Nate Silver è americano e ha 36 anni. Lunedì 17 marzo ha riaperto ufficialmente il suo sito di notizie: si chiama FiveThirtyEight, all’inizio era il suo blog personale, poi fu comprato e ospitato per tre anni dal sito del New York Times, adesso è stato rilanciato e molto allargato da ESPN. FiveThirtyEight si occupa di notizie di vario tipo, ma affrontate sempre attraverso analisi di dati e previsioni statistiche: ed era probabilmente il più atteso e discusso tra i nuovi siti di news internazionali che stanno nascendo e nasceranno nei prossimi mesi.
Silver si definisce innanzitutto uno statistico, ma il suo lavoro negli anni si è molto avvicinato a quello di un giornalista: divenne molto popolare negli Stati Uniti durante le elezioni presidenziali del 2008, quando riuscì a prevedere il risultato elettorale in 49 stati su 50 grazie a un complicato modello statistico da lui creato. Nel 2012, alle ultime presidenziali, fece ancora meglio: le sue previsioni si rivelarono corrette per tutti e 50 gli stati (più il distretto di Columbia), e riuscì inoltre a predire con esattezza cosa accadde nei 9 swing states, cioè quelli che i sondaggi raccontavamo come più combattuti e incerti. Nate Silver è tuttora molto noto nel giornalismo statunitense e le previsioni azzeccate gli hanno dato anche una qualche fama “popolare”, portandolo più volte in tv. Parla molto rapidamente, porta occhiali con la montatura pesante e la sua aria timida è spesso scambiata per arroganza. In tempi in cui si discute molto dell’affidabilità e della credibilità del giornalismo, l’approccio analitico di Nate Silver è stato indicato da molti come un modello, perché centrato sui dati – quindi su cose “certe” – invece che sulle libere valutazioni di esperti e opinionisti (che Silver critica spesso); altri invece ci vedono un approccio limitato e presuntuoso, che pensa di ridurre a numeri cose complicate da spiegare e raccontare.
FiveThirtyEight ha lasciato il sito del New York Times il 18 luglio 2013: quattro giorni dopo il gruppo editoriale ESPN (controllato dalla Disney) diffuse un comunicato in cui diceva di avere assunto Nate Silver al fine di ospitare il blog sul proprio sito. In questi mesi Silver non ha aggiornato il sito e si è dedicato esclusivamente alla costruzione del nuovo FiveThirtyEight, che aveva detto di volere “allargare”: secondo Jack Dickey di TIME, negli ultimi mesi Silver ha passato «il 90 per cento del suo tempo ad intervistare possibili collaboratori» (nello stesso articolo Dickey racconta che Silver ha creato una specie di modello statistico di valutazione dei candidati). Circa un mese fa, Silver aveva annunciato di avere assunto 18 persone che faranno parte della redazione, la quale farà capo a lui.
Il Post ha incontrato Nate Silver durante l’ultima edizione del festival della rivista Internazionale, organizzato come ogni anno a Ferrara durante il primo week end di ottobre. Silver era seduto su una sedia di legno in fondo alla sala stampa, all’angolo di una scrivania bianca, in mezzo al comprensibile trambusto di una sala stampa. Durante l’intervista, Silver ha parlato a voce piuttosto alta agitando moltissimo le braccia – ma non le mani, che rimanevano spesso come penzolanti, salvo quando si aggiustava gli occhiali con l’indice della mano destra. Nel complesso sembrava molto a suo agio (e anche piuttosto compiaciuto e divertito delle molte attenzioni: più tardi sarebbe stato intervisto dal direttore della Stampa Mario Calabresi).
Volpi e ricci: le basi
Nel 2012 Silver ha pubblicato il suo primo libro, The Signal and the Noise, presentato in Italia proprio al Festival di Internazionale. Ebbe un discreto successo e rimase per tre mesi nella classifica dei saggi più venduti del New York Times (in Italia è stato pubblicato da Fandango con il titolo Il segnale e il rumore). Nel libro, Silver si occupa di molti temi legati all’informazione, al giornalismo e all’accuratezza delle previsioni, ma anche di cose laterali a questi temi.
Il titolo del libro fa riferimento a una nota accusa di Silver nei confronti dell’informazione, in particolare di quella americana: lo scorso luglio aveva definito la maggior parte dei commentatori politici «completamente inutili». A suo parere, infatti, gran parte dei commenti e degli editoriali sulle vicende politiche vengono realizzati sulla base di sensazioni, senza che siano fondati su dati precisi e verificabili: e che, nel caso previsioni e opinioni si rivelino poi sbagliate, non vengano corrette. Racconta Silver al Post: «le previsioni che faccio sono basate sul metodo scientifico: hai una teoria, fai ipotesi ed esperimenti e sei responsabile di tutto questo processo. Uno dei problemi del giornalismo è che i giornalisti pretendono un alto grado di responsabilità da parte dei politici, ed è una cosa buona, ma spesso non pretendono da se stessi lo stesso standard. Si possono esprimere opinioni, fare discorsi, riportare pareri altrui, ma ci si chiede mai quanto queste siano verificabili e accurate?».
Secondo Silver una cosa del genere creò una grande distorsione durante le presidenziali americane del 2012: i giornali raccontarono per mesi che Mitt Romney e Barack Obama erano molto vicini nei consensi e continuarono a farlo anche durante la stessa giornata elettorale, il 6 novembre 2012. Quella mattina invece Silver – basandosi su un suo algoritmo che aggregava, pesandoli secondo molti criteri diversi, i risultati dei sondaggi stato per stato – predisse che Obama aveva il 90,9 per cento di possibilità di vincere, mentre molti davano Romney in rimonta: andò a finire che vinse Obama e in maniera piuttosto netta.
Ma Il segnale e il rumore non parla solo di politica e previsioni su base statistica: in un bel capitolo del libro Silver cita un verso attribuito al poeta greco Archiloco, diventato in seguito la base per un noto modello comportamentale teorizzato dal filosofo Isaiah Berlin: «la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande». William Barrett, professore di Filosofia alla New York University, riassume così il significato del modello di Berlin: «Esistono persone che hanno occhi attenti, come la volpe, e altre che – come il riccio – dispongono di un’unica e centripeta idea, con la quale si difendono dalle cose».
Silver ha usato questo modello per spiegare perché, per esempio, nei talk show vengono spesso invitati dei “ricci”, cioè persone con poche certezze legate a un’unica teoria e molta combattività: dal punto di vista televisivo funzionano meglio (in una recente intervista al New York Magazine, Silver ha inoltre definito dei “ricci” anche «gli editorialisti di New York Times, Washington Post e Wall Street Journal: nelle loro riflessioni non lasciano spazio a molta complessità»).
Le volpi, invece, vengono a volte percepite come persone deboli e insicure, sebbene il loro approccio alle cose sia in generale più efficace. Silver ha spiegato al Post: «un sacco di grandi teorie e convinzioni sembravano meravigliose, ma nel mondo reale hanno fallito: le persone in generale dovrebbero ragionare di più in termini scientifici, ma è una cosa che va imparata. Non tanto per mezzo di un libro, ma sperimentandolo in prima persona e imparando a diventare nel tempo “una volpe”: c’entra anche cercare di essere sempre umili, attenti, e maggiormente disposti ad ascoltare le persone che ti stanno accanto».
Per questo motivo, Silver ha scelto la volpe come simbolo del nuovo FiveThirtyEight, oltre a citarla nel “manifesto” scritto per la sua riapertura (ma ci arriviamo).
L’importanza dei modelli
Silver ha un curriculum molto vario e soprattutto diverso da quello canonico dei giornalisti. Laureato in Economia, grande appassionato di poker, nel 2003 aprì un blog dove incrociava dati sul campionato americano di baseball con l’obiettivo di prevedere il risultato delle partite, attraverso un modello statistico creato da lui chiamato PECOTA. Il blog gli diede molta notorietà, e gli procurò collaborazioni con altri blog e giornali sportivi americani scrivendo principalmente di baseball. Nel 2008 Silver aprì il blog FiveThirtyEight, dove cominciò ad occuparsi di economia e di sondaggi politici (538 è il numero dei cosiddetti grandi elettori che vengono assegnati dai singoli stati americani durante le elezioni presidenziali, e che eleggono in un secondo tempo il presidente degli Stati Uniti).
Alla base delle previsioni di Silver (che si fondano principalmente sulla cosiddetta statistica bayesiana) c’è l’idea che uno statistico – grazie al progresso tecnologico di questi ultimi anni – abbia oggi a disposizione una quantità immensa di dati anche molto diversi fra loro, e che il suo compito sia analizzarli e incrociarli nella maniera più accurata, per poi infine elaborare soluzioni, con un diverso grado di probabilità di avverarsi: più si ci si intende di un certo argomento, insomma, e meglio si può leggere e utilizzare nel giusto contesto l’enorme quantità di dati a disposizione (motivo per cui ancora oggi i giornalisti che si occupano di analisi dei dati autorevoli e popolari sono pochissimi: il “fattore umano” è fondamentale).
Secondo Silver il suo approccio può essere applicato in molti campi diversi, ed è forse questa la caratteristica che lo rende unico nel suo settore: cercare di avere una mentalità il più aperta ed elastica possibile – da “volpe” – di modo da poter applicare l’analisi dei dati a più situazioni, che siano tradizionali come la politica e lo sport oppure inconsuete.