Il giorno cruciale per l’euro e la Grecia

Il Parlamento tedesco ha approvato lo stanziamento delle nuove risorse per il fondo di emergenza europeo a larga maggioranza

Aggiornamento delle 13.05
Angela Merkel ha ottenuto 315 voti a favore del provvedimento all’interno della coalizione che regge il governo, ne sarebbero bastati 311.

Aggiornamento delle 12.18
L’aumento dei fondi e dei poteri per l’European Financial Stability Facility è stato approvato da una larga maggioranza al Bundestag. I voti a favore sono stati 523, quelli contrari 85 e tre parlamentari si sono astenuti. Resta da capire quanti all’interno della maggioranza abbiano votato contro il provvedimento, cosa che potrebbe indebolire il governo di coalizione di Angela Merkel e complicare la gestione della crisi a livello europeo.

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Oggi Angela Merkel affronta una delle prove più importanti per la sua coalizione di governo in Germania, dalla quale potrebbero dipendere le sorti della Grecia e dell’euro. Il Parlamento tedesco sta per votare un provvedimento per dare nuove risorse economiche e poteri all’European Financial Stability Facility (EFSF), il fondo di emergenza messo insieme dai principali paesi dell’Unione Europea per affrontare la crisi e andare in soccorso dei paesi che rischiano l’insolvenza. Alcune correnti interne alla maggioranza del governo Merkel sono contrarie a spendere nuove risorse per il fondo e questo potrebbe condizionare l’esito del voto di oggi.

Margini stretti
Se più di 19 membri della coalizione voteranno contro, il cancelliere tedesco avrà bisogno dell’appoggio di parte dell’opposizione per ottenere un voto favorevole. La legge in questo modo passerà ugualmente, ma il governo ne potrebbe uscire molto indebolito, dimostrando di non avere la forza necessaria ad affrontare le difficili decisioni legate all’economia. Per questo motivo nelle ultime ore ci sono stati numerosi incontri per convincere gli indecisi nella maggioranza. Secondo gli analisti politici il governo potrebbe ottenere un sì con un margine estremamente risicato nella coalizione che lo sostiene.

Angela Merkel dice da giorni che il voto di oggi non è solamente una questione di politica interna, ma la possibilità di dare un segnale chiaro ai mercati per dimostrare l’impegno della Germania nel salvare l’euro. Il cancelliere ha anche cercato di rassicurare i membri della sua coalizione, ricordando che il denaro messo a disposizione del fondo non andrà sprecato, ma servirà per stabilizzare l’economia dell’Unione, giovando di conseguenza anche ai contribuenti tedeschi.

Europa
Il voto di oggi viene osservato con grande attenzione dagli altri stati membri dell’Unione Europea: un voto favorevole renderà molto più concreto l’impegno annunciato nei giorni scorsi per aumentare le risorse depositate nell’EFSF. L’obiettivo è portare il fondo a 440 miliardi di euro per affrontare meglio la crisi e offrire più garanzie alla Grecia, che continua ad avere un disperato bisogno di denaro per evitare il fallimento.

G20
L’impressione è che il tanto dibattuto aumento di risorse per l’EFSF sia comunque insufficiente per far fronte alla crisi greca, che si è ulteriormente aggravata e che potrebbe trascinare con sé altri paesi europei già economicamente in difficoltà. Questa sensazione è condivisa da buona parte dei leader del G20, che si sono riuniti nel corso del weekend per fare il punto sulle condizioni preoccupanti dell’Europa. L’incontro non ha portato ad accordi definitivi, ma solo a una serie di ipotesi per agire più incisivamente nei paesi dove la crisi è più forte.

Tra le proposte circolate in via non ufficiale dopo l’incontro ci sono l’acquisto di almeno metà del debito greco e il rafforzamento del sistema bancario in Europa. Si è anche parlato della possibilità di portare l’EFSF dai programmati 440 miliardi di euro a duemila miliardi con il contributo di un maggior numero di paesi. Questa ipotesi è stata accolta positivamente dai mercati, ma ci vorrà tempo prima di poterla mettere in pratica e non è detto ci si riesca.

Grecia
Mentre nel Parlamento tedesco si discute e si cercano mediazioni, in Grecia le cose continuano a peggiorare. Per oggi diverse categorie hanno annunciato una nuova serie di scioperi per protestare contro le nuove, ennesime, misure di austerità decise dal governo. L’annuncio di una nuova imposta patrimoniale e di altri tagli alle pensioni è stato accolto molto duramente dalla popolazione, che negli ultimi mesi ha dovuto affrontare enormi sacrifici e un sistema economico sostanzialmente fermo.

Il paese non ha però molte alternative per evitare il tracollo finanziario. La Grecia deve inoltre dimostrare agli altri stati europei di essere al lavoro per rimettere in sesto la sua economia, una condizione irrinunciabile per ottenere nuovi fondi dall’EFSF e dal Fondo monetario internazionale (FMI). In questi giorni nel paese sono al lavoro gli ispettori della Banca centrale europea (BCE) e dell’FMI per verificare i progressi compiuti da Atene, così da poter concordare un nuovo prestito da 8 miliardi di euro. Se i fondi non venissero erogati, la Grecia rimarrebbe senza liquidità e diventerebbe definitivamente insolvente.

Analisti ed economisti guardano con scetticismo agli ultimi provvedimenti in materia di politica economica assunti dal governo greco. Progressi ci sono stati, certo, ma l’annunciato piano per privatizzare diversi settori produttivi fino a ora in mano al pubblico e per effettuare nuovi tagli alla spesa va avanti molto a rilento. È poi opinione sempre più diffusa che le misure di austerità fino a ora adottate abbiano soffocato la crescita, aggravando ulteriormente la recessione nel paese.

Evitare il peggio
Quasi tutti i leader europei ripetono da settimane che sarà fatto di tutto per evitare il fallimento della Grecia, ricordando che dalla salvezza di Atene dipende il futuro della moneta unica. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha confermato che la Grecia rimarrà nell’eurozona e ha chiesto agli altri stati europei di collaborare e avere pazienza per superare insieme il pericolo del default.

L’uscita della Grecia dall’area dell’euro appare del resto impraticabile. I trattati europei che hanno portato alla moneta unica non prevedono norme specifiche per abbandonare l’eurozona, senza contare che una simile operazione sarebbe un enorme azzardo per la Grecia e per la stessa stabilità dell’euro. Fuori dalla moneta unica, il governo di Atene avrebbe più spazi di manovra per gestire la crisi attraverso una propria politica monetaria, ma a costi sociali altissimi.