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  • Lunedì 2 febbraio 2015

L’espiazione di Luis Suárez

Un articolo della rivista online Ultimo Uomo – in un formato interattivo e ben curato, che ha richiesto due mesi di lavoro – sulla storia del famoso calciatore che morse Chiellini ai Mondiali

La rivista online Ultimo Uomo – che si occupa di sport e cultura pop – ha pubblicato un articolo su Luís Suárez, il calciatore uruguaiano del Barcellona che la scorsa estate è diventato famoso anche per chi non sa niente di calcio dopo il morso dato a un giocatore italiano durante una partita dei Mondiali. Suárez è un gran personaggio del calcio contemporaneo e la sua storia è ricca e letteraria; Ultimo Uomo ci ha costruito sopra un articolo che mette insieme due grandi tendenze recenti del giornalismo statunitense, la pubblicazione di articoli molto lunghi (il cosiddetto long-form journalism) e quella dei reportage interattivi, inaugurata dall’ormai famoso “Snow Fall” del New York Times, pubblicato nel 2012 e premiato con un Pulitzer l’anno successivo.

L’articolo dell’Ultimo Uomo – che si intitola “Espiazione” ed è scritto da Fabrizio Gabrielli – è molto lungo, quasi quanto un breve libro, è diviso in dieci sezioni, arricchito di video e grafici interattivi e contenuti diversi, e impaginato con grande accuratezza estetica e grafica. “Espiazione” ha richiesto due mesi di lavoro: oltre a Gabrielli, ci hanno lavorato anche un designer, un’illustratrice e un programmatore, sotto la supervisione di un “produttore”.

Quando Luís Enrique lo introduce ai nuovi compagni di squadra del Barcellona lo fa pronunciando la frase «Bene, l’hanno finalmente lasciato uscire da Guantanamo per essere con noi, qui, oggi, ad allenarsi». Luís Suárez a questo punto della sua carriera sa già meglio di ogni altro calciatore suo coetaneo cosa significhi scendere e risalire dall’inferno. Solo nell’ultimo anno, il 2014, è caduto e si è rialzato tre volte, con sempre maggiore fatica e sforzo; non si può dire come un Cristo perché nessuno lo considera un Messia. Neppure i suoi stessi tifosi. È ambiguo, discusso e per di più testardo fino alla recidività. Un peccatore seriale che si è guadagnato, nel tempo, la nomina di tuffatore, razzista, violento.

Il primo crollo di Suárez nel 2014 è stato endemico all’organismo di cui faceva parte, corale: al suo Liverpool è scivolata di mano in maniera rocambolesca l’opportunità forse irripetibile di tornare a vincere in Premier League. Il secondo crollo è stato fisico: a metà maggio avverte un forte dolore al ginocchio in allenamento e la diagnosi è implacabile: infortunio al menisco, da operare. Il fatto è che Suárez è reduce da una stagione strepitante, se non strepitosa: è stato votato miglior giocatore dalla Professional Footballers Association ed è uno dei più attesi alla Coppa del Mondo in Brasile. Alla quale, al momento dell’infortunio, manca poco più di un mese.

Prima del Mondiale c’è grande fermento sulle rive del Rio del Plata: in Avenida Brasil, a Montevideo, tutti i numeri sono stati cambiati, adesso ogni palazzo si trova al civico 1950, la data del Maracanazo, dell’ultima vittoria Celeste a un Mondiale. L’Uruguay si presenta con una generazione di calciatori finalmente matura, dopo il quarto posto nel 2010, pronta per compiere qualcosa per cui essere ricordati. Suárez non può mancare. A nessun costo. Viene operato al ginocchio dal fratello di Enzo Francescoli, uno dei giocatori più significativi della storia calcistica recente dell’Uruguay. Dopo l’intervento inizia un percorso di recupero che è una corsa contro il tempo, e una rincorsa al miracolo.

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