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  • Venerdì 14 giugno 2013

La Siria, Obama e le armi chimiche

Secondo la Casa Bianca il regime di Assad le ha usate, oltrepassando "la linea rossa", e quindi gli Stati Uniti daranno armi ai ribelli

Nel pomeriggio di giovedì 13 giugno (in Italia era notte), la Casa Bianca ha annunciato che il regime siriano di Bashar al Assad ha usato armi chimiche contro i ribelli, che da circa due anni cercano di rovesciare il governo autoritario. Le armi chimiche sono state usate “su scala ridotta” per diverse volte nel corso dell’ultimo anno, secondo gli Stati Uniti. Gli attacchi di questo tipo avrebbero ucciso complessivamente tra le 100 e le 150 persone, ma secondo l’intelligence degli Stati Uniti il numero di morti potrebbe essere più alto.

Tra le armi chimiche utilizzate dal regime di Assad ci sarebbe stato anche il sarin, un gas nervino classificato come arma chimica di distruzione di massa. Colpisce il sistema nervoso e porta a una progressiva perdita di controllo delle principali funzioni corporee: gli spasmi e le convulsioni portano al soffocamento. Il sarin è di solito letale anche a piccole dosi, se non si procede con la tempestiva somministrazione di un antidoto.

Si sospettava da tempo che nella guerra civile in Siria fossero state utilizzate armi chimiche. Il presidente Barack Obama aveva toccato l’argomento almeno un paio di volte nei suoi discorsi a partire dalla scorsa estate, dicendo che l’uso di simili sistemi per le uccisioni di massa avrebbe portato al superamento di “una linea rossa”, alludendo quindi a un maggiore coinvolgimento da parte degli Stati Uniti nella guerra. A fine aprile Obama aveva confermato in un discorso che le armi chimiche in Siria erano state usate, aggiungendo però di non avere ancora elementi certi per dire chi e come le avesse utilizzate. Aveva impegnato la propria amministrazione ad approfondire il tema per verificare se fossero state impiegate dai ribelli o dalle forze dell’esercito leali ad Assad.

Gli Stati Uniti hanno concluso che le armi chimiche sono state usate da Assad basandosi su diverse fonti di intelligence, che hanno studiato i piani militari del regime siriano, i rapporti su particolari attacchi condotti nell’ultimo anno e le descrizioni dei sintomi riportati dalle persone esposte ai gas. Sarebbero stati analizzati anche alcuni campioni di sangue e urine da due persone – una rimasta ferita e l’altra morta – esposte al sarin. Diversi paesi dell’Unione Europea avevano contribuito in precedenza con i loro servizi segreti per indagare sul possibile uso di armi chimiche.

Le conclusioni della Casa Bianca sono arrivate nello stesso giorno in cui le Nazioni Unite hanno comunicato le ultime stime sulla guerra civile in Siria. Secondo l’ONU in due anni di scontri tra ribelli e lealisti sono morte almeno 93mila persone. Le Nazioni Unite si sono impegnate più volte chiedendo una risoluzione del conflitto, ma ottenendo scarsissimi risultati. Martedì 4 giugno le Nazioni Unite hanno diffuso le prime conclusioni a cui è giunta la Commissione incaricata di indagare sull’uso delle armi chimiche in Siria: nel rapporto si sostiene che ci siano “ragionevoli basi” per credere che in almeno quattro momenti diversi della guerra civile siriana si sia fatto uso di una quantità limitata di sostanze chimiche tossiche, anche se al momento non è ancora possibile determinare il tipo di sostanze e chi ne abbia fatto uso. Per appurarlo servirebbe il permesso da parte di Assad agli ispettori della Commissione di entrare nel paese, cosa che non accadrà.

A fine maggio, il giornale francese Le Monde aveva pubblicato un’inchiesta, molto documentata, sull’utilizzo del sarin e di altri gas nel conflitto siriano. Era la prima volta che due giornalisti occidentali testimoniavano direttamente l’uso di questo tipo di armi, nelle zone vicino Damasco da parte del regime di Assad.

Ben Rhodes, tra i più importanti consiglieri di Obama per la sicurezza nazionale, ha spiegato che le novità sulle armi chimiche porteranno a un maggiore impegno degli Stati Uniti per quanto riguarda il conflitto in Siria. Rhodes non è però stato più specifico, e ha parlato solo in modo generico di “sostegno militare” ai ribelli. Gli aiuti saranno principalmente indirizzati verso due organizzazioni di chi combatte il regime: il Consiglio supremo militare e la Coalizione di opposizione siriana.

Finora gli Stati Uniti avevano concesso aiuti ai ribelli in modo alquanto blando, occupandosi più che altro di fornire razioni di cibo, medicinali e kit di primo soccorso. Anche se non c’è nulla di ufficiale, molti giornali nei mesi scorsi hanno sostenuto che Obama abbia comunque incoraggiato alcuni paesi amici nell’area, come l’Arabia Saudita, il Qatar e la Turchia a fornire aiuti più consistenti attraverso la consegna di armi e risorse per combattere il regime di Assad. Ora le cose dovrebbero cambiare, almeno in parte, con l’avvio di forniture di piccole armi e relative munizioni da parte degli Stati Uniti. Sembra invece fuori discussione che possano essere dati, almeno per ora, sistemi di artiglieria per la contraerea.

Secondo il New York Times, l’assistenza limitata promessa dalla Casa Bianca potrebbe rivelarsi inutile ed essere alquanto sminuita, considerate le grandi quantità di armi che si pensa siano consegnate regolarmente dall’Iran alla Siria. C’è poi il coinvolgimento dell’ala militare di Hezbollah, il partito politico del Libano, che è impegnato nella guerra civile siriana al fianco di Assad. Iran, con i rifornimenti, ed Hezbollah sul campo hanno consentito al regime di recuperare diverse città finite sotto il controllo dei ribelli negli ultimi mesi. Diversi analisti militari negli Stati Uniti sostengono che i progressi di Assad non saranno reversibili fino a quando non sarà fermato il traffico aereo di armi dall’Iran verso la Siria, rendendo inutilizzabili le basi aeree usate dal regime per ricevere le consegne. Un simile obiettivo potrebbe essere raggiunto solo attraverso una serie di bombardamenti aerei, che i ribelli da soli non riuscirebbero a condurre.

Obama continua a essere molto cauto sulla Siria: la sua amministrazione è divisa su come affrontare la situazione, tra interventisti e non, e il presidente non vuole portare gli Stati Uniti in un’altra guerra nel Medio Oriente. Lo scorso anno l’allora direttore della CIA, David Petraeus, e i responsabili del Dipartimento di Stato e del Pentagono avevano già proposto di fornire armi ai ribelli siriani, ma la proposta era stata respinta dalla Casa Bianca.