Salvatore Merlo sul Foglio commenta oggi le attività recenti dell’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, 64 anni, che da quando non ha più incarichi di governo partecipa a parecchie trasmissioni televisive, e la sua deriva anticapitalista e “antimercatista”, quasi socialista, dichiarata ormai da qualche anno. In televisione, Tremonti presenta il suo ultimo libro, Uscita di sicurezza, e parla della recente crisi economica, della politica economica del governo Monti, del sistema finanziario internazionale, dando le colpe dei guai alla finanza e ai mercati con argomenti esplicitamente vicini, se non addirittura sovrapponibili, a quelli dei grandi partiti socialisti europei, dalla Francia alla Germania.
Da tributarista ha aiutato a eludere “il fisco”, poi da ministro è diventato lui stesso “il fisco”; ora, a sessantacinque anni, vorrebbe fare saltare in aria l’intero sistema della finanza internazionale, fisco compreso. Un botto rivoluzionario, come nella scena conclusiva di Zabriskie Point. Boom! “Anche le banche rapinano”. E ancora: “Ho studiato i libri di Tony Negri”. E poi: “Bisogna fermare la finanza degenerata”. Entrato da ieri tra i guru di Michele Santoro, celebrato come un Adriano Celentano qualsiasi, Giulio Tremonti ha presentato in televisione il suo ultimo libro, “Uscita di sicurezza”, ovvero: il brivido giovanilista dell’estrema sinistra scoperta a sessant’anni. “E’ diventato un socialista rivoluzionario”, ride il fondatore del Manifesto, Valentino Parlato. “Benvenuto compagno Tremonti, appena uscito dalle Frattocchie”.
Messo di fronte a Luca Casarini, disquisendo di Autonomia operaia, mentre Enrico Mentana tentava di sopprimere un sorriso insistente, e Santoro si fregava le mani imitando Bruno Vespa, a un certo punto è successo l’inimmaginabile: non si capiva più quale fosse il no global e quale il ministro. “Casarini lei è troppo intelligente per non convenire che…”; “Tremonti lei ha ragione ma…”. Un gioco di specchi. Casarini sempre uguale a se stesso, Tremonti instabile come una reazione chimica: “La finanza ha cancellato il ruolo delle nazioni e della politica”. Ogni passaggio d’epoca ha le sue crudeltà, e l’èra di Mario Monti non fa eccezione: assieme alla perdita di interesse per i talk-show e la crisi del Grande Fratello, l’Italia scopre pure il marxismo senile dell’uomo che un tempo fece sognare ogni possessore di buon reddito e l’intera massa dei padroncini veneti, il ministro nel cui nome furono innalzati capannoni anziché cattedrali, insomma, colui che segnò e incarnò e predicò il tempo felice del sogno delle partite Iva al potere.
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