La psicologia degli acquisti

11 comportamenti e modi di ragionare che sono comuni quando dobbiamo comprare qualcosa: una lista dell'Atlantic

NEW YORK - NOVEMBER 26: Shoppers check out in Macy's department store in Midtown Manhattan November 26, 2010 in New York City. Christmas shopping season is officially under way as Thanksgiving ends, and early signs point to a solid turnout for holiday shopping season. (Photo by Chris Hondros/Getty Images)
NEW YORK - NOVEMBER 26: Shoppers check out in Macy's department store in Midtown Manhattan November 26, 2010 in New York City. Christmas shopping season is officially under way as Thanksgiving ends, and early signs point to a solid turnout for holiday shopping season. (Photo by Chris Hondros/Getty Images)

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista statunitense Journal of Marketing i ragionamenti matematici, sviluppati dai consumatori mentre devono valutare delle offerte economiche su un determinato prodotto, spesso si rivelano sbagliati e portano a credere vantaggiose offerte che in realtà lo sono molto meno di quanto sembrano.

Ma questa non è l’unica intuizione matematica errata che il cervello di chi acquista è portato a fare durante lo shopping. Derek Thompson dell’Atlantic ne ha elencati undici, con l’aiuto di un libro dello storico e scrittore William Pondstone.

(La storia dei saldi)

1. È meglio uno sconto sul prezzo o una aggiunta della stessa percentuale di prodotto in regalo?
Ovvero, come le nostre competenze matematiche ci tradiscano di fronte a delle offerte commerciali poste nella forma giusta. Per dimostrarlo Thompson cita una dinamica abbastanza usuale, che sarà capitata a tutti, almeno una volta nella vita, quando ci si ritrova a scegliere tra un’offerta che ci garantisce il 33 per cento di prodotto in più e una che ci offre il 33 per cento di sconto sul prodotto che vogliamo comprare. Il nostro cervello, in una situazione simile, è portato istintivamente a valutare le due offerte come esattamente identiche: 33 per cento in più o 33 per cento in meno, la stessa cosa, insomma. E invece non è così.

Per accorgersene basta fare un paio di conti e mettere la situazione alla prova della pratica. Thompson usa l’esempio del caffè. Le due offerte in questione sarebbero, da una parte, una tazzina di caffè (poniamo di 30 cl e dal costo di 1 euro) con il 33 per cento in più caffè (ovvero 40 cl a 1 euro), e, dall’altra, una tazzina normale, ma con uno sconto del 33 per cento (ovvero 30 cl a 0,66 centesimi). Come è facilmente dimostrabile, il primo caffè viene a costare di più, ovvero 25 centesimi ogni 10 cl, mentre il secondo di meno, 22 centesimi ogni 10 cl.

Thompson trae da questo esempio alcune conclusioni:

Primo: i consumatori non hanno la minima idea di quanto dovrebbe costare un prodotto e quindi si affidano a parti del proprio cervello che non sono strettamente quantitative. Secondo: sebbene siamo abituati a spendere dollari numerati, prendiamo le nostre decisione sulla base di indizi e di mezzi pensieri che spesso si basano su scarse conoscenze matematiche.

2. La prima cifra che leggiamo ci condiziona
Thompson fa l’esempio di due amiche che vedono in una vetrina una borsa venduta a un prezzo improponibile: 7 mila dollari, per esempio. Ovviamente le due amiche penseranno che il prezzo sia folle e passeranno oltre. Ma se prima di abbandonare la vetrina i loro sguardi dovessero cadere su un orologio di media qualità a 367 dollari – un prezzo che preso in sé sarebbe carissimo – questo sembrerebbe ai loro occhi un affare, visto che avrebbero come metro di paragone i 7000 dollari della borsa, e magari potrebbero comprarlo.

3. Tendiamo ad escludere gli estremi
Esattamente come non vogliamo sentirci dei poveracci, non amiamo neppure distinguerci e passare per degli spendaccioni. È per questo che, secondo Thompson, cerchiamo sempre di evitare sia i prezzi troppo bassi, sia quelli troppo alti, optando quasi sempre per le scelte intermedie.

4. Ci innamoriamo delle storie
Thompson cita un libro di William Poundstone, in cui l’autore spiega cosa succede quando in un supermercato troviamo due prodotti praticamente identici con prezzi molto diversi. Ovvero che siamo portati a non pensare alle motivazioni che decretano la differenza di prezzo (per esempio la qualità), ma che ci concentriamo istintivamente sul fatto che quello meno caro costi il 40 o 50 per cento in meno dell’altro, considerandolo quindi un affare da non perdere.

5. Alla fine facciamo quello che ci dicono di fare
Alcuni economisti comportamentali, che studiano il comportamento dei ragazzi nelle scuole, hanno stabilito che, per convincerli a mangiare frutta e verdura, è utile porre segnali luminosi sotto la frutta e piazzare la verdura di fianco alle caramelle. Thompson sostiene che questo valga anche per gli adulti e che in molti casi i venditori facciano lo stesso, evidentemente perché funziona. Prendete in considerazione i menù dei ristoranti: se ci sono piatti che sono messi in evidenza con riquadri o figure sono probabilmente cose che il proprietario ci tiene particolarmente a farvi ordinare.

6. Ci facciamo dominare dalle sensazioni
Molto spesso quando compriamo o non compriamo qualcosa non conta tanto se il prezzo è adeguato al valore dell’oggetto in vendita, quanto piuttosto la sensazione che ci provoca il prezzo: se è molto basso, la qualità di quello che compriamo non conta quasi nulla, se invece lo percepiamo come troppo alto, anche se è assolutamente ragionevole per le caratteristiche dell’oggetto in vendita, siamo portati a crederlo un furto e ce ne allontaniamo. “Anche la peggior spazzatura del mondo diventa attraente se il prezzo sembra un affare”, scrive Thompson.

7. La stanchezza, come l’alcool, rende più stupidi
È per questo, scrive Thompson, che nei supermercati le gomme da masticare, le patatine e gli snack si trovano in fondo, dove ci sono le casse. Perché alla fine del giro della spesa, quando ormai si è stanchi, si tende a soddisfare le proprie voglie senza badare a quanto ci costino.

8. Le transazioni ci fanno male
Per questo, spiega Thompson, siamo molto più propensi a fare un abbonamento piuttosto che pagare ogni volta per un prodotto o un servizio.

Preferiremmo pagare un po’ di più piuttosto che soffrire il dolore psicologico di tirare fuori il nostro portafoglio e osservare le banconote andare verso ogni nostra seduta di allenamento, ogni singolo film, eccetera.

9. Eppure reagiamo in modo strano di fronte ai ribassi e alle garanzie
Questa dinamica rappresenta il rovescio della medaglia rispetto al punto 8, che secondo Thompson prevede due eccezioni: il pagamento per avere degli sconti e quello per assicurarsi la garanzia su un prodotto.

Il primo offre l’illusione del guadagno (ho pagato dei soldi per spendere dei soldi!). Il secondo offre la pace dell’anima (Ora posso essere sicuro di possedere questa cosa in eterno, senza dovermene più preoccupare!).

10. Siamo ossessionati dal numero 9
Più del 65 per cento degli oggetti in vendita ha un prezzo che termina con il numero 9, scrive Thompson, che si chiede anche perché. La risposta pare essere semplice: anche se tutti sanno che 20 euro sono la stessa cosa di 19 euro e 99 centesimi, il fatto che un prezzo termini con il 9 ci induce a pensare che quel prodotto sia scontato, che sia economico, ma anche che il responsabile dei prezzi abbia agito con furbizia. Ovviamente sarebbe ridicolo che un piatto di pesce in un buon ristorante costasse 49 euro e 99 centesimi. Altro è invece il discorso quando si parla di ristoranti economici o supermercati.

Ricordate: lo shopping è un gioco di attenzione. I consumatori non sono in cerca semplicemente di un prodotto. Ma cercano degli indizi che li inducano a pensare che quel prodotto sia conveniente, che sia un affare. Nel numero 9, l’angolo del nostro cervello che ha il compito di trovare gli affari e gli sconti vede immediatamente un potenziale affare.

11. Siamo legati al concetto di onestà
Per spiegare cosa significa questo ultimo punto Thompson fa un bell’esempio, che faceva spesso l’economista Dan Ariely: questi immaginava di organizzare una lettura di poesie per i suoi studenti, convincendone la metà a venire in cambio di una paga, e l’altra metà dicendo che per assistere avrebbero dovuto acquistare un biglietto. Quando alla fine scoprono che l’evento è gratuito, i primi si sentono truffati, i secondi la vivono come un regalo.

Ma quanto vale una lettura di poesie fatta da un economista comportamentale? Gli studenti non ne hanno alcuna idea. Questo è il punto. E anch’io non ne ho idea. Anche questo è il punto. Quanto vale una maglietta? E quanto un tazza di caffé? E una assicurazione sulla vita? E chi lo sa? La maggior parte di noi non ne hanno idea. Il risultato è che il cervello di un consumatore utilizza soltanto ciò che è conoscibile: indizi visivi, emozioni, comparazioni, rapporti, ma anche il senso di ciò che è affare e ciò che è truffa. Non siamo stupidi, siamo solo suscettibili.

foto: Chris Hondros/Getty Images