Come si sceglie il nome di un font

Tobias Frere-Jones, uno dei grafici più importanti al mondo, dice che è la parte più difficile del suo lavoro: uno "slogan pubblicitario composto da una sola parola"

Tobias Frere-Jones è un importante grafico e designer statunitense di font, cioè i caratteri tipografici accomunati da un certo stile grafico. Poco più di una settimana fa Frere-Jones ha pubblicato un post sul suo blog per raccontare una delle parti più difficili del suo lavoro – secondo lui la più difficile – che è anche una cosa molto curiosa e poco nota: come si sceglie il nome di un nuovo font. L’evoluzione dei font, come del resto della grafica applicata ad altri campi, ha subìto grossi cambiamenti nel corso degli ultimi secoli: oggi per esempio ci aspettiamo che il nome di un font ne enfatizzi la “personalità”, piuttosto che la sua struttura (come si vede scorrendo i migliori font scelti del 2013 dal sito Typographica). In passato non è stato sempre così.

Per secoli chi usava il punzone in tipografia – una specie di parallelepipedo in acciaio sulla cui testa era inciso in rilievo e a rovescio un segno tipografico – si muoveva all’interno di un gruppo molto ristretto di generi di caratteri: i nomi che venivano attribuiti a ciascun genere venivano accompagnati da un numero che definiva la variabile rimanente, la dimensione. In pratica, se c’erano diverse versioni del font “Roman”, queste si differenziavano utilizzando semplicemente dei numeri (“Roman No. 2” e “Roman No. 1”: le minime differenze sono visibili nell’immagine qui sotto, una di quelle che Frere-Jones ha pubblicato sul suo sito per spiegare la storia dei font), perché nessun elemento particolare veniva introdotto per distinguere le une dalle altre. Chi usava diversi tipi di caratteri aveva solo bisogno di sapere quale era più pesante e quale più leggero; oppure distinguere tra più ampio o più stretto, e così via.

Long Primer

Con la Rivoluzione industriale le cose cominciarono a cambiare: iniziò a emergere un nuovo mercato della pubblicità, che rese il vocabolario dei font insufficiente per descrivere le novità grafiche che si stavano introducendo. Divenne necessario introdurre nuovi termini, che però dovevano essere capiti da coloro che ne facevano richiesta: resistette quindi l’idea di mantenere una certa equivalenza tra i vari nomi, e regole piuttosto precise che identificassero per lo meno dei “generi” di font (per esempio, “Latin” cominciò a indicare qualcosa con terminazioni triangolari appuntite). Fino alla metà del Diciannovesimo secolo, per soddisfare le esigenze di equivalenza, i nomi dei font divennero una specie di lista degli ingredienti: “Gothic Condensed No. 7” descriveva esattamente di cosa si trattava. Frere-Jones scrive che era un po’ come “uova sbattute e pancetta”: il nome indicava già le caratteristiche principali del soggetto indicato.

Gothic Condensed No. 7

Dalla seconda metà del Diciannovesimo secolo i font cominciarono a essere indicati con dei “sostantivi”, invece che con degli “aggettivi”: fu un cambiamento molto importante, perché con i sostantivi ci si riferiva a un tipo di carattere unico, mentre con gli aggettivi a un genere più ampio. I primi, scrive Frere-Jones, furono probabilmente “Albert Edward” e “Lord Mayor”, ideati a Londra da J. & R. Wood: erano nomi che fino a quel momento non avevano avuto alcun tipo di connessione con la tipografia.

Albert Edward

I nuovi nomi di font si imposero piuttosto rapidamente come simbolo della modernità, anche se alcuni tipi di carattere – come Gothic Condensed No.2 – mantennero il loro vecchio nome nel corso del Ventesimo secolo. Oggi l’analogia con gli ingredienti di un elenco – “uova sbattute con pancetta” – non sta più in piedi. Nomi come “Monte Cristo” o “Reuben” non indicano alcuna caratteristica specifica, quanto piuttosto la personalità di quel tipo di carattere. Il nome di un font è ora parte del progetto grafico in sé, piuttosto che una descrizione retrospettiva delle sue caratteristiche: è uno “slogan pubblicitario composto da una sola parola”, scrive Frere-Jones, che serve a costruire un’idea e un fascino da associare a quel tipo di carattere.