Mangiare più verdura fa davvero bene all’ambiente?

Secondo una nuova ricerca, meno di quanto si immagini: non sempre ciò che ci fa bene fa bene anche al pianeta

di Peter Whoriskey - The Washington Post

(ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)
(ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)

Negli ultimi quarant’anni è diventata un’opinione condivisa la teoria secondo cui essere vegetariani sia meglio per l’ambiente. Questa idea è diventata popolare a partire dal 1971, con la pubblicazione del best-seller Diet for a Small Planet, e si è poi diffusa rapidamente: all’inizio di quest’anno è finita anche in un documento del governo statunitense sulle raccomandazioni per la dieta da seguire. Secondo la commissione che se ne è occupata: “Prove coerenti indicano che, in generale, le diete con un alto apporto di cibi vegetali – ortaggi, frutta, legumi, cereali, noci – e con un basso apporto di cibi derivati dagli animali […] sono associati a un minore impatto ambientale rispetto alla dieta seguita mediamente negli Stati Uniti”. Questa non è comunque una nozione su cui gli scienziati concordano, e alcune nuove ricerche la mettono ulteriormente in discussione.

Uno studio pubblicato questa settimana dai ricercatori della Carnegie Mellon University (CMU) dice che le raccomandazioni contenute nelle linee guida degli Stati Uniti – e che comprendono più frutta e ortaggi e meno carne – hanno un impatto ambientale maggiore rispetto a quello della tipica dieta americana. Se ci fosse un massiccio passaggio alla dieta raccomandata, ci sarebbe un aumento del consumo di energia pari al 38 per cento, quello dell’acqua aumenterebbe del 10 per cento e le emissioni dei gas serra del 6 per cento, secondo lo studio. Paul Fischbeck, docente di ingegneria alla Carnegie Mellon University, ha detto di essere stato sorpreso dai risultati: “Ci aspettavamo l’esatto contrario”.

Le scoperte sulla dieta raccomandata dal governo, che i ricercatori stessi definiscono “forse controintuitive”, originano dal fatto che una dieta “salutare” comprende una maggiore quantità di frutta, ortaggi, latticini e pesce, che hanno in proporzione un impatto ambientale ampio se confrontato con altri cibi, come quelli con zuccheri aggiunti. Fishbeck dice che “non si può dire semplicemente che una dieta vegetariana riduca la produzione di anidride carbonica, come pensano molte persone”.

La ricerca della Carnegie Mellon è stata finanziata dalla Colcom Foundation e dallo Steinbrenner Institute for Environmental Education and Research della Carnegie Mellon University. Si tratta di uno studio che ricalca altre ricerche sul tema, ma non sarà comunque sufficiente per smontare alcuni luoghi comuni sugli effetti dell’essere vegetariani sull’ambiente.

I vegetariani hanno un punto dalla loro parte, al di là delle loro motivazioni etiche legate alle sofferenze degli animali: gli scienziati da entrambe le parti concordano sul fatto che mangiare carne bovina – ma non altri tipi di carni – abbia un effetto deleterio sull’ambiente. A causa della grande quantità di mangimi e di terra necessari per produrre un chilo di carne, così come il metano prodotto da ogni animale, l’assunzione di carne bovina ha conseguenze significative sull’ambiente, in particolare in termini di emissioni di gas serra. L’impatto della produzione di carni bovine è enorme rispetto a quello dovuti alla produzione di altre carni e prodotti caseari.

Sei diversi studi, citati dal comitato che si è occupato delle raccomandazioni sulla dieta negli Stati Uniti, hanno indicato che le diete con meno carne sono effettivamente migliori per l’ambiente. Per fare un esempio, i ricercatori della Cornell University nel 2003 hanno scritto che “il sistema alimentare basato sulla carne richiede più energia, più territorio e più acqua rispetto a una dieta a base di latticini e vegetali”.

Ci sono però altre ricerche che richiamano invece le conclusioni cui sono arrivati quelli della Carnegie Mellon, suggerendo che le diete con meno carne non portino necessariamente a benefici per l’ambiente. Per esempio, uno studio del 2013 pubblicato da un gruppo di ricercatori francesi dice che alcune diete “basate su grandi quantità di cibi derivati dalle piante” portano a emissioni più alte di gas serra: “Il nostro risultato sembra quindi contraddire la visione ampiamente diffusa secondo cui le diete che sono buone per la salute lo sono anche per il pianeta”.

Ma come mai gli scienziati sono arrivati a conclusioni così diverse? Le cause sono illuminanti.

Semplificando, le ricerche di questo tipo consistono nel sommare insieme le quantità di emissioni stimate per la produzione, il trasporto e la vendita dei singoli cibi compresi in una dieta. Per esempio, lo studio della Carnegie Mellon comprende calcoli del consumo stimato di acqua e di energia e la conseguente produzione di gas serra per diversi tipi di cibo, confrontandolo con l’impatto ambientale causato da altre diete.

Uno dei motivi per cui gli studi variano è dovuto al fatto che gli scienziati hanno fatto ipotesi di vario tipo sui cibi che fanno parte di ogni dieta analizzata, e questo è un punto critico. L’impatto ambientale di un determinato cibo rispetto a un altro varia enormemente e di conseguenza i risultati di queste ricerche differiscono molto a seconda che si tratti di una dieta a base di carne o vegetariana.

In alcuni casi gli effetti dei cibi sull’ambiente sono l’opposto di ciò che si potrebbe immaginare: prendendo le calorie come parametro, la produzione della lattuga porta a emissioni di gas serra comparabili a quelle per la produzione di carne bovina, secondo la ricerca della CMU; la lattuga porta alla produzione di tre volte tanto i gas serra di quelli della carne di maiale. Anche nel caso del pesce fresco l’emissione di gas serra è sorprendentemente alta. Proprio perché ogni cibo ha un impatto così diverso, piccoli cambiamenti nella dieta analizzata possono influenzare molto i risultati della ricerca. Per esempio, ridurre il consumo di carne di maiale e aumentare quello di lattuga potrebbe essere salutare per la vostra salute ma porterebbe a emissioni più alte.

Un altro importante motivo che spiega risultati così diversi tra loro è che alcune ricerche considerano solo i costi ambientali legati a ciò che le persone mangiano effettivamente. Ma una parte considerevole di cibo viene buttata, e per avere un quadro più completo anche questo dovrebbe essere tenuto in considerazione. Se si comprendono gli sprechi per frutta e verdura, alimenti che tendono ad andare a male rapidamente, i costi ambientali aumentano. Secondo Fishbeck e la sua collega Michelle Tom, circa il 40 per cento della frutta coltivata non viene sfruttato, contro il 33 per cento della carne.

I dati sugli effetti ambientali degli alimenti sono comunque molto complicati da misurare, cambiano molto a seconda dei luoghi e c’è ancora un’ampia incertezza scientifica sulle ricerche che se ne occupano. Ma in tutto questo, sembrano comunque esserci alcuni chiari indizi. Il primo: non è necessariamente vero che ciò che fa bene a te faccia bene anche all’ambiente. Per fare un esempio su tutti: gli ingredienti contenuti nel cibo spazzatura – come zuccheri aggiunti e grassi saturi – hanno un impatto ambientale basso, secondo le stime della CMU. Il secondo: le scelte che fate quando preparate la cena hanno conseguenze sull’ambiente, ma non sono così dirette e semplici come potreste pensare.

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