Berlusconi sta per essere indagato a Napoli?

I giornali di oggi danno per scontato un prossimo sviluppo dell'indagine Tarantini, dove per ora il PresdelCons è soltanto parte lesa

Il 20 settembre il gip di Napoli si è dichiarato incompetente a decidere sulla scarcerazione di Giampaolo Tarantini, stabilendo che la competenza sui fatti – Tarantini è indagato per estorsione ai danni di Berlusconi – spetta alla procura di Roma e non a quella di Napoli. I giornali di oggi pubblicano diversi articoli su quella che descrivono come “la mossa” o “la reazione” della procura di Napoli, che sarebbe decisa a non farsi togliere il caso, dandola praticamente per scontata: indagare Berlusconi. Questi gli articoli di Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera e di Dario Del Porto per Repubblica.

È la mossa a sorpresa che potrebbe riaprire la partita. Non c’è più soltanto l’estorsione nella vicenda che ha portato agli arresti Gianpaolo Tarantini e sua moglie Nicla, mentre rimane latitante il faccendiere Valter Lavitola. Adesso i magistrati di Napoli ipotizzano anche un reato da contestare a Silvio Berlusconi. E così rimettono in discussione pure la questione della competenza. Induzione a rendere dichiarazioni mendaci: questo l’addebito contro il premier, che potrebbe essere formalizzato nelle prossime ore. I pubblici ministeri attendono il giudizio del tribunale del Riesame, ma appaiono determinati a procedere con l’iscrizione nel registro degli indagati accusando il presidente del Consiglio di aver «pilotato» i comportamenti processuali di Tarantini in cambio di soldi e altre utilità.

Accade tutto ieri mattina, di fronte al collegio che deve decidere sulla scarcerazione di Tarantini chiesta dai suoi legali Alessandro Diddi, Piergerardo Santoro e Ivan Filippelli. I difensori hanno già incassato la decisione del giudice che trasferisce il fascicolo nella capitale, dunque si concentrano sull’istanza che sollecita il ritorno in libertà del loro assistito. Danno per scontato, come evidenzia Diddi, che non si debba neanche tornare a discutere questo punto, anche tenendo conto che gli atti sono già stati inviati alla Procura di Roma dove i coniugi Tarantini e Lavitola sono già stati indagati per lo stesso reato di estorsione. Puntano soprattutto sul fatto che abbia risposto a ben tre interrogatori, mostrando la massima collaborazione. E invece è proprio da quelle sue dichiarazioni che l’accusa – sostenuta da Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock e Francesco Greco – fonda il cambio di orientamento. Nei verbali Tarantini afferma infatti che Berlusconi non sapeva che le ragazze reclutate per le sue feste fossero prostitute e soprattutto giura che i soldi ricevuti erano soltanto un prestito per avviare una nuova attività.

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La Procura mantiene il punto sulla competenza territoriale, boccia come inattendibile il memoriale del premier Silvio Berlusconi e chiede al Tribunale del Riesame di valutare la possibilità di qualificare i fatti al centro dell’indagine sul ricatto al presidente del Consiglio anche sotto un’altra luce: quella proiettata dall’articolo 377 bis del codice penale che punisce chi induce con minacce o dietro il pagamento di denaro l’indagato o l’imputato a tacere oppure a “rendere dichiarazioni mendaci” all’autorità giudiziaria. Iniziata come estorsione, la vicenda del fiume di denaro versato da Berlusconi a Gianpaolo Tarantini attraverso Valter Lavitola potrebbe dunque essere proseguita secondo gli inquirenti in forma diversa. Ricostruzione che fa rischiare al premier, ad oggi solo “persona offesa”, l’iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di aver indotto Gianpi a tacere o mentire.

La lunga udienza celebrata ieri a Palazzo di Giustizia si è snodata dunque sul confronto fra le tesi della Procura, rappresentata dai pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, e le arringhe degli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli, legali di Tarantini, e Gaetano Balice, difensore di Lavitola. I penalisti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza cautelare che tiene Gianpi in carcere dal primo settembre, la moglie Nicla agli arresti domiciliari mentre Lavitola è latitante. Il nodo centrale è quello della competenza territoriale, che il gip Amelia Primavera ha individuato nel Tribunale di Roma. Non è d’accordo la Procura, convinta che la questione sia ancora indeterminata e il fascicolo debba pertanto rimanere a Napoli. Il Riesame ha tempo fino a lunedì per decidere.

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