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  • Sabato 20 ottobre 2012

Che cosa può succedere in Mali

Il punto di una situazione parecchio complessa, mentre l'ONU ha dato 45 giorni di tempo per presentare i piani di intervento militare

FILE In this Friday, Aug. 31, 2012 file photo, fighters from Islamist group Ansar Dine stand guard as they prepare to publicly lash a member of the Islamic Police found guilty of adultery, in Timbuktu, Mali. Ordinary Malians and international experts alike are not sure what will reunite and bring back political stability to a country that until recently had a reputation as one of West Africa’s most steady democracies. Representatives of the United Nations, the African Union and regional body ECOWAS are to consider the situation on Oct. 19, 2012 in a meeting in Mali’s capital, Bamako. (AP Photo, File)

FILE In this Friday, Aug. 31, 2012 file photo, fighters from Islamist group Ansar Dine stand guard as they prepare to publicly lash a member of the Islamic Police found guilty of adultery, in Timbuktu, Mali. Ordinary Malians and international experts alike are not sure what will reunite and bring back political stability to a country that until recently had a reputation as one of West Africa’s most steady democracies. Representatives of the United Nations, the African Union and regional body ECOWAS are to consider the situation on Oct. 19, 2012 in a meeting in Mali’s capital, Bamako. (AP Photo, File)

Il 12 ottobre scorso, dopo due settimane di pressioni da parte del governo francese, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha stabilito un termine di 45 giorni per la presentazione di un piano dettagliato di intervento militare nello stato africano del Mali, che è stato occupato nella zona settentrionale da gruppi di ribelli tuareg e gruppi islamici, alcuni dei quali vicini ad al-Qaida. La risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza prevede l’intervento delle organizzazioni sovranazionali africane, in particolare l’Unione Africana e la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS).

I 45 giorni di tempo servono per presentare i dettagli operativi del piano. La crisi in corso in Mali preoccupa il Consiglio di sicurezza e soprattutto il governo francese, perché può essere l’origine di un deterioramento generale degli equilibri nell’intera regione. Inoltre, sei cittadini francesi sono stati presi in ostaggio proprio nella zona occupata dai militanti islamici. Nel nord del paese, la ribellione dei gruppi tuareg, riuniti nella sigla MNLA (Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad) sono riusciti a cacciare dalla zona l’esercito maliano insieme ai gruppi islamici: il 6 aprile 2012 hanno dichiarato unilateralmente l’indipendenza e la zona è stata rinominata Azawad.

La situazione si è complicata anche per l’estrema debolezza dello stato maliano e anche all’interno della zona occupata ci sono scontri tra le forze che la controllano: in questi mesi di conflitto sono morte centinaia di migliaia di persone e ci sono migliaia di profughi. Ci sono stati molti civili uccisi e molte le violazioni dei diritti umani denunciati dalle organizzazioni internazionali. In particolare, le milizie islamiche sono state accusate da Human Rights Watch di mutilazioni, arruolamento di bambini soldato e lapidazioni pubbliche.

La risoluzione del Consiglio di sicurezza è stata approvata all’unanimità dalle 15 nazioni che lo compongono, sulla base di una bozza redatta dalla Francia, che ha molti interessi diplomatici, politici ed economici nella regione. Ed è stato lo stesso governo del Mali a chiedere un intervento militare, alcuni mesi fa. Una delle principali preoccupazioni è che i soldati dell’ECOWAS (circa 3.300), non siano adeguatamente addestrati, considerando che in passato, in Somalia, gli stessi militari avevano a loro volta compiuto violenze e abusi. Le Nazioni Unite hanno nominato l’italiano Romano Prodi come inviato speciale della regione.

Scrive  Time che in Mali potrebbe succedere quello che è successo in Somalia, dove c’erano state lotte tra gli stessi ribelli, o quello che è successo in Afghanistan, dove le milizie estremiste si sono finanziate con il traffico illegale della droga. Qualcosa sta già succedendo: i gruppi vicini ad al Qaida hanno già instaurato in molte zone del nord la sharia, la legge islamica, e come hanno fatto i talebani dieci anni fa hanno distrutto tombe e monumenti religiosi locali. Oppure, ancora, potrebbe accadere ciò che è successo in Libia, in cui soltanto un intervento di forze armate straniere, inquadrato come intervento umanitario, è stato in grado di dare una certa stabilità a breve termine.

Nonostante Jean-Yves Le Drian, il ministro della Difesa francese, abbia detto di essere ottimista sui tempi dell’intervento, un’azione concreta potrebbe essere ancora lontana. Oltre alla capacità organizzativa e militare dell’ECOWAS, gli stati che lo compongono si sono trovati spesso in una situazione di scontro e diffidenza l’uno con l’altro. La Francia e altre nazioni europee hanno comunque assicurato un appoggio logistico e militare alle organizzazioni africane per aiutare anche l’esercito del Mali.

Anche questa possibilità va però verificata: alcuni, come per esempio gli Stati Uniti, sembrano non avere una grande intenzione di immischiarsi in un’altra azione militare, dopo quella in Libia. Inoltre, a creare difficoltà ci sono stati problemi e proteste anche all’interno dell’esercito maliano: nel marzo scorso il presidente Amadou Toumani Touré è stato rovesciato da un colpo di stato militare. I militari si erano ribellati proprio a causa del cattivo equipaggiamento e della cattiva gestione delle azioni militari contro la ribellione nella zona settentrionale del paese.

Foto: ribelli islamici del Mali del gruppo Ansar Dine (AP Photo, File)