Suonano alla porta, è la RAI

E quindi? Che cosa possono o non possono fare gli addetti RAI che fanno il porta a porta? Lo spiega Serena Sileoni, sciogliendo un po' di dubbi sul canone

Serena Sileoni su ChicagoBlog spiega un po’ di cose giuridiche sul canone della RAI, raccontando anche cosa possono e non possono fare i funzionari e gli impiegati inviati dall’azienda porta a porta.

Pochi giorno fa, ha bussato alla porta di casa un signore, che, qualificandosi in maniera piuttosto vaga, chiedeva se in casa ci fosse un televisore.
In una mano teneva un bollettino di conto corrente postale che con sollecitudine ha compilato a mano per il pagamento del canone RAI, e nell’altra qualche brochures promozionale del servizio radiotelevisivo pubblico.
L’incontro è durato poco, il tempo di chiudere la porta invocando l’inviolabilità del domicilio e nella convinzione di avere a che fare con un lestofante.

Non c’erano infatti che due alternative. O si trattava di un maldestro agente del fisco, incaricato di un’ispezione domiciliare, ma in quel caso si sarebbe presentato come tale magari in compagnia di un collega, e soprattutto se il fisco avesse voluto contestare il mancato pagamento del canone non avrebbe scomodato un agente, ma avrebbe mandato direttamente un avviso di accertamento. Oppure si trattava di un truffatore ingegnoso in cerca di denaro da farsi accreditare a carico di qualche ingenuo.
La sorpresa è arrivata quando, controllando il numero di conto corrente nel bollettino, abbiamo constatato la corrispondenza col numero del conto per il pagamento del canone.
Scartata quindi l’ipotesi della truffa, passato il primo momento di stupore, non è rimasto che ragionare su quanti profili di illegittimità ci fossero in questo modo di verificare le utenze televisive e “riscuotere” il canone, modo che, abbiamo poi scoperto tramite l’ADUC, è ormai una prassi invalsa della RAI.

Da un comunicato dell’Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori si legge che da molto tempo ormai (il comunicato è del 2009) i funzionari della RAI entrano in casa col pretesto di controllare se esistono apparecchi televisivi e, alla fine della visita, consegnano un cedolino per il pagamento del canone, chiedendo una firma per ricevuta.
La firma in realtà serve non tanto per attestazione di ricevuta del cedolino, quanto come ammissione di possesso di un televisore, che potrà essere usata per la riscossione forzosa del canone.
La questione che lascia davvero allibiti non è tanto il fatto che la Rai escogiti dei sistemi – come dire? – ingannevoli per vestire i panni di finanziere e censire gli apparecchi radiotelevisivi, quanto il fatto, ancora più grave, che essa non ha alcun titolo per fare verifiche di questo tipo.

Potrebbe, al massimo, adoperarsi per rivendicare il pagamento del canone – non certo con questi metodi, ma attraverso le vie legali ordinarie – se il canone fosse il corrispettivo economico di un servizio fornito in base ad un rapporto di diritto privato.
Potrebbe anche recarsi nelle case degli italiani per illustrare i propri servizi e prodotti, al pari dei fornitori privati di servizi televisivi, se il rapporto giuridico che giustifica il pagamento del canone fosse un contratto privato di somministrazione.
Invece, per tanti anni la giurisprudenza e il legislatore italiani si sono sforzati, in maniera talora piuttosto cavillosa, ad assegnare al canone la natura giuridica di imposta.

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