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  • Mercoledì 1 ottobre 2014

La difesa di Radovan Karadžić

L'ex presidente della repubblica serbo bosniaca sarà giudicato nei prossimi mesi all'Aja: e in questi giorni ha di nuovo respinto le accuse di genocidio e si è detto "amico dei musulmani"

Bosnian Serb wartime leader Radovan Karadzic appears in the courtroom for his appeals judgement at the International Criminal Tribunal for Former Yugoslavia (ICTY) in The Hague, The Netherlands, on July 11 2013. AFP PHOTO/ POOL/MICHAEL KOOREN (Photo credit should read MICHAEL KOOREN/AFP/Getty Images)
Bosnian Serb wartime leader Radovan Karadzic appears in the courtroom for his appeals judgement at the International Criminal Tribunal for Former Yugoslavia (ICTY) in The Hague, The Netherlands, on July 11 2013. AFP PHOTO/ POOL/MICHAEL KOOREN (Photo credit should read MICHAEL KOOREN/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni si sono svolte le arringhe finali del processo tenuto dall’ONU contro Radovan Karadžić, ex presidente della “Repubblica Serba di Bosnia” durante la cosiddetta guerra di Bosnia, nella quale fra il 1992 al 1995 morirono più di 100mila persone (i militari serbo bosniaci, che attaccarono musulmani e croati per espellerli da quelli che reclamavano come propri territori, sono considerati responsabili dei crimini di guerra peggiori). Nel processo, in corso dal 2009 a L’Aja, nei Paesi Bassi, a Karadžić sono contestati undici capi di accusa, fra cui quelli di genocidio per la strage di Srebrenica, nella quale nel luglio 1995 l’esercito serbo bosniaco uccise più di ottomila persone. Karadžić è anche accusato di avere organizzato l’assedio di Sarajevo, che causò 10mila morti fra l’aprile del 1992 e il febbraio del 1996. L’accusa ha chiesto che Karadžić venga condannato all’ergastolo. Il verdetto, secondo le diverse ipotesi che circolano, sarà emesso entro il 2014 o nel 2015.

Karadžić, che ha deciso di difendersi da solo e ha consegnato una memoria difensiva di 874 pagine, ha spiegato di considerare le sue azioni quelle di un leader patriottico che ha dovuto lottare per proteggere l’identità serba. Karadžić si è detto innocente e ha definito il tribunale una creazione dell’Occidente per accanirsi sui serbi.

Riguardo Srebrenica, Karadžić ha detto che ai tempi della strage non era a conoscenza dell’uccisione di migliaia prigionieri di fede musulmana – che ha definito «un atto tremendo» – e ha contestato la stessa definizione di “genocidio” formulata dall’accusa, spiegando che dietro alla strage non c’era nessun piano di eliminare completamente i bosniaci musulmani, di cui anzi si è definito «un vero amico»: «Nessuno tra i leader serbi voleva fare del male a musulmani o croati» (nella guerra fu coinvolta anche la Croazia). Secondo l’accusa, invece, il processo ha dimostrato «la politica di pulizia etnica» portata avanti da Karadžić nei confronti dei bosniaci musulmani che abitavano in territori reclamati dalla repubblica serbo bosniaca. 

Il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, costituito dall’ONU nel 1993, lo accusò di essere responsabile di persecuzione nei confronti della minoranza musulmana nel 1995. Karadžić scappò, e diventò latitante. Fu arrestato il 21 luglio 2008 mentre si trovava a bordo di un autobus a Belgrado sotto la falsa identità di un militare bosniaco, che in realtà era morto in guerra: negli anni prima aveva lavorato come «guaritore new age».

Oltre a quello di Karadžić, è ancora in corso al Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia il processo a un altro dei maggiori responsabili dei crimini di guerra compiuti dai serbi bosniaci: Ratko Mladić, che nominato da Karadžić capo dell’esercito dei serbo bosniaci comandò l’assedio di Sarajevo ed è tuttora accusato di essere il principale responsabile del massacro di Srebrenica.

foto: MICHAEL KOOREN/AFP/Getty Images