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  • Domenica 19 ottobre 2014

Non credere alla versione di Putin

Perché è falsa, scrive Anne Applebaum su Slate: la crisi in Ucraina non è colpa dell'espansionismo europeo, ma del fatto che abbiamo sottovalutato il nazionalismo russo

di Anne Applebaum - Slate

Russian President Vladimir Putin gestures as he speaks during a press conference after the 10th Asia-Europe Meeting (ASEM) on October 17, 2014 in Milan. Ukraine reported progress on October 17 on its gas dispute with Russia, raising hopes of an EU-backed resolution of the broader conflict between the Soviet-era allies that has left 3,600 people dead since March. The announcement caused some surprise after a first round of talks early in the day between Putin, Ukraine President Petro Poroshenko, and leaders from Britain, France, Germany, Italy and the EU showed them to be on completely different wavelengths. AFP PHOTO / VASILY MAXIMOV (Photo credit should read VASILY MAXIMOV/AFP/Getty Images)
Russian President Vladimir Putin gestures as he speaks during a press conference after the 10th Asia-Europe Meeting (ASEM) on October 17, 2014 in Milan. Ukraine reported progress on October 17 on its gas dispute with Russia, raising hopes of an EU-backed resolution of the broader conflict between the Soviet-era allies that has left 3,600 people dead since March. The announcement caused some surprise after a first round of talks early in the day between Putin, Ukraine President Petro Poroshenko, and leaders from Britain, France, Germany, Italy and the EU showed them to be on completely different wavelengths. AFP PHOTO / VASILY MAXIMOV (Photo credit should read VASILY MAXIMOV/AFP/Getty Images)

Guardando all’ultimo quarto di secolo non è facile trovare una politica adottata dall’Occidente che abbia avuto davvero successo. L’impatto degli aiuti allo sviluppo verso i paesi del terzo mondo, ad esempio, è quantomeno discutibile, mentre l’interventismo in Medio Oriente è stato disastroso. Ce però un settore dove l’Occidente è riuscito a raggiungere risultati fenomenali: l’integrazione dell’Europa centrale e degli stati baltici all’interno dell’Unione Europea e nella NATO. Grazie a questo doppio progetto più di novanta milioni di persone nel corso degli ultimi vent’anni hanno potuto beneficiare di una relativa sicurezza e prosperità, in una regione la cui cronica instabilità ha contribuito a causare due guerre mondiali.

Le due espansioni sono state parallele, ma non identiche (alcuni paesi sono membri della NATO, ma non dell’UE e viceversa): e sono state importanti perché non si sono sviluppate da balzi improvvisi, ma da un processo lento e negoziato. Prima di entrare nella NATO, ogni paese ha dovuto stabilire un controllo del potere civile su quello militare. Prima di entrare nell’Unione Europea, ogni stato ha dovuto adottare leggi sul commercio, sulla giustizia e sul rispetto dei diritti umani. Il risultato è stato che questi paesi sono diventati democrazie. È stata la più grande operazione di promozione della democrazia che si sia mai vista nella storia.

Ma i tempi cambiano e la miracolosa trasformazione di una regione storicamente instabile è diventata una monotona realtà a cui nessuno fa più caso. Invece che celebrare questa conquista nel 25° anniversario della caduta del muro di Berlino, oggi va di moda sostenere che le due espansioni, e quella della NATO in particolare, sono state un errore. Oggi vengono ricordate come il risultato del “trionfalismo” americano che in qualche modo ha umiliato la Russia portando le istituzione occidentali nel suo vicinato. Si tratta di una tesi che di solito è basata su una lettura revisionista della storia promossa dal regime russo. Ed è una lettura sbagliata.

Ricordiamo alcuni fatti: nessun trattato che proibisse l’espansione della NATO è mai stato firmato dalla Russia. Nessuna promessa è mai stata infranta dalla NATO. L’impeto di espansione della NATO non arrivava dal trionfalismo dagli Stati Uniti, ma dagli stessi paesi dell’Europa centrale. Il primo tentativo della Polonia di entrare nella NATO nel 1992 fu respinto. Mi ricordo bene la reazione arrabbiata dell’ambasciatore americano a Varsavia a quel tempo. Ma la Polonia e altri paesi insistettero, precisamente perché già intravedevano i primi segni del revanscismo russo che presto sarebbe arrivato.

Quando l’espansione, prima lenta e cauta, cominciò ad accelerare, furono fatti sforzi costanti per rassicurare la Russia. Nessuna base NATO venne piazzata nei nuovi paesi membri e fino al 2013 nessuna esercitazione militare venne condotta in Europa centrale. Un accordo Russia-NATO nel 1997 assicurò che non ci sarebbero stati spostamenti ad est di installazioni nucleari, mentre un consiglio NATO-Russia venne istituito nel 2002. In risposta alle obiezioni russe, Ucraina e Georgia si videro negato l’accesso alla NATO nel 2008.

Nel frattempo, non soltanto la Russia non fu umiliata, anzi: le venne dato lo status di “grande potenza”, insieme al posto che fu dell’Unione Sovietica nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU e le ambasciate che erano state dell’URSS. La Russia ricevette le armi armi nucleari sovietiche, alcune delle quali furono trasferite dall’Ucraina nel 1994 in cambio del riconoscimento dei suoi confini. I presidenti Clinton e Bush trattarono la Russia come una “grande potenza” di pari livello, invitandola al G-8 anche se la Russia non aveva una grande economia e non era una democrazia, ed era quindi senza i requisiti per partecipare ai vertici.

Durante questo periodo, la Russia, a differenza dell’Europa centrale, non cercò mai di trasformarsi avvicinandosi all’Europa. Invece un ex ufficiale del KGB (i servizi segreti sovietici) con legami espliciti con il sistema sovietico – ovvero l’attuale presidente Vladimir Putin – si prese l’intero stato in collaborazione con la criminalità organizzata. In questi anni ha cercato di prevenire la formazione di istituzioni democratiche nel suo paese e ne ha minato la nascita all’estero. Nel corso degli ultimi dieci anni questa banda di cleptocrati ha anche tentato di ricreare un impero usando qualsiasi strumento a sua disposizione: come gli attacchi informatici in Estonia e l’invasione di Georgia e Ucraina, in aperta violazione degli accordi del 1994 – esattamente quello che i paesi dell’Europa centrale temevano.

Se guardiamo a quello che è accaduto davvero negli ultimi vent’anni, senza accettare la versione del regime russo, i nostri stessi errori ci sembrano differenti. Nel 1991, la Russia non era più una grande potenza, né in termini di popolazione né in termini economici. Quindi perché non riformammo l’ONU, dando il seggio al Consiglio di Sicurezza che era stato dell’URSS all’India, al Giappone o a qualcun altro? La Russia non si trasformò in un paese europeo. Perché continuiamo a fare finta che lo abbia fatto? Il nostro usare la parola “democrazia” per descrivere il sistema politico russo discredita la stessa parola anche in Russia.

La crisi in Ucraina e la prospettiva di un’ulteriore crisi con la NATO stessa non è il risultato del trionfalismo americano, ma del fallimento nel reagire alla retorica aggressiva della Russia e alla sua spesa militare. Perché non abbiamo spostato le basi NATO più a est dieci anni fa? Il nostro fallimento ha causato un crollo della fiducia nei paesi dell’Europa centrale. Paesi che una volta erano felici di contribuire all’alleanza ora sono spaventati. Una serie di provocazioni russe sta innervosendo la regione del baltico: aerei russi che violano lo spazio aereo svedese, e il rapimento di un ufficiale estone.

Il nostro errore non è stato umiliare la Russia, ma sottovalutare il suo revanscismo. Se l’unica vera conquista occidentale del passato quarto di secolo è in pericolo lo è a causa del fallimento da parte della NATO nel fare quello che avrebbe sempre dovuto fare: deterrenza. La deterrenza non è una politica aggressiva, ma difensiva. Ma per funzionare deve essere reale. Richiede investimenti, consolidamento e appoggio da tutti i paesi occidentali e specialmente da parte degli Stati Uniti. Sono felice di incolpare il trionfalismo americano di molte cose, ma in Europa avrei voluto che ce ne fosse di più.

@Slate