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  • Giovedì 25 dicembre 2014

Il complicato Natale dei cristiani in Cina

Nella provincia di Zhejiang le celebrazioni natalizie sono state vietate, a Xi'an un'università ha vietato agli studenti di festeggiare il Natale: non sono i primi atti ostili

Young Chinese worshippers attend the Christmas Eve mass at a Catholic church in Beijing on December 24, 2014 as Christians around the world prepare to celebrate the holy day. AFP PHOTO / FRED DUFOUR (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)
Young Chinese worshippers attend the Christmas Eve mass at a Catholic church in Beijing on December 24, 2014 as Christians around the world prepare to celebrate the holy day. AFP PHOTO / FRED DUFOUR (Photo credit should read FRED DUFOUR/AFP/Getty Images)

Un’università nel nord-ovest della Cina – il Modern College di Xi’an, nella provincia di Shaanxi – ha vietato ai suoi studenti di festeggiare il Natale, definendolo una celebrazione estranea alle tradizioni del paese. I dirigenti del Modern College hanno obbligato gli studenti a guardare tre ore di film di propaganda – ha detto uno studente all’emittente statale Beijing News – inclusa una proiezione riguardante la storia del noto filosofo cinese Confucio. Un sito di microblogging appartenente a uno dei comitati del Partito Comunista presenti all’università ha pubblicato un invito chiedendo agli studenti di “non farsi tentare dagli stranieri” e di prestare invece più attenzione alle festività tradizionali cinesi, tra cui il Festival di Primavera. Nel messaggio, scrive il Guardian, si legge: «Ai loro occhi [di chi si fa tentare, ndr], l’Occidente è molto più sviluppato della Cina. Loro pensano che le festività dell’Occidente siano più eleganti delle nostre e che siano più alla moda e di tendenza».

Negli ultimi giorni in diverse zone della Cina ci sono stati incidenti di vario tipo che hanno coinvolto le comunità di cristiani cinesi. Il 23 dicembre, ha raccontato Associated Press, una congregazione di cristiani di Wenzhou, una città della Cina orientale, ha tentato di issare una croce in cima a una chiesa locale, dopo che la stessa croce era stata rimossa forzosamente a ottobre. Nel giro di un’ora, alcuni funzionari locali hanno raggiunto la chiesa e hanno buttato giù di nuovo la croce. A Wenzhou, come in tutta la provincia orientale cinese di Zhejiang, le celebrazioni del Natale sono state vietate. Negli ultimi mesi le autorità provinciali hanno rimosso le croci di più di 100 chiese e alcuni luoghi considerati sacri sono stati distrutti. Wenzhou è conosciuta anche come la “Gerusalemme cinese”, perché nel suo territorio si trovano metà delle 4mila chiese di tutta la provincia.

In agosto il Partito Comunista Cinese aveva convocato una riunione di pastori e studiosi delle religioni per diffondere una specie di “editto” secondo cui la fede cristiana cinese non deve avere influenze esterne, ma deve “adattarsi alla Cina” (ovvero adattarsi alle leggi e alle interpretazioni del Partito Comunista). In Cina ci sono ufficialmente circa 23 milioni di cristiani, ma molti credono che si tratti di stime molto conservative e che il numero reale sia di circa 100 milioni (gli iscritti al Partito Comunista Cinese sono circa 85 milioni di persone).

In questi ultimi anni il Partito Comunista Cinese ha ricominciato a guardare con crescente diffidenza al cristianesimo e i valori occidentali che rappresenta: il cristianesimo in pratica viene percepito sempre di più come una minaccia alla tendenza centralizzatrice del potere del Partito Comunista. Il governo centrale di Pechino ha cominciato allora a dare maggiore sostegno alle altre religioni, soprattutto quelle percepite come “indigene”. A marzo il presidente cinese Xi Jinping aveva elogiato il buddismo per il contributo che ha dato alla Cina, mentre alla fine dello scorso anno, durante una visita alla casa di Confucio, aveva preso due volumi sul confucianesimo e – andando contro all’antagonismo che da sempre esprime il Partito Comunista – aveva fatto una specie di endorsement pubblico dicendo: «Ho bisogno di leggere questi libri molto attentamente».