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  • Domenica 9 febbraio 2014

Cosa succede a Libération

Che è in grave crisi, e ieri è uscito con una prima pagina con la scritta: "Noi siamo un giornale"

Sabato 9 febbraio il quotidiano francese Libèration è uscito con una prima pagina speciale. Il titolo, largo tutta la pagina, recitava Nous sommes un journal, “siamo un giornale”. Sotto il titolo, una specie di sommario proseguiva: «Siamo un giornale. Non un ristorante, non un social network, non uno spazio culturale, non un set televisivo, non un bar, non un’incubatrice di start-up». I giornalisti del quotidiano di sinistra hanno deciso di protestare in questo modo contro il progetto di ristrutturazione del quotidiano, che si trova in grave crisi dal 2006. Venerdì, a causa di uno sciopero, il giornale non è uscito in edicola e il sito internet non è stato aggiornato.

Libération

La prima pagina di sabato è stata la risposta dei giornalisti al nuovo piano industriale per salvare il giornale dalla crisi, annunciato dagli azionisti – tra cui c’è anche la società di investimento italiana Ersel – venerdì 7 febbraio. Il piano prevede, nelle parole degli stessi azionisti, di trasformare Libération in «un social network, un creatore di contenuti monetizzabili attraverso un diversi supporti multimediali (stampa, televisione, digitale, eventi, radio ecc.)». In sostanza, hanno spiegato, l’idea è quella di trasferire la redazione e trasformare l’attuale sede in uno “spazio culturale e per conferenze”, che comprenda uno studio televisivo, uno studio radio, una “newsroom digitale”, un ristorante, un bar e, appunto, un incubatore di start-up.

Nell’articolo di sabato, richiamato dal titolo in prima pagina, i giornalisti hanno criticato il comunicato per non aver parlato a sufficienza del destino del giornale e hanno accusato gli azionisti di voler trasformare Libératon in «Libéland, un Libémarket, un Libéwork. Un rombo rosso senza nulla dietro: 10 lettere che non significano più granché» (Libé è il soprannome del quotidiano). In altre parole, secondo i giornalisti, l’intenzione degli azionisti è quella di liquidare il giornale e “monetizzare il marchio”.

Libération venne fondato il 5 febbraio del 1973, tra gli altri, dal filosofo francese Jean-Paul Sartre. Il quotidiano è considerato il giornale più importante della sinistra francese e nella sua storia ha affrontato numerosi periodi di crisi. L’ultimo è cominciato nel 2006 e ha portato alle dimissioni del direttore Serge July, che aveva diretto il quotidiano dal 1974. Per sopravvivere, il quotidiano accettò di vendere il 40 per cento delle sue quote al finanziere Édouard de Rothschild e di licenziare 76 dipendenti.

La crisi del giornale però continuò e le copie vendute scesero dalle 140 mila copie al giorno alla fine del 2005 ad una media di 120 mila nel 2012 (a novembre le copie sono scese per la prima volta da decenni sotto le centomila). Alla fine dell’anno venne deciso l’ingresso di un nuovo azionista nel capitale: si trattava di Bruno Ledoux, proprietario dell’immobile dove ha sede la redazione. Dopo l’aumento di capitale, Ledoux e Rothschild arrivarono a possedere insieme la quota di controllo del giornale. Nel gennaio 2013 Ledoux è diventato presidente della holding che controlla il quotidiano. Per la fine del 2013 la società ha stimato che Libération avrà una perdita di 1,3 milioni di euro, su un fatturato di 58 milioni.