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  • Martedì 24 settembre 2013

La Cina si compra il 5% dell’Ucraina

Tre milioni di ettari di terreno coltivato - grande quanto il Belgio - per 50 anni: saranno destinati al raccolto e all'allevamento di maiali

TO GO WITH AFP STORY IN FRENCH BY ANIA TSOUKANOVA --- Wheat is pictured as a farmer harvests a field on land near Zhovtneve village, in the region of Chernigov, some 220km north of Kiev on August 11, 2009. With their expanses of arable land appearing among the most fertile in the world and endowed with an advantageous climate, Ukraine, formerly nicknamed 'granary of Europe', counts broadly on its farming sector to support in stream its unsteady economy. AFP PHOTO/GENYA SAVILOV (Photo credit should read GENYA SAVILOV/AFP/Getty Images)
TO GO WITH AFP STORY IN FRENCH BY ANIA TSOUKANOVA --- Wheat is pictured as a farmer harvests a field on land near Zhovtneve village, in the region of Chernigov, some 220km north of Kiev on August 11, 2009. With their expanses of arable land appearing among the most fertile in the world and endowed with an advantageous climate, Ukraine, formerly nicknamed 'granary of Europe', counts broadly on its farming sector to support in stream its unsteady economy. AFP PHOTO/GENYA SAVILOV (Photo credit should read GENYA SAVILOV/AFP/Getty Images)

L’organizzazione governativa cinese XPCC ha firmato un accordo con la KSG Agro, la principale azienda agricola dell’Ucraina, che stabilisce che l’Ucraina destinerà alla Cina 100 mila ettari di terreni agricoli di alta qualità nella regione orientale di Dnipropetrovsk, che verranno destinati alla coltivazioni e all’allevamento di maiali. L’accordo è stato reso pubblico negli ultimi giorni ma risale allo scorso giugno: si estende per 50 anni e prevede un graduale aumento di terreno fornito alla Cina, fino a un totale di tre milioni di ettari, una superficie pari a quella del Belgio. Di fatto l’Ucraina cederà alla Cina il 5 per cento del suo territorio complessivo e il 9 per cento delle sue terre coltivate. L’accordo prevede che il raccolto e i maiali vengano venduti a due grosse aziende cinesi a prezzi favorevoli.

La notizia dell’accordo è stata data da un comunicato stampa del XCPP, un’organizzazione economica e semi-militare della regione autonoma dello Xinjiang nel nord-ovest della Cina, fondata negli anni Cinquanta con l’obiettivo di recuperare e preservare le terre coltivate e difendere le zone di confine dal’Unione Sovietica. Il comunicato, ripreso dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, non rivela l’entità dell’investimento, ma ad agosto il quotidiano ucraino Kyiv Post aveva scritto che avrebbe ammontato a più di 2,6 miliardi di dollari. La Export-Import Bank of China ha concesso all’Ucraina un prestito di tre miliardi di dollari per lo sviluppo agricolo e il paese riceverà anche sementi, equipaggiamento, fertilizzanti (l’Ucraina importa ogni anno circa un miliardo di dollari di fertilizzante) e una fabbrica per la produzione di una sostanza che protegge il raccolto. XPCC ha annunciato che finanzierà anche la costruzione di un’autostrada nella Repubblica autonoma di Crimea, in Ucraina, e un ponte sullo stretto di Kerch, un importante centro industriale del paese.

Negli ultimi tempi la Cina sta cercando di dislocare parte della sua produzione agricola all’estero: la crescente urbanizzazione ha portato a un aumento della richiesta di cereali e altri prodotti alimentari che il paese non riesce più a soddisfare, insieme all’aumento dei prezzi del grano. Nel 2012 la Cina ha importato circa 14 milioni di tonnellate di cereali e farine, un aumento del 150 per cento rispetto al 2011. L’acquisto di terreni alimentari all’estero, incoraggiato dal governo centrale, mira a garantire la sicurezza alimentare ai cittadini e le eventuali proteste che ne deriverebbero. Quello con l’Ucraina è al momento il più grande investimento cinese in terreni agricoli esteri, ma non è l’unico: negli ultimi anni l’azienda cinese Beidahuang ha comprato 234.000 ettari per coltivare la soia in Argentina e Chongqing Grain ha investito 375 milioni di dollari in piantagioni di soia in Brasile e 1,2 miliardi di dollari in terreni agricoli in Argentina, destinati alla coltivazione di soia, cotone e mais.

La strategia di dislocare la produzione agricola all’estero è criticata da molti come una nuova forma di colonialismo e sfruttamento delle risorse dei paesi più poveri da parte dei più ricchi. Negli ultimi tempi è stata praticata sempre più frequentemente, per esempio dall’Arabia Saudita, la Corea del Sud e gli Stati Uniti, che investono soprattutto in Africa, Europa Orientale, Asia e America Latina. La tendenza è aumentata dopo l’aumento del costo del cibo avvenuto tra il 2007 e il 2008, che ha portato anche a molte proteste.

Foto: un campo di grano in Ucraina. (GENYA SAVILOV/AFP/Getty Images)