«Il ricorso sulla legge elettorale è inammissibile»

Lo sostiene sulla Stampa di oggi Ugo De Siervo, ex presidente della Corte costituzionale che si pronuncerà martedì

© MARCO MERLINI / LAPRESSE
12-11-2003 ROMA
POLITICA
AULA SENATO - COMUNICAZIONI DEL GOVERNO IN MERITO ALL'ATTACO AL CONTINGENTE MILITARE ITALIANO IN IRAQ
NELLA FOTO L'AULA DURANTE IL MINUTO DI SILENZIO IN RICORDO DEI SOLDATI CADUTI IN IRAQ
© MARCO MERLINI / LAPRESSE 12-11-2003 ROMA POLITICA AULA SENATO - COMUNICAZIONI DEL GOVERNO IN MERITO ALL'ATTACO AL CONTINGENTE MILITARE ITALIANO IN IRAQ NELLA FOTO L'AULA DURANTE IL MINUTO DI SILENZIO IN RICORDO DEI SOLDATI CADUTI IN IRAQ

Il prossimo martedì 3 dicembre si svolgerà l’udienza alla Corte Costituzionale sulla legge elettorale in vigore in Italia dal dicembre 2005, chiamata informalmente “Porcellum” perché fu definita “porcata” dal parlamentare che la propose, Roberto Calderoli. Lo scorso maggio, in seguito al ricorso dell’avvocato Aldo Bozzi, dopo otto anni, tre elezioni, e dopo che in primo grado così come in appello il ricorso era stato dichiarato infondato, la prima sezione civile della Corte di Cassazione aveva disposto di rinviare alla Corte Costituzionale la responsabilità di esaminare il testo.

Il Porcellum ha molti aspetti controversi e contestati ma l’esame della Corte si concentrerà su due di questi: il premio di maggioranza e le liste bloccate. Il primo problema che la Corte dovrà affrontare è proprio quella dell’ammissibiltà o meno della questione posta. Il tema è da mesi oggetto di discussione tra giuristi, con pareri contrastanti tra loro e con scenari tra loro molto diversi raccontati dai giornali: la Consulta potrebbe non rilevare alcun profilo di incostituzionalità nel Porcellum, o al contrario rilevarlo in alcune parti della legge o per la legge tutta intera. Ugo De Siervo, giurista e presidente della Corte costituzionale dal dicembre del 2010 all’aprile del 2011, spiega sulla Stampa di oggi che su questo «gli organi di informazione» diffondono «opinioni inaccettabili» e che «la Corte in realtà non dispone della legittimazione a riscrivere i sistemi elettorali».

È noto che fra pochi giorni la Corte costituzionale dovrà affrontare il problema posto dal ricorso di una sezione della Corte di Cassazione, che dubita della legittimità costituzionale di alcune parti della vigente pessima legislazione elettorale: il premio di maggioranza riconosciuto a chi consegua la semplice maggioranza relativa dei voti a livello nazionale per la Camera ed in ciascuna Regione per il Senato, l’impossibilità di esprimere voti di preferenza all’interno dei candidati proposti dalle varie forze politiche.

Gli organi di informazione continuano in genere a sostenere che la Corte possa intervenire in materia, malgrado esista una sua costante giurisprudenza che esclude ricorsi del genere, in quanto non fondati sulla previa lesione di precise situazioni soggettive, e quindi ipotizzano che l’organo di giustizia costituzionale si predisponga a modificare più o meno in profondo la legislazione vigente. Si è così sostenuto che la Corte possa accogliere anche tutte le censure sollevate e perfino che possa eliminare tutta la legislazione del 2005, facendo rivivere il precedente sistema elettorale.

Si tratta però di opinioni sinceramente inaccettabili, a cominciare naturalmente dalla tesi più estrema, che ipotizzerebbe che la Corte costituzionale possa giudicare sull’intera legge del 2005: la Corte, invece, deve puntualmente rispondere ai dubbi sollevati dai giudici che ad essa si rivolgono, mentre non può – sulla base della legislazione che la disciplina – estendere il giudizio a disposizioni la cui legittimità costituzionale non sia stata formalmente posta in dubbio. E ciò al di là del fatto che la stessa Corte, appena l’anno scorso, ha escluso che una legge precedente che sia stata abrogata, possa essere fatta «rivivere» per la scomparsa della legge abrogatrice.

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