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  • Mercoledì 9 novembre 2011

E la Grecia, intanto?

L'annuncio del nuovo governo è dato ancora come imminente, e la richiesta di "un impegno scritto" da parte dell'UE ha fatto arrabbiare l'opposizione

Le consultazioni per la formazione di un governo di transizione, in Grecia, sono ancora in corso. Dopo la fiducia ottenuta nella notte tra venerdì 4 e sabato 5 novembre dal governo Papandreou, sono iniziati giorni di incontri tra i partiti e con il presidente della Repubblica Karolos Papoulias: ci sono state diverse dichiarazioni ottimiste da parte di leader politici che hanno dato la formazione del governo come imminente, e si sono fatti i nomi di numerosi candidati alla sua guida. Niente di definitivo, però: né sui partiti che faranno parte del nuovo governo, né sulla data delle prossime elezioni e sul primo ministro del governo di transizione.

Pochi giorni fa sembrava che Nuova Democrazia, il partito di opposizione greco di centrodestra guidato da Antonis Samaras, sarebbe rimasto fuori dal nuovo governo, e che il PASOK (Movimento Socialista Panellenico) si sarebbe alleato con i partiti minori (uno schema della composizione del parlamento greco qui). Negli ultimi due giorni, invece, l’appoggio di Nuova Democrazia è tornato ad essere dato per sicuro dai mezzi di informazione greci e stranieri.

L’ultimo candidato che è stato chiamato “molto probabile”, almeno il decimo della serie, è Ioannis Koukiadis, professore di diritto e ex ministro del lavoro per il PASOK tra il 1989 e il 1990. Koukiadis era stato parlamentare tra il 1999 e il 2004, e attualmente è a capo dell’Hellenic Republic Asset Development Fund, un ente formato da pochi mesi per sovrintendere alla privatizzazione di proprietà statali per un valore di 50 miliardi di euro.

Il più probabile era fino a oggi l’ex vicepresidente della Banca Centrale Europea Lucas Papademos, ma Reuters scrive che fonti dei principali partiti greci (il PASOK, che ha la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, e Nuova Democrazia all’opposizione) hanno dichiarato che anche questa opzione è ora in discussione, e che le due parti starebbero cercando un’altra soluzione.

Gli annunci ottimisti, ad ogni modo, continuano: un portavoce del governo, Angelos Tolkas, ha detto alla radio greca NET che poco dopo le undici di questa mattina sarà annunciato il nuovo governo, dopo un altro incontro tra Papandreou e il presidente della Repubblica.

La lettera di Olli Rehn
La situazione economica greca rimane drammatica. Il governo del paese ha la necessità di accettare i termini dell’accordo stabilito a fine ottobre con l’Unione Europea per assicurarsi un prestito da 130 miliardi di euro: per ammissione dello stesso ministro delle finanze greco, Venizelos, senza il prestito la Grecia non avrà più soldi per pagare i creditori intorno alla metà di dicembre.

La fiducia delle istituzioni europee nel governo greco è stata scossa dall’annuncio del primo ministro greco Papandreou che avrebbe sottoposto le condizioni dell’accordo con l’Unione Europea a un referendum. Il Commissario europeo per gli affari economici e finanziari, il finlandese Olli Rehn, ha dichiarato da Bruxelles che “la fiducia [nella Grecia] deve essere ricucita. I ministri delle Finanze della zona euro si aspettano che ci sia un impegno scritto, una conferma scritta dell’impegno di un governo di unità nazionale.” L’impegno dovrebbe essere firmato dalle massime autorità finanziarie e politiche del paese, incluso l’attuale leader dell’opposizione Antonis Samaras.

Samaras ha seguito a lungo una linea ostruzionista e critica nei confronti dell’Unione Europea, dicendo per oltre un anno che le misure di austerità varate dal governo greco non hanno fatto che peggiorare la situazione economica del paese. Negli ultimi giorni aveva però accettato a votare per approvare le nuove misure di austerità richieste dall’UE, ma la lettera di Rehn ha provocato divisioni all’interno del suo partito: la parte più intransigente di Nuova Democrazia ha reagito con grandissima irritazione alla richiesta di Rehn, aumentando le critiche verso Samaras per essere sceso a patti con le condizioni imposte dall’Unione Europea.

foto: LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images

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