• Sport
  • Martedì 10 giugno 2014

Che aria tira in Brasile

A due giorni dall'inizio dei Mondiali alcuni stadi hanno ancora bisogno di rifiniture, per altre infrastrutture non si farà in tempo; e tutto fa pensare che le proteste continueranno

Boys watch as another boy practices his soccer bicycle kicks at a Rio de Janeiro slum, Brazi, Monday, June 9, 2014. The 2014 Word Cup soccer tournament is set to begin in just a few days, with Brazil and Croatia playing in the opening match on June 12. (AP Photo/Felipe Dana)
Boys watch as another boy practices his soccer bicycle kicks at a Rio de Janeiro slum, Brazi, Monday, June 9, 2014. The 2014 Word Cup soccer tournament is set to begin in just a few days, with Brazil and Croatia playing in the opening match on June 12. (AP Photo/Felipe Dana)

Mancano due giorni all’inizio dei Mondiali di calcio in Brasile e ancora non si capisce bene cosa ci aspetta, al di là delle partite di calcio. Da tempo dal Brasile arrivano notizie su scioperi, scontri e proteste e molte di queste hanno a che fare con i Mondiali e le spese che hanno comportato; durante la Confederations Cup, organizzata l’anno scorso in Brasile, le manifestazioni e gli scontri ebbero frequenza quotidiana.

È interessante come si sia arrivati a far detestare a una parte importante dei brasiliani la cosa che questi più adorano – il calcio e i Mondiali di calcio – e ci sono molte possibili spiegazioni: l’enorme quantità di denaro speso per infrastrutture che non saranno utilissime dopo il torneo; i ritardi nella realizzazione delle strutture e i molti incidenti sul lavoro; il comportamento arrogante della FIFA, l’organismo di governo del calcio mondiale, che per esempio ha costretto il Brasile a cambiare alcune leggi per far comodo agli sponsor. Inoltre, come spesso accade in casi del genere, l’occasione di grande visibilità mediatica è stata sfruttata da molte categorie professionali per rivendicare richieste e diritti.

Gli stadi e le morti degli operai
Su O Globo, quotidiano con sede a Rio de Janeiro, sono elencati in un’infografica tutti gli stadi che ospiteranno i Mondiali con relativi costi, stato di avanzamento lavori e problematiche. Il Maracanà di Rio de Janeiro e il Mineirão di Belo Horizonte sono stati due dei pochi impianti ad essere stati consegnati rispettando le scadenze. Nel primo, riaperto nel 2013 dopo quasi tre anni di lavori, si giocherà la finale. L’Itaquerão, a San Paolo, ospiterà invece la partita di apertura, ma ha ancora bisogno di opere di finitura che, a questo punto, saranno fatte dopo i Mondiali: per ora sono state sistemate delle tribune provvisorie (per 17 mila posti). I ritardi sono stati causati dalla morte di tre operai durante i lavori: due sono caduti da una gru, il terzo durante l’installazione delle tribune temporanee.

Il Beira-Rio di Porto Alegre è stato inaugurato ufficialmente nel mese di aprile, ma non sono state concluse diverse opere esterne, come per esempio i marciapiedi. Ci sono ancora alcuni cantieri e anche qui si è rimediato con opere temporanee. L’Arena da Baixada a Curitiba è stato uno degli stadi più problematici: a trenta giorni dall’inizio dei Mondiali era ancora oggetto di lavori significativi e ha corso il rischio di rimanere escluso dal torneo. Diversi problemi ci sono stati anche all’Arena Pantanal di Cuiabà: il 9 maggio il ministero del Lavoro e dell’Occupazione aveva deciso il blocco dei lavori di manutenzione e di intervento sulle linee ad alta tensione a causa della morte di un operaio. La maggiore criticità dell’Arena Pernambuco a Recife è invece l’accesso, piuttosto difficile. L’Arena das Dunas a Natal è stato inaugurato nel gennaio del 2014 ma continua ad avere bisogno di alcune rifiniture.

Il primo incidente mortale sul lavoro durante i lavori negli stadi del Mondiale è avvenuto invece al Mané Garrincha (lo Stadio Nazionale di Brasilia), il secondo per dimensioni, ma il primo per i costi (circa 620 milioni di euro). L’Arena da Amazônia a Manaus è invece al primo posto per numero di morti: quattro operai durante i lavori di ristrutturazione. Ieri, lunedì 9 giugno, in un incidente a un cantiere dell’ambizioso progetto per la costruzione di una monorotaia a San Paolo, è morta una persona in seguito al crollo di una sezione della struttura. Due altri lavoratori sono rimasti feriti. La linea della monorotaia, con un percorso lungo quasi 18 chilometri, nei piani iniziali doveva essere completata per l’inizio dei Mondiali di calcio, ma i lavori sono in ritardo e non potrà essere attivata in tempo. Una volta terminata, la monorotaia collegherà l’aeroporto di San Paolo-Congonhas, utilizzato principalmente per voli interni, con tre delle cinque linee della metropolitana.

In generale si può comunque dire che tutti gli stadi previsti, sebbene con qualche criticità, saranno utilizzabili. Il problema più grande riguarda ora gli aeroporti e il sistema di trasporto agli stadi: alcune opere non sono state completate, come la monorotaia di San Paolo, e altre si teme non saranno in grado di far fronte al grande afflusso atteso di turisti e tifosi.

Le proteste
Le principali proteste che si sono svolte negli ultimi mesi in Brasile sono state causate all’enorme quantità di denaro speso per la Confederations Cup del 2013 e i Mondiali del 2014, che secondo molti sarebbe stato più utile per migliorare i servizi e affrontare la povertà e la corruzione diffuse nel paese (bisogna tenere conto anche del fatto che Rio de Janeiro organizzerà le prossime Olimpiadi estive, nel 2016). Le manifestazioni più grosse si sono tenute l’anno scorso e hanno visto la presenza di oltre un milione di persone, ma sono continuate anche nei mesi successivi, fino agli ultimi giorni.

Le mobilitazioni non hanno un leader, si sono diffuse rapidamente e hanno rivendicazioni molto diverse: partecipano soprattutto studenti, lavoratori e attivisti di sinistra. Quando sono iniziate, molti esperti di movimenti di massa hanno sostenuto che poiché le rivendicazioni erano diverse e non vi era un’organizzazione precisa a guidarle, sarebbero state destinate a proseguire e a crescere. Così è stato: nel giugno del 2013 c’è stata la protesta contro l’aumento del costo dei trasporti pubblici, poi ci sono state quelle organizzate lo scorso 15 maggio a Rio de Janeiro, Brasilia, San Paolo e Recife, poi quelle degli indigeni di diverse etnie che hanno marciato per chiedere la demarcazione delle terre che occupano e che sono spesso invase da contadini, allevatori e grandi multinazionali. E ci sono stati diversi scioperi: degli insegnanti, degli autisti di autobus, dei geologi, delle guide dei musei, degli infermieri, fino a quello più recente dei lavoratori della metropolitana di San Paolo.

Il governo del Brasile ha sempre dichiarato che le richieste di ciascuna categoria erano specifiche e che non potevano in alcun modo essere ricondotte all’organizzazione dei Mondiali. In realtà, come spiegano diversi analisti, alcune proteste sono direttamente legate ai Mondiali e ai soldi che avrebbero potuto essere spesi per il welfare o l’edilizia scolastica, mentre altre lo sono indirettamente: sfruttano l’attuale visibilità globale del paese per fare pressione sul governo e fare in modo che le rivendicazioni vengano accolte. Quello che emerge è comunque il fatto che non sembra esserci una chiara e univoca strategia governativa per affrontare la situazione: in alcuni casi, come quello dei biglietti del trasporto pubblico, su indicazione della presidente Dilma Rousseff i sindaci di diverse città hanno revocato l’aumento; altre volte – come nel caso dello sciopero dei lavoratori della metro di San Paolo che oggi è stato sospeso – si è cercato di prendere tempo per provare a trovare un compromesso, possibilmente in tempo per l’atteso inizio dei Mondiali di calcio.

Nel frattempo il governo ha stabilito un imponente piano per la tutela dell’ordine pubblico: a presidiare le principali città del paese sono stati schierati migliaia di agenti, poliziotti e guardie municipali della prefettura. Le forze armate – che contano più di 5 mila uomini – sono state allertate per intervenire, se necessario, durante i Mondiali; in parte saranno ospitate nelle caserme delle città per essere pronte a entrare in azione. È stato calcolato che per garantire la sicurezza durante l’evento sarà speso il corrispettivo di 620 milioni di euro, cinque volte l’importo investito dal Sudafrica nel 2010, e saranno impiegati in totale circa 170 mila agenti di sicurezza.