Ricordi del Technicolor

Christian Raimo racconta la sua esperienza di famiglia col leggendario marchio di produzione di film a colori, ora che a Roma chiude

Deborah Stoiber shows the three color technicolor film process at the George Eastman House Louis B. Mayer Conservation Center in Chili, N.Y., Thursday April 24, 2008. (AP Photo/David Duprey)
Deborah Stoiber shows the three color technicolor film process at the George Eastman House Louis B. Mayer Conservation Center in Chili, N.Y., Thursday April 24, 2008. (AP Photo/David Duprey)

Lo scrittore Christian Raimo ha raccontato su Repubblica la sua esperienza biografica con la Technicolor – leggendaria marchio relativo a una tecnica di produzione di film a colori – il cui stabilimento romano è stato da poco annunciato in chiusura.

Qualche settimana fa, quando mi è capitata sotto gli occhi la notizia che lo stabilimento della Technicolor di Roma chiuderà definitivamente il 31 dicembre, licenziando gli ultimi 94 dipendenti e abbandonando la sede storica di via Tiburtina a chissà quale riconversione, ho sentito come se mi avessero annunciato che un certo corpo celeste che ero abituato a vedere in cielo, alle volte remoto, alle volte incombente, da un momento all’altro sarebbe scomparso: ho pensato che, almeno per me, finiva un’era.
Ho a che fare con la Technicolor da quando sono nato, letteralmente; mia madre mi racconta che in ospedale, dolorante, poche ore dopo avermi partorito, aspettava mio padre, che recalcitrava per andarla a trovare: “Sbrigati a uscire, lo sai che qui al lavoro è un momento difficile”. È vero che – anche nei miei ricordi – tutto il tempo che mio padre ha lavorato è stato, a quel che sosteneva, “un momento difficile”. Del resto è anche vero che tutto il tempo che mio padre ha lavorato l’ha fatto per la Technicolor: per trentotto anni si è svegliato tutte le mattine feriali (e spesso anche quelle festive) e ha preso l’autobus poi la bici poi la Cinquecento poi la Opel Kadett poi la Volvo aziendale, per andare in via Tiburtina 1138. Trentotto anni, che a conti fatti sono gli stessi che ho festeggiato al mio ultimo compleanno; trentotto anni in cui è rimasto legato alla stessa azienda – uno in più di quelli in cui è stato sposato con mia madre. Ha cominciato come tecnico specializzato nel laboratorio chimico alla fine degli anni ’60, ha fatto carriera interna fino a diventare responsabile delle Risorse Umane, ed è riuscito a godersi veramente solo un paio d’anni di pensione, prima di morire, nel 2009.

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(AP Photo/David Duprey)