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  • Mercoledì 12 ottobre 2011

La Slovacchia mette nei guai l’Euro

Il governo è stato sfiduciato dal Parlamento sul finanziamento del fondo di emergenza dell'Eurozona

Slovak Prime Minister Iveta Radicova (L) and political leaders Christian Democrats Jan Figel (2nd L), Slovak Democratic Christian Union (SDKU) Mikulas Dzurinda (C), Most-Hid, Bela Bugar (R) gives press briefing after a parliamentary session on the eurozone’s rescue fund on October 11, 2011 in Bratislava. Slovakia’s lawmakers rejected a revamp of the eurozone’s EFSF rescue fund in a crunch vote that also toppled the country’s centre-right government which had staked its future on the motion. AFP PHOTO / SAMUEL KUBANI (Photo credit should read SAMUEL KUBANI/AFP/Getty Images)

Slovak Prime Minister Iveta Radicova (L) and political leaders Christian Democrats Jan Figel (2nd L), Slovak Democratic Christian Union (SDKU) Mikulas Dzurinda (C), Most-Hid, Bela Bugar (R) gives press briefing after a parliamentary session on the eurozone’s rescue fund on October 11, 2011 in Bratislava. Slovakia’s lawmakers rejected a revamp of the eurozone’s EFSF rescue fund in a crunch vote that also toppled the country’s centre-right government which had staked its future on the motion. AFP PHOTO / SAMUEL KUBANI (Photo credit should read SAMUEL KUBANI/AFP/Getty Images)

Nella serata di ieri il Parlamento slovacco ha bocciato un pacchetto di misure volto a rafforzare i poteri dei paesi dell’Eurozona permettendo loro di espandere l’EFSF, cioè il fondo di emergenza per affrontare la crisi dell’Unione Europea. Il governo aveva sottoposto le norme al Parlamento con un voto di fiducia, trovandosi quindi delegittimato e al capolinea. La Slovacchia era l’ultimo dei 17 paesi dell’Eurozona che doveva ancora votare sullo European Financial Stability Facility. E già la settimana scorsa sul Post avevamo raccontato dei suoi nervosismi.

Nonostante una crescita relativamente buona negli ultimi mesi, la Slovacchia è il secondo Stato più povero in Europa e in diverse regioni il tasso di disoccupazione è molto alto con una persona su tre senza lavoro. La primo ministro Iveta Radicova, di centrodestra, ha avviato un piano di austerità molto pesante, tale da rendere impensabile la richiesta di altri sacrifici. Insomma, le condizioni non erano affatto ideali perché il Governo chiedesse altri 7,7 miliardi di euro, tra l’altro in un paese che conta 5,4 milioni di abitanti. Già lo scorso anno il centrodestra votò contro le proposte di dare aiuti economici alla Grecia.

Al centro della coalizione di governo, è stato cruciale il dissenso di Richard Sulik di Libertà e Solidarietà (SaS). Sulik dice che il pagamento di una cifra così grande porterebbe il paese su una strada diretta verso il socialismo, e quindi «dobbiamo lasciare che la Grecia vada in bancarotta». Il partito di Sulik si è astenuto, risultando determinante nella mancata approvazione della norma. Il governo ha detto che sottoporrà nuovamente l’espansione del fondo di emergenza al Parlamento: l’opposizione socialista – a sua volta astenuta durante il voto – dovrebbe garantire il suo sostegno a condizione che si fissi immediatamente una data per le nuove elezioni. La premier Radicova ha già cominciato i colloqui con i socialisti. «L’intera Eurozona è in pericolo in questo momento, non solo la Grecia o pochi piccoli paesi. L’Euro è in pericolo».

Il fondo di emergenza, l’EFSF, una volta allargato dovrebbe avere una capacità di 440 miliardi di euro. Gli Stati principalmente impegnati nel suo finanziamento sono Germania, Francia e Italia. L’EFSF può però materialmente prestare un massimo di 250 miliardi di euro, perché solamente sei dei 17 stati che hanno aderito hanno un rating di tipo AAA, cioè hanno una elevata capacità di ripagare il debito. L’Unione Europea avrebbe voluto raggiungere i 440 miliardi di euro entro l’estate. Il fondo, una volta ratificato da tutti gli Stati, avrebbe inoltre la possibilità di fare acquisti direttamente sul mercato secondario dei titoli di Stato greci o di altri paesi membri in crisi, mentre oggi può intervenire solo sul mercato primario, ovvero al momento dell’emissione dei titoli.

foto: SAMUEL KUBANI/AFP/Getty Images