«Non siamo un popolo meraviglioso»

Il professor De Rita spiega cosa ci potrebbe essere dopo Berlusconi e perché c'entriamo tutti

Mattia Feltri ha intervistato per la Stampa il professor Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis, sociologo illustre e uno che sa sempre dire cose non banali e intelligenti sull’Italia e gli italiani.

«Credo sia finito anche il ciclo della cavalcata degli umori popolari. Non vedo nessuno da un certo punto di vista in grado di rimpiazzare Berlusconi. Mi spiego: sta arrivando un governo delle élite, costituito da rettori, prefetti, giuristi. è un governo che avrà la capacità di rappresentare la gente comune? Perché questo governo, dobbiamo dirlo, è figlio delle scelte di Francoforte e di Bruxelles ed è stato legittimato dal Quirinale. Quindi se un governo così non sa capire e non sa parlare alla gente comune, un reazione nazional popolare non sarebbe del tutto folle prevederla».
Insurrezioni di piazza?
«Non mi spingo a tanto, però il popolo italiano in fondo non è un popolo meraviglioso. Berlusconi lo ha reso per quindici anni un popolo sorridente, questo è stato il suo capolavoro. Non lo ha indurito come lo hanno indurito i suoi avversari. Ecco, i più sono rimasti sorridenti, ma il nostro è un popolo che tende a radunarsi nella piazza più stupida. Ci vorrebbe un leader autorevole, capace, sorridente…».
Oh, un Berlusconi senza difetti.
«Beh, il vero problema è se le élite deputate a quel compito sanno fare le élite per qualche anno. Me lo auguro. In fondo in Italia hanno fatto delle cose ottime. Hanno retto il paese dal 1824, l’anno in cui Giacomo Leopardi scrisse il “Discorso sopra lo stato presente del costume degli Italiani”, fino all’avvento del fascismo e anzi, al contrario di quello che si pensa anche il fascismo fu elitario: fu una dittatura all’acqua di rose, se paragonata a quelle russe o tedesche o spagnole, perché era un’élite che decideva con mano leggera. Introdusse il welfare dall’alto, ecco un esempio di governo elitario. Credo che le élite sappiano governare e spero che ci riescano, altrimenti c’è il pericolo di scuotere le piazze».

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