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  • Mercoledì 2 gennaio 2013

Uno strano Capodanno in Birmania

Coi fuochi d'artificio, le piazze piene e il conto alla rovescia, come non accadeva da cinquant'anni: c'entra la fine della dittatura, ma molti problemi rimangono

A Myanmar worker puts up a sign to bring in the new year ahead of Myanmar's first public New Year countdown celebration at the Myoma grounds in Yangon on December 31, 2012. Some 50,000 people are also expected to flock to the revered golden Shwedagon Pagoda in Yangon for the Myanmar city's first public countdown with fireworks, seen as further evidence of opening up after decades of junta rule. AFP PHOTO / Soe Than WIN (Photo credit should read Soe Than WIN/AFP/Getty Images)
A Myanmar worker puts up a sign to bring in the new year ahead of Myanmar's first public New Year countdown celebration at the Myoma grounds in Yangon on December 31, 2012. Some 50,000 people are also expected to flock to the revered golden Shwedagon Pagoda in Yangon for the Myanmar city's first public countdown with fireworks, seen as further evidence of opening up after decades of junta rule. AFP PHOTO / Soe Than WIN (Photo credit should read Soe Than WIN/AFP/Getty Images)

Quest’anno per la prima volta dopo cinquant’anni in Birmania le autorità hanno autorizzato una grande cerimonia pubblica per Capodanno. L’evento si è svolto a Rangoon e vi hanno preso parte decine di migliaia di persone, per la maggior parte giovani, che hanno assistito ai fuochi d’artificio, alle esibizioni di diversi cantanti birmani e al conto alla rovescia per il nuovo anno su un grande schermo allestito davanti alla Pagoda Shwedagon, il tempio buddista alto 98 metri che domina l’ex capitale Rangoon: cose apparentemente normali ma che in Birmania, complice la dittatura militare che ha retto il paese fino a pochi mesi fa, erano impossibili.

L’evento è stato visto come un’ulteriore prova del grande cambiamento in atto nel paese, dove per cinquant’anni le grandi manifestazioni pubbliche erano state vietate dal regime militare e dove da quasi due anni il presidente Thein Sein ha avviato un grande processo di riforme per uscire da decenni di isolamento. Prima dell’evento il presidente ha dichiarato che “l’ingrediente più importante per il successo della transizione democratica in Birmania è la fiducia reciproca tra il governo e la popolazione”.

Negli ultimi due anni il governo di Thein Sein, insediato nel marzo del 2011 prendendo il posto di una giunta militare che governava il paese dal 1962, ha introdotto delle riforme e ha intrapreso una serie di azioni per rispondere alle richieste di apertura della popolazione e della comunità internazionale. Il governo ha abolito la censura per i giornali, allentando il controllo sulla libertà di espressione, ha permesso il rilascio del premio Nobel Aung San Suu Kyi, detenuta per vent’anni, ha concesso amnistie per centinaia di detenuti politici  e ha intrapreso gesti di apertura verso i gruppi etnici armati che combattono da decenni il regime. A dicembre il governo ha dichiarato che permetterà la diffusione di giornali privati, vietati dal regime militare, con la concessione delle prime licenze a partire da aprile.

Nonostante i cambiamenti, però, molti problemi restano ancora irrisolti e la Birmania continua ad essere uno dei paesi più poveri al mondo. Le questioni più spinose riguardano soprattutto il rapporto del governo centrale con le numerose minoranze etniche e religiose diffuse nel paese. Nello stato del Rakhine, nella Birmania occidentale, continuano da mesi gli scontri tra i buddisti e i musulmani della minoranza rohingya, non riconosciuti come cittadini dal governo centrale e vittime di gravi violazioni dei diritti umani.

Nella Birmania settentrionale, invece, negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito birmano e i ribelli del Kachin Indipendence Army (KIA), la minoranza etnica Kachin che chiede l’indipendenza dal governo centrale. L’esercito in questi giorni ha condotto dei raid aerei in una zona nei pressi di Laiza, il quartier generale dei ribelli vicino alla frontiera cinese, per riconquistare un accampamento. Gli scontri tra i ribelli Kachin e i soldati birmani sono ripresi nel giugno 2011, dopo 17 anni di tregua, costringendo quasi 75 mila persone a lasciare le proprie case.