Lunedì 29 luglio la televisione di stato siriana ha annunciato che un quartiere di Homs che fino ad oggi e dall’inizio della guerra era controllato dai ribelli è stato conquistato dalle truppe fedeli al presidente Bashar al Assad: «L’esercito siriano ha ripristinato la sicurezza e la stabilità in tutto il quartiere di Khalidiya». Del quartiere però non restano che strade e edifici completamente distrutti e deserti.
Homs, terza città della Siria, è al centro dei combattimenti tra oppositori e sostenitori del regime di Assad da quando è iniziata la guerra civile, 28 mesi fa, ed è sempre stata considerata “la capitale della rivoluzione”. Gli ultimi combattimenti, che si sono conclusi con la conquista di Khalidiya e la ritirata dei ribelli, proseguivano da 10 giorni. Fino ad alcuni mesi fa in molte zone della Siria gli oppositori al presidente conquistavano quartieri e città, i soldati dell’esercito regolare siriano disertavano e molti giornali internazionali immaginavano la fine prossima del regime alawita ultradecennale di Assad.
Da qualche tempo però la situazione è cambiata. I ribelli si sono divisi sempre di più – estremisti da una parte, moderati riconosciuti dall’Occidente dall’altra – e lo schieramento di Assad si è rinforzato grazie all’appoggio militare del movimento libanese Hezbollah, mentre gli Stati Uniti, e in misura minore anche altri paesi europei, non sono ancora riusciti a sviluppare una strategia coerente in Siria, soprattutto riguardo al rifornimento di armi ai ribelli. Nel frattempo secondo l’ONU il numero delle persone morte sono più di 100mila.