Inadeguatezze condivise

Il meccanismo che costringe il governo a rimangiarsi continuamente pezzi della manovra non è affatto estraneo all'opposizione, ricorda Irene Tinagli sulla Stampa

L’articolo di Irene Tinagli sulla Stampa di oggi.

Continua l’altalena sulla manovra, che ormai cambia forma di ora in ora. Un teatrino che ha fatto emergere tutta l’inaffidabilità di chi oggi ci governa, un’inadeguatezza che molti osservatori non hanno mancato di puntualizzare. Eppure, a ben vedere, c’è qualcosa di ancora più inquietante delle incertezze e le incompetenze della maggioranza venute alla luce in queste settimane. Ed è il dover constatare che anche tra le forze politiche e sociali non allineate con il governo si annidano problemi del tutto analoghi.

Persino la contromanovra del Pd è uscita dalla segreteria piuttosto pasticciata, estremamente vaga e insufficiente, e subito silurata anche da fonti normalmente amiche. E così anch’essa ha subito aggiustamenti e limature, e molti aspetti restano ancora confusi, soprattutto sui criteri della patrimoniale che il Pd vorrebbe introdurre. Forse sono ancora lì a fare i conti su quanta fetta del loro elettorato potrebbero scontentare se la soglia fosse un po’ più alta o più bassa.

Ed è proprio questa la cosa che colpisce e spaventa: che ogni parte politica in questo momento, sia essa di governo o di opposizione, sembra preoccuparsi più del rapporto col proprio elettorato che della credibilità del Paese di fronte agli osservatori stranieri e ai propri cittadini.

L’ esempio più lampante è la nota questione della retroattività di alcune delle misure proposte sia dal governo che dall’opposizione. Proprio ieri la maggioranza ha avanzato una proposta che avrebbe annullato il riscatto ai fini pensionistici degli anni universitari e del militare, anche laddove il «riscatto» fosse già stato pagato. L’idea è stata ritirata dopo poche ore, ma la querelle si è scatenata subito. L’opposizione, criticata nei giorni scorsi per la sua idea di ri-tassare i capitali scudati l’anno scorso, ha gridato allo scandalo perché il governo preferiva «rimangiarsi la parola» con alcuni poveri cittadini piuttosto che farlo con i ricconi e con chi in passato ha eluso il fisco, cosa che pareva assai più giusta. Ma il punto non è se sia più accettabile e giustificabile colpire con punizioni retroattive un ricco o un povero, uno che non ha sgarrato mai o uno che è stato condonato. Il punto è che il rapporto tra Stato e cittadino deve essere improntato a leggi certe e uguali per tutti, chiunque essi siano. Il fatto che una legge potesse essere fatta meglio è un altro discorso e non rende comunque quella legge meno vincolante (e su questo aspetto si potrebbero ricordare al Pd quei suoi 22 parlamentari assenti il giorno in cui lo scudo venne votato; assenti perché, come spiegò D’Alema, nessuno aveva detto loro che era una votazione importante).

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