano attacca e va a sua volta in fuga. Per evitare che il capitano resti solo, il gregario lo aspetta per aiutarlo in tutti i modi possibili. Ci sono anche casi in cui sono i capitani ad attaccare e provare a andare in fuga. Sono però più rari: tutti gli altri capitani metterebbero i loro gregari a tirare per riprendere i fuggitivi, potenziali avversari nella vittoria finale del giro.

Tutto qui?

No. Di volta in volta il DS (il Direttore sportivo, una specie di allenatore) sta nell’ammiraglia – l’auto della squadra che segue i ciclisti – e cerca di fare piani, calcoli e strategie. Spesso il problema è che le strategie presuppongono che un ciclista abbia fiato e gambe per metterle in atto. La cosa bella di una corsa a tappe come il Giro è questa: per tre settimane, per cinque-sei-sette ore ogni giorno uno che punta a vincere la maglia rosa deve fare calcoli e piani e, allo stesso tempo, evitare di ammalarsi (può succedere, quando in pochi giorni si passa dai 30 gradi del sud Italia ai meno-qualcosa delle vette alpine, magari sotto la neve). Deve anche evitare di cadere, di distrarsi e lasciare troppo vantaggio ai suoi avversari, o di attaccare con troppa foga perdendo energie preziose. Il bello è che tutto questo avviene in posti in cui, con un po’ di buona volontà, ci può andare a pedalare chiunque, gratis.