La legge sulle unioni civili arriva al Senato

Ma solo per la relazione, al momento: sarà discussa probabilmente dopo la sessione di bilancio, il voto finale dovrebbe arrivare nel 2016

(JUAN MABROMATA/AFP/Getty Images)
(JUAN MABROMATA/AFP/Getty Images)

Mercoledì 14 ottobre alle 9.30 la seduta del Senato si è aperta con la relazione del presidente della commissione Giustizia sui lavori relativi ai disegni di legge sulle unioni civili: la conferenza dei capigruppo ha indicato come testo base il disegno di legge numero 2081, a prima firma della senatrice Cirinnà. Il ddl è stato portato in aula senza relatore, ha detto il PD, a causa dell’ostruzionismo in commissione: ma oggi sarà incardinato – «e basta», ha aggiunto il capogruppo Zanda. Una data per l’inizio della discussione non è stata ancora definita e sarà necessario attendere almeno la fine della sessione di bilancio sulla legge di stabilità: probabilmente novembre. Il voto finale, secondo diversi giornali, non arriverà prima di gennaio 2016, ma Zanda ha ipotizzato che si possa svolgere comunque entro la fine del 2015.

Il testo base della discussione (ma saranno in totale circa 14 testi diversi, quelli portati al Senato) è il cosiddetto Cirinnà bis, presentato dalla maggioranza lo scorso 6 ottobre. Il nuovo testo è stato presentato per aggirare l’opposizione di alcuni senatori in commissione Giustizia, dove il precedente ddl (il primo Cirinnà) era bloccato da mesi a causa di due motivi: il duro ostruzionismo di Nuovo Centro Destra e le resistenze dell’area cattolica del PD. Almeno questo secondo punto sembra essere stato risolto. Il secondo testo è molto simile al primo e le differenze sono minime.

Il ddl è diviso in due capi: il primo capo, all’articolo 1, introduce nell’ordinamento italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso «quale specifica formazione sociale, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione». Il testo ripropone in sostanza un emendamento al primo testo già approvato in commissione Giustizia e ribadisce quindi la netta separazione semantica tra “nuove” unioni e matrimonio, secondo le richieste di diversi cattolici del PD: cancella ogni riferimento al matrimonio e di conseguenza qualsiasi riferimento all’articolo 29 della Costituzione. La nuova legge introdurrà di fatto un nuovo istituto di diritto di famiglia, distinto dal matrimonio ma a esso equivalente.

All’articolo 2 si prevedono la costituzione dell’unione civile davanti all’ufficiale dello stato civile, la possibilità di scegliere un «cognome comune» e si dice che la registrazione dell’unione stessa può avvenire fra gli altri atti dello stato civile: non sarà quindi istituito uno speciale registro. Gli articoli 3 e 4 estendono alle unioni civili tutti i diritti e i doveri del matrimonio, compresi quelli che hanno a che fare con i rapporti patrimoniali: la reversibilità delle pensioni, gli sgravi fiscali, i permessi di lavoro per motivi di famiglia e così via.

L’articolo 5 rappresenta il principale motivo di opposizione all’interno della maggioranza di governo, cioè tra PD e NCD. Nell’articolo 5 si parla di step child adoption, cioè la possibilità di adottare il figlio del partner. Viene esclusa l’applicabilità dell’istituto dell’adozione legittimante: per le coppie dello stesso sesso unite civilmente non sarà possibile, quindi, adottare bambini che non siano già figli di uno dei o delle componenti della coppia. Sono contrari alla step child adoption soprattutto i deputati di Area Popolare (UdC e NCD), ma anche diversi centristi di Scelta Civica. Angelino Alfano e Renato Schifani hanno parlato della questione delle adozioni come di un punto “insuperabile”. I cattolici del PD hanno comunque presentato un emendamento per introdurre l’affido al posto dell’adozione. Tutta la discussione intorno al cosiddetto “utero in affitto”, cioè alla surrogazione di maternità, è invece chiaramente fuori luogo: il ddl non dice nulla a riguardo, lasciando quindi in vigore i divieti della legge 40 del 2004 (nonostante si tratti di una legge criticatissima e mutilata negli anni da diverse sentenze della Corte costituzionale).

Il capo II del ddl si occupa di convivenza di fatto, sia eterosessuale che omosessuale, e recepisce nell’ordinamento legislativo «le evoluzioni giurisprudenziali già consolidate nell’ambito dei diritti e dei doveri delle coppie conviventi». Il testo prevede anche alcune deleghe affidate al governo per intervenire e apportare correzioni entro 24 mesi dalla data di approvazione, «per mezzo di decreti correttivi».