Caprotti di Esselunga scrive al Corriere

Dopo la condanna per il libro contro Coop, riassume la sua versione

La spartizione tra destra e sinistra pure dei supermercati ha avuto un nuovo sviluppo la settimana scorsa, con una sentenza che ha condannato il proprietario di Esselunga Bernardo Caprotti a ritirare il suo libro dalle librerie perché il suo contenuto costituirebbe concorrenza illecita nei confronti di Coop. Sono seguite polemiche, e oggi Caprotti dice la sua con una lettera al Corriere della Sera.

Caro direttore,
dal Corriere di domenica scorsa vedo che la vicenda diventa politica e questo non mi piace. D’altronde lo è. Coop, Legacoop, eccetera, politica lo sono per decisione e scelta di Palmiro Togliatti, nel 1947 a Reggio Emilia. Per quanto riguarda la sentenza, il tribunale di Milano è stato forse clemente: non ha ammesso la diffamazione, ci ha condannato solo per concorrenza sleale. Io sono soltanto sleale, cioè «unfair», subdolo e tendenzioso.
Un niente, di questi tempi! quasi un gentiluomo. E per i danni subiti da Coop per questa sleale concorrenza ha accordato 300.000 euro invece dei 40 milioni richiesti!
Il libro? Non si ordina neppure di bruciarlo sulle pubbliche piazze. Io, per quanto mi riguarda, vorrei però rimettere le cose nei termini appropriati. Quando mi si accusa di «attacco» – per non parlar del resto – si dice una bugia. Sono cose intime, esistenziali, ma perché non dirle? Nell’estate del 2004 sono stato gravemente ammalato e, stordito dal Contramal, un antidolorifico tremendo, caddi di notte in bagno e mi fratturai la colonna vertebrale. Inoltre quattro mesi prima mio figlio se ne era andato. Mio figlio non è mai stato scacciato, mio figlio non ha mai fatto nulla di male, semplicemente si era attorniato di una dirigenza non all’altezza. Per me il suo autonomo allontanamento è stato un grande dolore. Ricordo quell’autunno 2004, come un periodo tristissimo, di grande sofferenza e di estrema debolezza. È in questo 2004 e nell’anno seguente che, nella mia defaillance, fui oggetto di una vera e propria aggressione.

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