Il voto sulla legge elettorale in diretta

A partire dalle 9.15 la Camera conclude la discussione sulla riforma, prima con le dichiarazioni di voto e poi col voto

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
11-03-2014 Roma
Politica
Camera dei Deputati - Legge elettorale
Nella foto Renato Brunetta

Photo Roberto Monaldo / LaPresse
11-03-2014 Rome (Italy)
Chamber of Deputies - Electoral law
In the photo Renato Brunetta
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 11-03-2014 Roma Politica Camera dei Deputati - Legge elettorale Nella foto Renato Brunetta Photo Roberto Monaldo / LaPresse 11-03-2014 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Electoral law In the photo Renato Brunetta

A partire dalle 9.15 la Camera dei Deputati si riunisce per concludere la discussione sulla riforma della legge elettorale: ci saranno prima le dichiarazioni di voto da parte dei gruppi parlamentari e dei singoli deputati e poi il voto vero e proprio. La riforma della legge elettorale ha il sostegno di gran parte dell’aula – PD, FI, NCD e SC – e la sua approvazione dovrebbe essere quindi praticamente certa, anche se negli ultimi giorni il voto sugli emendamenti ha mostrato come soprattutto il PD non fosse particolarmente compatto.

La riforma di cui parliamo è il cosiddetto “Italicum”, un sistema proporzionale valido solo per la Camera in cui i seggi sono attribuiti su base nazionale, senza preferenze, sulla base di oltre cento collegi, nei quali ogni partito o coalizione presenta una breve lista di candidati. L’Italicum prevede un premio di maggioranza, ma solo per la coalizione o il partito non coalizzato che ha ottenuto almeno il 37 per cento dei voti. Nel caso in cui nessun partito o coalizione arrivi oltre questa soglia, è previsto un ballottaggio tra i due partiti o coalizioni che hanno ottenuto la maggiore percentuale di voti su base nazionale. Chi vince il ballottaggio ottiene il 53 per cento dei seggi, mentre gli altri seggi sono attribuiti proporzionalmente alle restanti forze politiche (con un sistema di sbarramenti per tenere fuori le forze politiche più piccole: il 12 per cento per i partiti che fanno parte di una coalizione, l’8 per cento per le liste non coalizzate e il 4,5 per i partiti coalizzati). La versione originaria della nuova legge elettorale è nata in seguito all’accordo tra Partito Democratico e Forza Italia, con il discusso incontro a gennaio tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nella sede romana del PD, ma diversi altri partiti più piccoli hanno richiesto nelle settimane seguenti numerose modifiche alle soglie previste e ai meccanismi di attribuzione dei seggi. La Camera ha approvato nei giorni scorsi un emendamento che permetterà le candidature multiple fino a otto collegi diversi (e bocciato praticamente tutti gli emendamenti volti a introdurre una qualche forma di tutela della parità di genere nella composizione delle liste).

La nuova legge elettorale è stata finora strettamente legata alla riforma del Senato, altro punto su cui è stato formulato un accordo tra PD e Forza Italia. L’idea è differenziare marcatamente la sua funzione da quella della Camera, superando il bicameralismo perfetto (la condizione attuale per cui le due camere fanno praticamente le stesse cose, allungando i tempi per l’approvazione delle leggi). I senatori saranno per lo più rappresentanti già eletti nelle amministrazioni locali e non riceveranno stipendi aggiuntivi: il Senato avrà ruolo consultivo. Ma dovrà comunque discutere e approvare la nuova legge elettorale, affinché questa entri in vigore, dato che la questione della sua trasformazione – con conseguente abbandono del bicameralismo perfetto – inizierà soltanto dopo.

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