La Enrico Ievoli è stata liberata

La petroliera sequestrata a ottobre dai pirati somali sta tornando in Italia: ora gli italiani rapiti nel mondo rimangono due

Il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, ha annunciato ieri la liberazione della nave Enrico Ievoli e del suo equipaggio, che era stata sequestrata nel golfo dell’Oman il 27 dicembre 2011. La nave era partita dagli Emirati Arabi Uniti e ha a bordo sei italiani, cinque ucraini e sette indiani. La società armatrice, la Marnavi, non aveva chiesto l’imbarco delle scorte armate messe a disposizione dalla Difesa perché la nave era già inserita in un programma di protezione internazionale. Gli italiani sotto sequestro nel mondo a questo punto rimangono due: Rossella Urru, trent’anni, sequestrata in Algeria la notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011, e Giovanni Lo Porto, 38 anni, sequestrato nella provincia centro-occidentale pachistana del Punjab.

La petroliera Enrico Ievoli, sequestrata dai pirati il 27 dicembre scorso e condotta in un porto somalo, è stata rilasciata dai pirati. L’annuncio è stato dato dal ministro degli Esteri Giulio Terzi. “Stiamo molto bene, è tutto sotto controllo. L’equipaggio sta benissimo” sono state le prime parole del comandante Agostino Musumeci, riferite dall’armatore, che ha comunicato anche che la nave è già in rotta per l’Italia: “Ha lasciato le coste della Somalia e a bordo ci sono anche i militari italiani”.

“Piango di gioia – ha detto Rita Gianfriddo, moglie di Musumeci – Non ho dormito per quattro mesi, ho sempre avuto paura. Voglio ringraziare l’armatore e lo Stato. Prima era come avere un morto in casa, ora non c’e più, è resuscitato”. “Ho già sentito mio marito – ha aggiunto – mi ha detto che è stanco. Non abbiamo parlato di altro. Arriverà al massimo il prossimo 1 maggio”. “Per arrivare al Canale di Suez – ha detto la signora Musumeci – ci metteranno cinque giorni. Da lì passeranno due-tre giorni ancora e poi potranno essere tutti a casa. Ora sono felicissima e ringrazio infinitamente l’armatore e tutti i suoi collaboratori che hanno lavorato notte e giorno e non ci hanno lasciato un giorno senza chiamarci. Ci sono stati vicini quasi 120 giorni. A casa non abbiamo preparato ancora nulla per accoglierli. Quando mio marito dirà ‘arrivo domani’ sicuramente stapperemo un bella bottiglia di champagne. Lui continuerà a fare il lavoro che ha sempre fatto ma io non ho paura. Dormirò con gli occhi chiusi perché penso che l’armatore prenderà delle precauzioni importanti”.

(continua a leggere sul sito di Repubblica)