Chi farà crescere l’Italia?

Giuseppe De Rita ricorda che serve l'impegno di molti, per ricostruire questo "regno inerme"

Sul Corriere della Sera di oggi, Giuseppe De Rita ha scritto un editoriale sull’economia italiana a cui oggi, dopo una dura fase di rigore ancora in corso, manca ancora una fase di sviluppo, nonostante questo sia stato più volte evocato dal governo Monti. Secondo De Rita, “la lezione della società italiana degli ultimi sessanta anni ci dice che non si fa sviluppo senza soggetti: le grandi imprese come il mondo del lavoro indipendente, i milioni di piccole imprese come lo Stato imprenditore, le centinaia di banche locali come la massa informe dei lavoratori sommersi”. Ma oggi in Italia non ci sono più quelle grandi imprese o aziende e spesso questi “soggetti” dello sviluppo sono invisibili. Dunque tutto ricadrà sull’antica voglia di “far da sé”, ossia sulla voglia e l’impegno delle medie e soprattutto delle piccole imprese che in Italia, nonostante una struttura del mercato interno poco favorevole, è ancora estremamente vitale.

Nell’intensificarsi del dibattito sul futuro dell’economia italiana resta sottotraccia il problema verosimilmente centrale: «chi» fa e farà lo sviluppo? Nell’enfasi sull’irrinunciabile obiettivo (la fase due, la ripresa, il rilancio, la crescita), non si riesce a capire chi ci creda veramente, chi sia disponibile a rimboccarsi le maniche, chi sia pronto a metterci impegno e faccia. Lo stesso governo, che pure si era esposto con successo nella fase del rigore, si è poi orientato a lasciare la dinamica socioeconomica al giuoco del mercato, delle liberalizzazioni e delle semplificazioni; se non addirittura al cambiamento di mentalità dei cittadini, ove essi non siano pronti a collocarsi nelle nuove sfide.

Ma la lezione della società italiana degli ultimi sessanta anni ci dice che non si fa sviluppo senza soggetti: le grandi imprese come il mondo del lavoro indipendente, i milioni di piccole imprese come lo Stato imprenditore, le centinaia di banche locali come la massa informe dei lavoratori sommersi; tutti questi soggetti, motivati dal primato della vitalità individuale, hanno fatto, in una grande avventura soggettuale, lo sviluppo italiano. Non è inutile ricordarlo, in una congiuntura stressata da decisioni economiche che slittano verso soggetti internazionali e di nuovo potere (i mercati finanziari, le grandi banche planetarie, i diversi organismi europei, il fiscal compact, il modello tedesco, ecc.) e che lentamente svuotano le sovranità degli Stati nazionali, indirettamente riducendo le capacità di movimento dei soggetti economici e sociali operanti al loro interno. E imponendoci rigore e recessione, cui un giorno o l’altro dovremo reagire, nella convinzione che il nostro futuro può venire solo da un recupero di vitalità soggettuale interna.

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