Cosa sta succedendo in Senato

Quasi niente di concreto, e questo è il problema: la legge sulle riforme costituzionali avanza molto lentamente, tra ostruzionismi, irritazioni di Napolitano e fermezza di Renzi

Aggiornamento delle 18.30: l’assemblea dei capigruppo del Senato ha deciso di adottare la cosiddetta pratica della “tagliola”: ogni gruppo avrà cioè a disposizione un numero limitato di ore per gli interventi dei propri senatori sul disegno di legge, alla fine delle quali – comunque non oltre l’8 agosto – si terrà il voto sulla riforma.

***

Mercoledì 23 luglio in Senato sono iniziate le votazioni per l’approvazione del disegno di legge costituzionale sulle riforme, l’ambizioso progetto per modificare il funzionamento di numerose istituzioni a partire dallo stesso Parlamento, che è previsto abbandonare il meccanismo del bicameralismo perfetto dove entrambe le camere hanno sostanzialmente le stesse funzioni.
Il progetto di riforme, fortemente voluto dal governo Renzi e sul quale lo stesso Renzi ha investito gran parte del senso del suo mandato con il sostegno del presidente Napolitano, ha estese opposizioni trasversali: sia tra le parti politiche avverse al Partito Democratico, combattute tra opposizioni di parte o di sostanza e consensi sulle riforme, sia all’interno di una minoranza combattiva del PD.

Le votazioni sono quindi procedute molto a rilento a causa dei circa 7.850 emendamenti da esaminare, presentati in buona parte da partiti come SEL e M5S che cercano di fare ostruzionismo perché contrari a molte delle nuove regole contenute nel disegno di legge. In tutta la giornata di mercoledì sono stati votati, e bocciati, solamente 3 emendamenti e a questi ritmi c’è la possibilità che il Senato non faccia in tempo a votarli tutti entro l’inizio della sua pausa estiva, prevista per l’8 agosto, e l’eventuale approvazione – ammesso si ottenga – abbia tempi ancora più lunghi, con nuove complicazioni per il calendario di risultati promesso a suo tempo da Renzi.

Le riforme
Il testo di legge base approvato dalla commissione Affari costituzionali del Senato prevede numerosi cambiamenti per il modo in cui sono organizzate le istituzioni parlamentari, e non solo.

– Senato organizzato diversamente dall’attuale e composto da 100 senatori, cinque dei quali nominati dal Capo dello Stato e gli altri 95 dai consigli regionali (74 consiglieri e 21 sindaci). Alle elezioni politiche si vota quindi solo per la Camera dei Deputati.

– Il nuovo Senato sarà una “camera delle autonomie” e avrà quindi funzioni ridotte rispetto all’attuale, si occuperà di cose diverse e non voterà la fiducia al governo, prerogativa che resterà solo della Camera.

– A fronte della riduzione del numero di senatori da 315 a 100, non ci sarà una riduzione dei deputati che resteranno 630.

– Sono previste modifiche al Titolo V, la parte della Costituzione che si occupa dei rapporti tra stato e amministrazioni locali, con il ritorno a una gestione centrale e più coordinata delle scelte in tema di sanità e di turismo, per esempio.

– Per l’elezione del presidente della Repubblica è richiesta una maggioranza qualificata per i primi 8 scrutini, all’elezione non partecipano più i 58 consiglieri regionali, perché ci saranno già i nuovi senatori come rappresentanti delle regioni.

– Per i referendum abrogativi sarà necessario presentare 800mila firma e non più 500mila come avviene oggi. Il quorum scatta se va a votare la metà del numero dei votanti alle ultime politiche.

Puntate precedenti
Ci sono stati diversi episodi che hanno causato già un rallentamento del progresso della riforma: il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva dichiarato a maggio che entro il 10 giugno ci sarebbe stato il primo voto in Senato sulla riforma. C’è stata la questione dell’ordine del giorno del relatore di minoranza Roberto Calderoli (che avevamo raccontato qui) e che era passato anche grazie all’astensione del senatore PD Corradino Mineo; quella della controversa rimozione dalla commissione dello stesso Mineo e di Vannino Chiti; quella dell’autosospensione, poi rientrata, di 14 senatori del PD; e quella, infine, sull’immunità.

Voto segreto
Il numero enorme di emendamenti e l’ostruzionismo di alcuni gruppi parlamentari di opposizione rischiano di rallentare molto i piani del governo sull’avanzamento delle riforme. Il Partito Democratico ha fatto intendere al presidente del Senato, Pietro Grasso, che vorrebbe accelerare i tempi se possibile riducendo il grande numero di votazioni in programma. Dopo avere convocato la giunta per il regolamento e in mancanza di un pronunciamento da parte dei suoi componenti, Grasso ha stabilito che sarà inevitabile procedere con il voto segreto su un certo numero di emendamenti, cosa che non è piaciuta a chi vorrebbe tempi più svelti perché il voto segreto è una procedura più lunga da svolgere in aula.

Secondo il capogruppo al Senato del PD, Luigi Zanda, si è trattato di una scelta “politica” e ha parlato di “interpretazioni forzate, artificiose e strumentali che creano solo franchi tiratori”. Le richieste di voto segreto sono in tutto 920 e lo stesso Grasso ha ammesso che si tratta di un numero “senza precedenti” e che potrà essere ridotto prendendo in considerazione solo quelle che riguardano alcuni specifici articoli del disegno di legge. Altre critiche nei confronti di Grasso sono arrivate da Nuovo Centrodestra e dagli altri partiti che sostengono il piano di riforme.

Napolitano
Per verificare l’andamento dei lavori in Senato, nel pomeriggio di mercoledì il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha incontrato Grasso al Quirinale. In seguito al loro incontro non sono state diffuse note ufficiali, ma i media riportano le preoccupazioni mostrate da Napolitano per i pochi progressi delle operazioni, e già nei giorni scorsi Napolitano aveva invitato il Parlamento a non perdere tempo e ha realizzare in tempi certi le riforme di cui si parla da anni. Sempre mercoledì, Napolitano ha incontrato una delegazione parlamentare di SEL, tra i partiti che stanno facendo più ostruzionismo in Senato. Alla fine dell’incontro Nichi Vendola ha dimostrato qualche disponibilità in più spiegando che “se ci sarà buona volontà da parte del governo, valuteremo”.

Canguri e tagliole
Per accelerare i tempi ed evitare di superare la scadenza dell’8 agosto, e quindi della chiusura estiva, si potranno utilizzare alcune soluzioni rese possibili dal regolamento del Senato. Il primo sistema è quello che negli slang della comunicazione politica viene detto “canguro”: gli emendamenti che hanno contenuti simili vengono votati insieme, il primo che viene bocciato fa fermare tutti gli altri con contenuto analogo. Grazie al canguro si potrebbero ridurre del 40 per cento le votazioni. Potrebbe poi essere deciso il ricorso alla “tagliola”, cioè il meccanismo che prevede tempi contingentati per gli interventi in aula dei diversi gruppi parlamentari, terminate le ore a disposizione si può solo votare e non fare altro. Infine, misura più estrema, ci potrebbe essere il ricorso alla “ghigliottina” che prevede l’approvazione di un provvedimento entro un giorno prestabilito: se si arriva alla data di scadenza senza avere terminato la discussione degli emendamenti si procede comunque con la votazione finale. Questo sistema viene di solito utilizzato per i decreti legge, che devono essere per forza approvati entro un certo tempo altrimenti decadono, mentre è meno praticato nel caso di disegni di legge, soprattutto se di rilevanza costituzionale.

Tempi
Il Corriere della Sera ha provato a fare qualche conto sulla base delle indicazioni date fino a ora dal presidente Grasso. Attraverso il “canguro” il numero di emendamenti da votare potrebbe essere ridotto del 40 per cento. Per votarli tutti sarebbero comunque necessarie almeno 80 ore di votazioni. I senatori dovrebbero votare tutti i giorni, festivi compresi, per almeno 5 – 6 ore al giorno per arrivare in tempo alla scadenza dell’8 agosto. Non è una cosa impossibile da fare, ma basterebbe qualche contrattempo per fare slittare tutto. Su alcuni giornali è stata evocata la possibilità di calendari straordinari e lavori anche nella pausa estiva richiesti dal governo, ma non sembrano ipotesi plausibili.

Che dice Renzi
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha spiegato che le riforme non si fermano e che sarà affrontato il problema degli emendamenti e dei tempi stretti: “Qui non molla nessuno. Quando hai la forza di milioni di italiani che dicono ‘anche se non mi sei simpatico ti voto’, quando sei a questo livello, non può esserci nessun ostacolo in grado di fermarti”.