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  • Mercoledì 3 ottobre 2012

Perché Vauro ha lasciato il Manifesto

O "ciò che resta del Manifesto", come spiega sul suo blog

Sul Manifesto di oggi Vauro Senesi risponde a chi non aveva compreso le motivazioni per cui ha deciso di lasciare il giornale e passare al Fatto Quotidiano. La direzione del Manifesto aveva risposto pubblicando un commento in cui alludeva ai compensi di Vauro, si definiva sorpresa e amareggiata dalla notizia e sosteneva che, nonostante le difficoltà economiche del giornale, «le idee, la libertà di opinione e di espressione, il confronto anche aspro ma sempre franco, la passione per la battaglia politica, fossero una garanzia per poter continuare a combattere». Il commento finiva col dire che forse si trattava però di un’illusione e che l’uscita di Vauro lo confermava. Oggi, alla replica di Vauro, il quotidiano ha deciso di rispondere con una semplice riga: «Un grande in bocca al lupo da “ciò che resta” del manifesto».

L’ho scritto. Avrei preferito andarmene zitto zitto , quatto quatto. Ho capito che non posso farlo. Va bene. Avrei voluto farlo perché non volevo che la mia uscita suscitasse letture o polemiche che potessero danneggiare ciò che resta de IL MANIFESTO.

Ecco, in queste due parole “Ciò che resta” la spiegazione. Resta molto poco de IL MANIFESTO nel quale ho lavorato per più di venti anni. Troppo poco. Almeno a mio giudizio. Ma forse anche a giudizio dei troppi lettori che hanno smesso di comprare il giornale. E non mi pare che ne IL MANIFESTO (mi ci metto anch’io) ci si sia interrogati sulle nostre responsabilità politiche ed editoriali riguardo a questi abbandoni.

Me ne vado in un momento difficile? No. Purtroppo il momento difficile è già passato e non siamo stati in grado di farvi fronte. Entro dicembre i liquidatori scioglieranno la cooperativa di cui anch’io faccio parte. Ne nascerà un’altra? Mi auguro di si ma è ovvio che non sarà quella verso la quale sentivo un obbligo politico e morale.

Scrivo queste poche righe per dare una risposta a quelle lettere di lettori che mi chiedevano un perché. Forse questo perché avrebbe dovuto (e da tempo) darlo la direzione del giornale che adesso, nemmeno tanto velatamente, mi addita come quello che se ne va solo per soldi. Pazienza. Nella vita di ogni buon comunista è scritto che prima o poi debba essere considerato un rinnegato da altri comunisti (Vecchio vizio).

(continua a leggere sul blog di Vauro)