Costa Concordia, il piano per la rimozione

Il Tirreno spiega come sarà organizzato il complicato recupero del relitto della Costa Crociere

Antonio Valentini sul Tirreno di oggi spiega come sarà gestito lo spostamento della Costa Concordia, la nave della Costa Crociere arenata dal 13 gennaio scorso a pochi metri di distanza dall’Isola del Giglio. Il progetto è particolarmente complicato e non ha molti precedenti, ma il consorzio Titan-Micoperi incaricato di organizzare e gestire il trasferimento del relitto ha assicurato che ogni operazione sarà svolta con estrema cura, soprattutto per preservare l’ambiente marino intorno all’isola.

Alla fine i gigliesi hanno applaudito Luigi Foschi, presidente e amministratore delegato di Costa Crociere. Il progetto di rimozione del relitto, dal 13 gennaio adagiato a poche decine di metri dall’imboccatura del porto, ha ottenuto il loro gradimento. Un filmato di 7 minuti ha rafforzato la convinzione che il consorzio Titan–Micoperi riuscirà a cancellare dalla vista quella montagna di ferro semisommersa e sempre più deformata. «Abbiamo scelto questo progetto perché più solido e serio nel metodo rispetto ad altri – ha poi detto Foschi ai giornalisti -, benché la rimozione della Concordia finisca per costarci oltre 300 milioni».

Il fondale e i “salvagenti”. Il progetto di Titan-Micoperi è complicato ma efficace. Per evitare che durante la fase di recupero la nave scivoli oltre il gradino su cui è adagiata, finendo a una profondità tale da cui sarebbe impossibile riportarla in superficie, sarà costruito un falso fondale metallico. Vale a dire che sarà artificialmente ampliato il piano d’appoggio lato mare, con dei lastroni posizionati su una palificazione da rimuovere quando la nave sarà spostata, escludendo anche il minimo smembramento. Sul fianco sinistro della nave saranno saldati dei grandi cassoni anch’essi metallici, in un primo momento riempiti d’acqua per bilanciare il peso del piroscafo adagiato e semi-sommerso sul lato opposto. L’azione combinata tra i cassoni e i tiranti ancorati al fondale artificiale finirà per raddrizzare la nave, la cui galleggiabilità sarà garantita da altre gabbie aggiunte nella parte di dritta. Una volta rimesso in asse, il piroscafo galleggerà grazie all’enorme salvagente metallico da cui sarà cinto.
A quel punto, lentamente, l’ex-regina dei mari sarà orientata verso il largo e sempre a velocità minima si dirigerà nel bacino di carenaggio prescelto per la demolizione.

La scelta difficile. Le falle non saranno chiuse né l’acqua imbarcata verrà risucchiata dalle idrovore: la Concordia sarà portata via come si trova, imbracata e anche un po’ inclinata, con un pescaggio maggiore rispetto a quello di prima del naufragio. Secondo le previsioni dovrebbe aggirarsi attorno ai 18,5 metri e proprio su questo aspetto s’innesca la scelta del bacino: l’unico capace (per profondità) di ospitare lo scafo appesantito dall’acqua è quello di Palermo, assai più distante rispetto a Livorno ma tale da garantire il ricovero della nave e il suo smontaggio dalle maestranze di Fincantieri. Proprio nel capoluogo siciliano, infatti, la società pubblica controllata dalla finanziaria del ministero dell’economia – tra l’altro costruttrice della Concordia – possiede un importante cantiere che però viaggia a scartamento ridotto. Due sono le ragioni – il pescaggio e in aggiunta le conoscenze tecniche – che in un primo momento hanno spinto il team Titan-Micoperi a scartare Livorno.

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foto: FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images