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  • Giovedì 20 febbraio 2014

Tenete d’occhio il Venezuela

Le proteste contro il governo non sono mai state intense come in questi giorni, e lo stesso vale per la repressione della polizia: intanto l'opposizione sembra aver trovato un nuovo leader

A protester wearing a gas mask made from plastic water bottles poses for a picture during an opposition protest blocking a highway outside La Carlota airport in Caracas, Venezuela, Tuesday, Feb. 18, 2014. Members of the opposition are protesting after their leader Leopoldo Lopez surrendered to authorities Tuesday. Lopez was being sought by authorities for allegedly inciting violence during protests last week in which three people were killed as government forces clashed with protesters. (AP Photo/Rodrigo Abd)
A protester wearing a gas mask made from plastic water bottles poses for a picture during an opposition protest blocking a highway outside La Carlota airport in Caracas, Venezuela, Tuesday, Feb. 18, 2014. Members of the opposition are protesting after their leader Leopoldo Lopez surrendered to authorities Tuesday. Lopez was being sought by authorities for allegedly inciting violence during protests last week in which three people were killed as government forces clashed with protesters. (AP Photo/Rodrigo Abd)

Da qualche tempo in Venezuela le cose non vanno tanto bene: l’economia non cresce e il governo socialista, perso il consenso di massa di qualche anno fa, governa in modo sempre più autoritario. Nelle ultime settimane l’opposizione ha organizzato diverse manifestazioni e proteste; la polizia ha risposto con durezza nelle strade e ha arrestato il leader dell’opposizione, Leopoldo López. I disordini di questi giorni, tuttavia, riflettono una situazione politica piuttosto precaria che è andata via via peggiorando negli ultimi anni, e soprattutto dopo la morte di Hugo Chávez.

La situazione politica ed economica del Venezuela
Il partito socialista venezuelano (PSUV) è al governo in Venezuela dal 1999 (anche se all’inizio aveva un altro nome). L’attuale presidente del Venezuela è Nicolás Maduro, per anni ministro degli esteri e poi vicepresidente di Hugo Chávez, carismatico leader socialista che era stato presidente del Venezuela dal 1999 fino alla sua morte nel 2013, amato soprattutto dai ceti più poveri della popolazione e che aveva iniziato una serie di profonde riforme di stampo socialista. Maduro era stato indicato da Chávez stesso come suo successore e aveva poi vinto le elezioni dello scorso aprile sconfiggendo, con un margine minimo, Henrique Capriles, leader della Mesa de la Unidad Democrática (MUD). Maduro aveva promesso di continuare sulla strada delle riforme socialiste iniziate da Chávez e lo scorso novembre aveva chiesto e ottenuto che il parlamento gli conferisse poteri straordinari che gli permettessero, per dodici mesi, di governare per decreto.

L’economia venezuelana è in grave crisi da diversi anni. Nonostante il paese sia uno dei più grandi esportatori di petrolio al mondo, il Venezuela è uno stato molto povero in cui mancano prodotti e generi di prima necessità e ha un’inflazione che supera il 50 per cento. Maduro, che ha sempre dato la responsabilità della crisi dell’economia venezuelana a una «guerra economica» che le élite del paese starebbero combattendo contro il popolo con l’aiuto degli Stati Uniti, negli ultimi mesi ha cercato di risollevare l’economia del paese con decisioni piuttosto autoritarie: ha imposto uno stretto controllo dei prezzi e dei salari, ha fatto sequestrare una catena di prodotti elettronici e ha fatto arrestare cento imprenditori con l’accusa di essere dei «parassiti capitalisti». In generale, poi, la vita in Venezuela è piuttosto difficile: la criminalità ha raggiunto livelli molto alti, spesso i negozi vengono saccheggiati e ci sono frequenti e estesi blackout. Non si trova la carta igienica, e la cosa è diventata un po’ il simbolo della crisi.

Le proteste delle ultime settimane
Nel 2006 Chávez vinse le elezioni con il 62 per cento dei voti; nel 2012 fu riconfermato presidente con il 55 per cento dei voti; Maduro, lo scorso aprile, ha vinto con il 50,6 per cento. Il consenso del governo socialista negli ultimi anni è calato, anche per le ragioni di cui sopra, ed è cresciuta parallelamente la parte di popolazione che si oppone alle politiche del PSUV.

Nelle ultime settimane ci sono state diverse manifestazioni contro il governo, le sue politiche e per chiedere le dimissioni di Maduro. Come ha spiegato il Wall Street Journal, le manifestazioni sono guidate e partecipate prevalentemente da studenti – da tempo in maggioranza contrari al PSUV – e stanno avendo luogo soprattutto a Caracas, la capitale del Venezuela, dove il governo ha tradizionalmente avuto meno presa. Durante gli scontri con la polizia, il 12 febbraio, sono morte tre persone: maggioranza e opposizione si sono accusate reciprocamente per i morti (anche se ci sono prove piuttosto convincenti che danno la responsabilità soprattutto alle forze governative). Il presidente Maduro ha indicato in Leopoldo López, leader del partito di opposizione Voluntad Popular e delle proteste di questi giorni, il responsabile per i disordini e le morti degli ultimi giorni; un tribunale ha poi emanato un ordine di arresto per lui e altri esponenti dell’opposizione. Martedì, dopo alcuni giorni di latitanza, López si è consegnato alla polizia. Poco prima, durante una manifestazione, López aveva tenuto un discorso ai suoi sostenitori.

Nel suo discorso, López parla con grande enfasi della corruzione del sistema politico e giudiziario venezuelano, presentandosi sostanzialmente come un prigioniero politico e come un simbolo del movimento di protesta.

Oggi, venezuelani, io vi offro il nostro più profondo impegno che, se il mio imprigionamento aiuterà le persone a svegliarsi, se servirà a far risvegliare il Venezuela così che la maggioranza di quelli che vogliono cambiare le cose possa finalmente cambiare le cose in modo pacifico e democratico, allora questa infame prigionia che Nicolás Maduro vuole così apertamente e codardamente, allora per me ne sarà valsa la pena.

López ha parlato brevemente delle ragioni e degli obiettivi delle manifestazioni di questi giorni, esortando i suoi sostenitori a proseguire la lotta contro Maduro in modo pacifico e democratico.

Non farò questo passo [consegnarsi alla polizia], che mi ridurrà per un po’ al silenzio, senza dire chiaramente quali sono le ragioni di questa lotta: questa lotta è per i nostri giovani, questa lotta è per i nostri studenti. Questa lotta è per quelli che sono stati repressi, questa lotta è per quelli che sono stati imprigionati. Questa lotta, frattelli e sorelle, è per tutte le persone del Venezuela, che oggi soffrono. […] Se la nostra soluzione deve essere pacifica e costituzionale, deve essere tale anche sulle strade. Non abbiamo media liberi per poter parlare liberamente. Se i media resteranno in silenzio, allora lasceremo che la strada parli per noi! Facciamo che la strada parli per la nostra gente! Facciamo che la strada parli per noi, pacificamente e democraticamente!

Le ultime notti, tuttavia, sono state tra le più movimentate e violente dall’inizio delle manifestazioni, che si sono diffuse anche in altre città. Come ha raccontato il Caracas Chronicles, la repressione della polizia si è fatta ancora più violenta e nelle strade hanno cominciato a girare i colectivos, gruppi paramilitari e filogovernativi che, stando a quanto viene raccontato, si muovono con moto e motorini sparando sui manifestanti e i cittadini.

Negli ultimi giorni ci sono anche state diverse manifestazioni a favore di Maduro e del governo socialista. Martedì 18 febbraio circa 40.000 lavoratori del settore dell’estrazione del petrolio hanno sfilato a Caracas in sostegno del PSUV. Maduro ha usato l’occasione per un discorso nel quale ha attaccato con toni molto netti l’opposizione: a proposito dell’arresto di Leopoldo López, per esempio, ha detto: «il leader politico dell’ala fascista della destra venezuelana, è ora nelle mani della giustizia».

Foto:AP Photo/Rodrigo Abd