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  • Domenica 1 gennaio 2012

Gli Stati Uniti e le elezioni a Taiwan

Il 14 gennaio si vota per le presidenziali e qualcuno dice che gli USA si stiano intromettendo un po' troppo

Il presidente Ma Ying-Jeou (Ap/Photo)
Il presidente Ma Ying-Jeou (Ap/Photo)

Il 14 gennaio ci terranno le elezioni presidenziali e legislative a Taiwan. La campagna elettorale negli ultimi giorni ha causato diverse polemiche negli ultimi giorni, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti, colpevoli secondo una parte della stampa e dell’opinione pubblica di Taiwan di «interferire» nella politica del Paese. A creare scalpore è stato l’annuncio dell’American Institute secondo cui gli Stati Uniti potrebbero offrire libertà quasi totale ai cittadini di Taiwan di entrare nel loro territorio, grazie alla concessione pressoché automatica di visti di viaggio. Una mossa che a Taiwan è stata considerata un assist plateale per l’attuale presidente, il 61enne Ma Ying-Jeou, sicuramente il politico più vicino agli Stati Uniti, che ora cerca la riconferma.

Le polemiche sono continuate quando l’American Institute, che teoricamente è un ente no profit per proteggere gli interessi americani ma che di fatto svolge compiti di ambasciata de facto come il rilascio dei visti, ha pubblicizzato, per alcuni in maniera troppo insistita, le visite a Taiwan del viceministro dell’Energia statunitense Daniel B. Poneman (il ministro è Steven Chu, il primo americano di origine asiatica a capo di un ministero) e dell’Agenzia americana per lo sviluppo internazionale. Il Taipei Times, uno dei maggiori quotidiani di Taiwan, che supporta la leader d’opposizione del Partito Democratico Progressista (DPP) Tsai Ing-Wen, anche lei candidata alle presidenziali, ha scritto che «volutamente o meno, gli Stati Uniti hanno scelto da che parte stare alle prossime elezioni». Una mossa che ha creato polemiche anche perché avvenuta a poche settimane dal voto.

In realtà, Ma, come Taiwan negli ultimi anni, ha sempre cercato un equilibrio tra le pressioni soprattutto a livello commerciale da parte degli Stati Uniti, e quelle della Cina, che considera ancora oggi il territorio di Taiwan come parte della Repubblica Popolare. Non a caso, proprio oggi il Taipei Times ha scritto di timori della Casa Bianca e altri politici americani sulla troppa vicinanza di Ma alla Cina e che in realtà gli Stati Uniti non si fidano affatto dell’attuale presidente.

Ma Ying-Jeou governa la “Repubblica di Cina” (questo il nome ufficiale del paese) dal 2008, anno in cui ha vinto le elezioni. Ma ha sempre cercato di avere rapporti amichevoli con la Cina, soprattutto a livello commerciale, una mossa che a Pechino è stata sempre ben accolta. Non a caso, le tensioni tra Cina e Taiwan sono ai minimi storici dalla fine della guerra civile del 1949. Il principale oppositore di Ma alle elezioni, la 55enne Tsai Ing-Wen, ha una linea molto più intransigente nei confronti della Cina, non si accontenta della sovranità de facto di cui gode attualmente Taiwan e vuole che l’indipendenza del Paese venga riconosciuta a livello ufficiale. Questo atteggiamento, dicono gli esperti, sarebbe poco gradito agli Stati Uniti, che non intendono rompere lo status quo o creare tensioni deleterie. La politica estera americana nella zona, in questo periodo, prova ad espandere la propria influenza economica in Asia e nel Pacifico, come recentemente dimostrato dall’ultimo vertice APEC (Forum di Cooperazione economica Asia-Pacifico) e dalla proposta del partenariato commeriale TPP (Trans-Pacific Partnership).

Nella foto: il presidente Ma Ying-Jeou (AP Photo)